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Riprendiamoci le piazze, prendiamo parola

Riprendiamoci le piazze, prendiamo parola

«Noi portiamo un mondo nuovo qui, nei nostri cuori. Quel mondo sta crescendo in questo istante»

(Buenaventura Durruti, Spagna 1937)

Mercoledì 27 maggio alle ore 17.30, davanti al Palazzo della Regione Lombardia, ci sarà uno sciopero con presidio delle lavoratrici e dei lavoratori. Rimettere in moto la macchina dei diritti e del conflitto dopo quasi tre mesi di lockdown non è cosa semplice.

Certo, una buona parte di società (quella composta di operai delle filiere dell’approvvigionamento e di altri settori cosiddetti essenziali, tutti i lavoratori del circuito ospedaliero, dal personale delle pulizie ai medici di base) non ha mai cessato di lavorare neanche un giorno. Anzi hanno lavorato di più! Costretti al contatto fisico, spesso senza alcuna protezione hanno pagato con la vita la “disponibilità” al lavoro ed al sacrificio.

In pochi si sono chiesti come facevano gli scaffali dei centri commerciali ad essere sempre pieni. Però passavano le hashtag IO RESTO A CASA, ANDRÀ TUTTO BENE. Le parole come “distanziamento sociale” sono entrate nel dizionario comune e sono servite a far sentire le persone sempre più sole, la parola “sociale” doveva essere il lemma da cambiare. Sociale aveva una valenza negativa: bisogna restare soli e risolvere i propri problemi senza l’aiuto degli altri.

Il martellamento continuo, giorno e notte, dei media per cercare di inculcare attraverso la paura la convinzione che la diffusione del Covid 19 era una colpa della popolazione e non di chi aveva saccheggiato la sanità pubblica negli ultimi 30 anni. Memoria corta. I nemici ed i reati da additare al pubblico ludibrio sono diventati quelli che andavano a prendere un po’ di sole in mezzo al nulla, i bambini che giocavano, qualche bagnante che in solitaria si faceva il bagno al mare o correva da solo. Nonostante questo massacro mediatico nelle filiere dello sfruttamento più intensivo sono partite lotte spontanee per impedire il massacro fisico e sociale di chi stava lavorando. Si lavorava senza mascherine, senza guanti, a stretto contatto e se qualcuno protestava veniva licenziato. Si è però rotto il silenzio, anche grazie a pezzi importanti del Sindacalismo di Base che hanno fatto da cassa di risonanza. Non sono mai stati fermi: nonostante i divieti e regolamenti che ne impedivano spostamenti e contatti si sono dati un gran da fare per portare la battaglia politica sotto la casa dei padroni.

Cosa cambia con l’alleggerimento del lockdown in questa fine di maggio? Cosa sta tramando la Confindustria con il suo uomo forte alla guida, Bonomi? Cosa vorrebbero questi signori per uscire dalla crisi? A queste domande vogliamo dare risposte precise e inequivocabili.

1) L’alleggerimento del lockdown porterà una montagna di quattrini gratis per le aziende. Della serie “prendi i soldi e scappa”: vedi ieri Fiat, oggi FCA.

2) Le cosi dette forze dell’ordine, con tutti i loro colori di morte sono schierate alla difesa dell’ordine pubblico e del profitto selvaggio senza se e senza ma. Lo vediamo continuamente in questi giorni. Dove scoppiano i conflitti nei luoghi di lavoro (perché oggi più che mai le disparità salariali e quelle della difesa della salute vengono al pettine) immediatamente decine di blindati con centinaia di militari in assetto di guerra vanno a reprimere i lavoratori. Proprio mentre sto scrivendo alla Bartolini di Sedriano i lavoratori hanno dichiarato lo sciopero per la sicurezza: oltre al solito schieramento di polizia e carabinieri sono entrati in fabbrica reparti dell’esercito.

3) Il governo con i suoi decreti oltre ad obbligare i lavoratori a riprendere le attività ha vietato lo sciopero.

SI al lavoro in tutte forme più bestiali… NO allo sciopero. Inoltre gli aiuti promessi ai lavoratori rimasti a casa o rimasti senza lavoro sono letteralmente lettera morta. La stragrande maggioranza di quelli che stanno subendo la crisi non ha visto il becco di un quattrino.

A questo si è aggiunta la Confindustria che, con Bonomi, praticamente sta cercando di cambiare le regole. Fino ad ieri si pensava che in caso di crisi ci sarebbero stati degli aiuti ai lavoratori anche per favorire la pace sociale. Oggi tutto questo cambia. Il salto di paradigma attuato da Bonomi sta prendendo forma. Il conflitto è cercato e voluto dai padroni. Dimostra come oggi pensano di risolvere la situazione: è guerra, è lotta di classe.

Anche le date sono simboli. In questi giorni si celebra il cinquantesimo dello Statuto dei Lavoratori e la Confindustria comincia a parlare di abolire il Contratto Nazionale. Credo che ora lo scontro si farà durissimo: un nuovo protagonismo dei lavoratori non potrà fare sconti. In questa guerra non ci saranno prigionieri. La sconfitta sarebbe durissima, sarebbe un ritorno indietro di anni luce.

Però, nonostante il clima ancora di paura, nei luoghi di lavoro si sciopera sempre di più Non c’è giorno che non ci siano picchetti o assemblee. Un primo appuntamento pubblico che nelle intenzioni degli organizzatori dovrebbe essere di massa è proprio la manifestazione-presidio dei lavoratori e cittadini mercoledì 27 maggio alle 17,30 davanti al Palazzo della Regione Lombardia, il luogo simbolo dello sfacelo della sanità lombarda. Da oltre 20 anni i partiti al potere della regione hanno saccheggiato tutto quello che c’era da saccheggiare.

La responsabilità della giunta e delle giunte precedenti è sotto l’occhio di tutti. A questi assassini non possiamo permettere di dare altre possibilità di massacri sociali…

Anto.DE

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