Anche questanno il 25 aprile ci siamo incontrati alla lapide di Ilio
Baroni. La pietra che lo ricorda è nel centro del quartiere operaio di
Barriera di Milano, allangolo tra corso Giulio e corso Novara, dove Ilio
ha concluso con un arma in mano la sua lunga lotta contro il fascismo,
cominciata negli anni Venti a Piombino.
Oggi rimane solo un pezzo di muro con la pietra, il nome, la foto scolorita.
Sino ad una trentina di anni fa quel muro era la spalletta di un ponte su
un piccolo canale.
Era una zona di fabbriche ed un borgo di operai. Operai combattivi, gli
stessi dellinsurrezione contro la guerra e il carovita del 1917, quelli
delloccupazione delle fabbriche, della resistenza al fascismo, gli
anarchici che durante gli anni più bui della dittatura mantennero in piedi
un gruppo clandestino, la gente degli scioperi del marzo 43.
Oggi sono quasi del tutto scomparsi anche i ruderi di quelle fabbriche.
Delle ferriere, dove lavorava Baroni, restano solo gli imponenti travoni
di acciaio in mezzo ad un improbabile parco urbano tra ipermercati e
multisale.
Il cuore del quartiere è cambiato. La Barriera aveva resistito agli anni
dellimmigrazione dal sud, facendosi teatro di lotte grandi tra fabbrica,
scuola, quartiere, eludendo il rischio della guerra tra poveri e del
razzismo per costruire una stagione di lotte, che ormai trascolora nella
memoria dei tanti la cui vita ne è stata attraversata.
Oggi vivere qui è più difficile che in passato: non è solo questione dei
soldi che mancano e del lavoro che non cè, e, se cè è sempre più nero,
pericoloso, precario. Cè un disagio diffuso che non sempre si fa percorso
di lotta, ci sono fascisti, leghisti e comitati spontanei, che soffiano
sul fuoco cercando di alimentare la guerra tra poveri, puntando il dito
contro i tanti immigrati africani, magrebini, cinesi, rumeni, peruviani
che ci abitano.
Il governo della città da decenni è nelle mani degli eredi di Togliatti,
il comunista che ha graziato i fascisti, i repubblichini torturatori ed
assassini, e seppellito in galera gli anarchici che hanno combattuto il
fascismo prima e dopo le date ufficiali della resistenza. Gli stessi che
hanno imbalsamato la Resistenza, rinchiudendola in una teca avvolta nel
tricolore.
Durante il presidio si commentano le notizie della mattina, perché il
sindaco Fassino ha scelto proprio il 25 aprile per inaugurare la nuova
pista ciclabile di Lungo Stura Lazio, costruita accanto alle macerie della
più grande baraccopoli, d’Europa, sgomberata definitivamente a gennaio. Ha
scelto il monumento dei partigiani della Barca per vantarsi di aver
buttato in strada uomini, donne e bambini. Ne ha insultato la memoria in
modo intollerabile, ma ha avuto una brutta sorpresa perché qualche ora
prima sul muretto accanto alla lapide sono comparse delle scritte dal
senso forte e chiaro Ieri ebrei e rom, oggi rom e immigrati. Comune
nazista. Solidarietà con i rom sgomberati. 25 aprile sempre.
Fassino ha posticipato di tre settimane l’inaugurazione della pista
ciclabile, per farla proprio il 25 aprile. Una scelta fatta per ottenere
più visibilità mediatica. Il Comune di Torino lo scorso anno ha dovuto
incassare una condanna per trattamenti “inumani e degradanti” dalla corte
europea dei diritti dell’uomo, per le modalità dello sgombero di Lungo
Stura Lazio.
Poi ha dovuto subire cortei sotto il comune, occupazioni di uffici e
l’occupazione della Ex Caserma di via Asti e dell’ex ASL di via Borgo
Ticino da parte delle famiglie buttate in strada con le ruspe e di quelle
che avevano scoperto tardi che la promessa di una casa era solo un inganno
che aveva arricchito le associazioni e cooperative vicine al goerno della
città- .
I social housing negli edifici di proprietà del ras delle soffitte e
l’inchiesta che ne è scaturita certo non hanno migliorato l’appeal di
Piero Fassino alla vigilia delle elezioni.
Da mesi l’amministrazione comunale sfrutta ogni occasione per ridare una
lucidata alla sua vetrina appannata. Inaugurare una pista costruita a
fianco delle macerie del campo fa parte di questa strategia.
Usare le commemorazioni del 25 aprile per celebrare lo sgombero della
baraccopoli era un’operazione di dubbio gusto che gli anarchici non hanno
lasciato passare nel silenzio.
Come non poteva passare sotto silenzio la decisione della Circoscrizione
Centro-Crocetta di dedicare il 25 aprile a La Torre e Girone, i due marò
che hanno ammazzato due pescatori indiani disarmati. Marò assassini!
Partigiani sempre, militari mai. Questa scritta è comparsa nella notte
del 24 aprile sulla sede della prima circoscrizione.
In Barriera la scritta Morte al fascio! è stata fatta sulla serranda
tricolore della sede di Fratelli d’ Italia.
Torino si è trasformata da città dell’auto a vetrina di grandi eventi, un
grande Luna Park per turisti, mentre le periferie sono in bilico tra
riqualificazioni escludenti e un parco giochi per carabinieri, alpini e
poliziotti.
Da qualche anno il vento sta cambiando anche se per ora è solo una brezza
lieve.
Anche questo 25 aprile ci siamo ritrovati alla lapide: abbiamo parlato,
brindato, chiacchierato con i passanti e i curiosi.
Due mazzi di fiori sono stati deposti.
Non è stata solo una commemorazione, ma un’occasione per i tanti di noi
che in questo quartiere sono nati e continuano a vivere, di alimentare il
venticello che segnala il mutare dei tempi, di annodare i fili della
memoria di ieri con le lotte di oggi.
Le lotte che vedono in prima fila altri partigiani, quelli che si battono
contro loccupazione militare in Val Susa, quelli che si mettono di mezzo
contro sfratti e deportazioni, contro il razzismo e il fascismo.
Oggi come allora i partigiani sono trattati da banditi, terroristi,
delinquenti. Oggi come allora la gente delle periferie sta imparando da
che parte stare.
I partigiani di Barriera in quel lontano aprile hanno combattuto perché
volevano un mondo libero, senza schiavitù salariata.
Il loro sogno continua ogni giorno nella lotta per una società di liberi
ed eguali. Senza Stato né padroni.
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