Il deposito nazionale per le scorie nucleari, destinato ad accogliere la pesante eredità dell’avventura nucleare italiana, non è stato costruito. Non è stato neppure scelto il posto dove farlo. Di tanto in tanto circolano rumores infondati su questa o quella località.
L’ultimo tentativo reale venne fatto a Scanzano Ionico, dove una cava salina era stata indicata come bara ideale per l’immondizia nucleare.
Il posto sembrava perfetto. Un sindaco fascista con un trascorso di tangenti per gestione di traffici di rifiuti speciali, un piccolo paese della Basilicata, la promessa di cascata di soldi per compensare il rischio. Come è finita oggi lo ricordano in pochi. Una rivolta popolare scuote il paese: statali e ferrovia sono bloccate dalla gente di Scanzano per due settimane, il sindaco deve barricarsi in casa, la polizia deve fare dietrofront.
La mobilità dell’intera Basilicata va in tilt. Il governo cede e ritira il progetto.
Le scorie restano dove sono. In Piemonte. Tra Trino Vercellese, Bosco Marengo e, soprattutto, Saluggia, è concentrato il 73% delle scorie italiane.
Il deposito nazionale delle scorie italiane è, nei fatti, a Saluggia. Il posto peggiore per i rischi idrogeologici, perché Saluggia è al centro di un triangolo, tracciato dalla Dora Baltea e due canali. Sotto passano le falde acquifere che alimentano l’acquedotto del Monferrato.
Qualche anno fa l’alluvione mise a rischio di inquinamento l’intera area e, in almeno un’occasione, è stata dimostrata la radioattività della falda superficiale.
Tra pochi anni sarà completato il Cemex, una bara di cemento, che dovrebbe rendere più sicuro il sito “temporaneo”. Quello “definitivo” venne deciso con una legge del 2003, dopo l’annuncio del 1999. Sono passati 17 anni e nulla è successo. Persino la Carta dei siti papabili, in teoria pronta da due anni,non è mai stata resa nota. Evidentemente si temono ripercussioni nelle urne.
Una domanda sorge spontanea. Perché Saluggia e gli altri paesi soggetti a servitù nucleari non insorgono? Perché non si muove quasi nulla?
La risposta è semplice ed ha parecchi zeri. 15 milioni di euro all’anno per le compensazioni.
Ascolta la diretta dell’info di Blackout con Lorenzo Bianco, attivista antinuclearista.
tratto da Anarres