A fine febbraio, dopo quasi undici anni dai fatti, la Corte d’Appello di Torino ha emesso la sentenza di secondo grado relativa alle manifestazioni dell’aprile 2014 contro i cantieri dell’alta velocità del Terzo Valico. Il verdetto ha visto la condanna anche di due compagni del Laboratorio anarchico Perlanera di Alessandria, che per ora hanno accesso alla condizionale.
Il Terzo Valico è il progetto di ferrovia ad alta velocità nella tratta da Genova a Tortona, un percorso relativamente breve che non comporta, fra l’altro, accorciamento sostanziale di tempo di viaggio, ma che serve moltissimo alla movimentazione merci delle aziende di trasporti del gruppo Gavio, principale beneficiario di questa opera costosissima, inutile e dannosa a cui fin da subito la popolazione locale si è opposta in modo marcato e deciso.
In questi anni le lotte di opposizione al Terzo Valico, che sono state lotte ad ampia partecipazione popolare, si sono sviluppate in diverse fasi. Dapprima vi è stata la mobilitazione contro l’esproprio dei terreni, con azioni di ostacolo all’accesso alle terre condotte dalla popolazione insieme ai proprietari. Successivamente, una volta iniziati i lavori, le azioni, sempre comunemente svolte, si sono indirizzate ad ostacolare i lavori, con proteste in cui venivano rimosse le recinzioni e occupati i cantieri per uno o due giorni. Questa seconda fase ha fatto scattare denunce a cui è seguito, per alcuni, il processo e le relative condanne.
I fatti contestati risalgono al 2014 e riguardano episodi diversi anche se poi, a livello giudiziario, due dei tre processi avviati sono stati uniti.
Una prima azione giudiziaria era infatti scattata per l’abbattimento, in località “Cascina Romanelotta”, di 300 metri di semplici recinzioni in plastica del cantiere Cociv, la ditta incaricata dei lavori, che peraltro è stata condannata per infiltrazioni con la malavita organizzata. Questo processo è stato poi accorpato a quello per le proteste di Pozzo Radimero, nel comune di Arquata Scrivia, nell’aprile 2014. In quella occasione ci fu un corteo partecipatissimo, i manifestanti giunsero davanti al cantiere e abbatterono le recinzioni. La reazione delle forze dell’ordine fu violenta e generalizzata, tanto che diverse persone, colpite da manganellate, rimasero ferite e dovettero ricorrere al pronto soccorso. Nonostante ciò, scattarono denunce per resistenza, da cui, per un compagno del Perla Nera, la condanna a nove mesi e un’ammenda salata.
Un ulteriore processo era stato invece imbastito sulla base del reato di danneggiamenti. In realtà si è trattato di scritte realizzate su alcune ruspe, su un cartello e sulla parete di una baracca, nel corso di un’altra invasione di cantiere, sempre vicino ad Arquata. Anche in questo caso, per un compagno del Perla Nera è scattata la condanna.
Dal punto di vista giudiziario si attendono le motivazioni delle sentenze, che dovrebbero uscire a fine aprile; conseguentemente i legali valuteranno se e come può agire la prescrizione, vista la distanza temporale dai fatti, e come procedere per il ricorso in Cassazione.
Per il resto non possiamo che rilevare, una volta di più, come la repressione, asservita agli interessi di sfruttamento del territorio e ai profitti dei grandi gruppi industriali, tenti rabbiosamente di fiaccare quella che è una protesta contro un’opera inutile e dannosa. Una protesta che, vogliamo sottolineare ancora una volta, non è stata una scelta di avanguardia, ma ha segnato un momento alto di partecipazione popolare, una piena condivisione non solo di critiche, ma anche di pratiche, quelle pratiche di azione diretta di cui il potere ha realmente paura.
Salvatore Corvaio – PerlaNera Alessandria