Nuova destra e capitale

In questo articolo dell’economista spagnolo Yago Álvarez Barba, tratto dal periodico El Salto vicino alla CNT spagnola, si analizzano le analogie a livello internazionale dei partiti della destra europea e dei partiti conservatori, spesso alleati durante le tornate elettorali. Ne emerge un quadro caratterizzato da una doppia narrazione contraddittoria ma funzionale ad una strategia elettorale che fa leva sugli istinti irrazionali tipici della narrazione populista: da un lato si predica un nazionalismo esasperato dietro lo slogan “prima gli spagnoli”, o i francesi, o gli ungheresi a seconda del paese di riferimento, che ricordano da vicino l’“America first” di Trumpiana memoria, dall’altro si occulta scientemente il programma economico che in realtà propone un ultraliberismo esasperato con agevolazioni di qualsiasi tipo alle grandi aziende nonché ai medi e grandi imprenditori. Dietro la battaglia culturale regressiva della destra (antifemminismo, antimmigrazione, xenofobia ecc.) risulta evidente il ruolo di puntello principale allo strapotere delle multinazionali. Il paragone con la nascita del fascismo storico a questo punto sembra reale e non una esagerata e semplicistica visione.

“Voglio che parlino di razzismo ogni giorno: se la sinistra si concentra su questioni di razza e identità e noi sul nazionalismo economico, schiacceremo i democratici”. Questa era la confessione fatta da Steve Bannon al giornalista di American Prospect, Robert Kuttner, nel bel mezzo della campagna presidenziale di quello che fu il suo capo, Donald Trump. Semplicistico forse ma un buon riassunto della strategia dell’estrema destra globale. Parlare dell’“immigrato che ti ruba il posto” abbracciando al contempo i postulati padronali sul licenziamento libero, fingere un falso protezionismo e nel contempo favorire fondi di investimento esteri per garantire campo aperto e nessuna barriera normativa in caso di vittoria elettorale, proporre tagli fiscali che favoriscono maggiormente i redditi più alti e demonizzare la spesa pubblica promuovendo al contempo la salute, l’istruzione e le pensioni private. L’esca viene lanciata non solo alla sinistra, come dice Bannon, ma agli elettori di ogni colore politico.

Discorsi di odio nelle manifestazioni e misure neoliberali nei programmi di tutti i partiti di estrema destra in Europa. Potrebbe essere questa una breve sintesi dell’articolo “Il Programma Economico Antisociale della Nuova Destra Europea”, realizzato dal giornalista Àngel Ferrero e dall’economista e membro del seminario TAIFA Iván Gordillo, che hanno analizzato i programmi economici di dieci partiti europei che sono rappresentati nei rispettivi parlamenti: Raggruppamento Nazionale (Francia), Lega (Italia), Partito della Libertà austriaco, Alternativa per la Germania, Interesse Fiammingo (Belgio), Fratelli d’Italia, Democratici Svedesi, Diritto e Giustizia (Polonia), Fidesz (Ungheria) e Vox . “I partiti che analizziamo sono raggruppati in due gruppi parlamentari: Identità e Democrazia (ID) e nel Gruppo dei Conservatori e Riformisti Europei (ECR). Fidesz, di cui abbiamo anche già discusso e analizzato, era allora nel Partito popolare europeo (PPE) ed ora i suoi eurodeputati sono nel gruppo indipendente, in attesa di unirsi all’ECR o formare un nuovo ‘supergruppo’ dell’estrema destra europea”, spiega a El Salto Angelo Ferrero.

Non riguarda più di partiti di minoranza. Stanno conquistando posizioni preminenti in paesi come la Spagna, competono per la presidenza in altri come la Francia e governano in Polonia o Ungheria. I loro discorsi economici si basano sul tema “non ce n’è abbastanza per tutti” che, secondo l’eurodeputato Miguel Urbán e la sua introduzione all’articolo, si basa su politiche di austerità che, di là dei tagli e delle privatizzazioni che comportano, “promuovono meccanismi di esclusione che Habermas ha definito caratteristiche di uno ‘sciovinismo assistenziale’ e che si concentrano sulla tensione latente tra status di cittadinanza e identità nazionale”. Queste politiche economiche, secondo i militanti di Anticapitalistas, sono legate alla propaganda del recupero della sovranità con il controllo delle frontiere.

In questo modo, afferma, “i disordini sociali e la polarizzazione causate dalle politiche di scarsità neoliberali vengono incanalate verso l’anello debole (il migrante, lo straniero o semplicemente l’“altro”), salvando così le élite politiche ed economiche, vere responsabili del saccheggio”. In altre parole: se non ce n’è per tutti, allora molti devono restare fuori. “Una linea sottile che collega l’immaginario dell’austerità con quello dell’esclusione”, lamenta Urbán. Inoltre, Ferrero sottolinea che, per quanto riguarda il lavoro, i loro proclami sono basati sulla concorrenza (al ribasso). In particolare ciò avviene “dopo decenni di incorporazione di donne e immigrati, sempre più agguerriti in un mercato del lavoro deregolamentato, o meglio regolato a favore del capitale”. La paura del declino sociale è anch’essa alla base di questa competizione tra classi medie.

Regressività e Tappeto Rosso per le Imprese

La tassazione è uno dei principali campi di battaglia del neoliberismo e l’estrema destra si schiera chiaramente in uno specifico campo. I programmi analizzati promuovono tagli alle tasse ma, contrariamente a quanto spesso si sente nelle loro dichiarazioni pubbliche, questi non sono a favore della classe operaia ma favoriscono imprenditori e redditi alti. L’analisi mostra come tutti i partiti propongano sistemi fiscali regressivi, come l’aliquota fissa sul reddito (15% La Lega, 16% Fidesz e 20% Vox), favorendo nettamente i redditi alti e cancellando con un tratto di penna la progressività dei sistemi fiscali. Per le aziende, tutto è a loro favore. L’estrema destra ungherese, infatti, ha trasformato il Paese in un paradiso fiscale abbassando l’imposta sulle società al 9%. L’estrema destra polacca va nella stessa direzione. I due partiti italiani promuovono misure a diretto vantaggio degli evasori fiscali, come i condoni fiscali o l’abolizione del limite all’uso del contante. Tutti i partiti sono apertamente favorevoli alla promozione dell’imprenditoria privata in tutti i settori attraverso incentivi, sussidi, agevolazioni fiscali e modifiche normative atte a superare le restrizioni europee.

Nel mercato del lavoro alcune proposte di liberalizzazione sono già un fatto concreto ovunque essi governino, come la cosiddetta “legge schiavitù” di Fidesz in Ungheria o i contributi proporzionali al profitto delle imprese che il partito Legge e Giustizia ha imposto in Polonia. Quattro partiti sui dieci analizzati menzionano espressamente la regolamentazione della priorità nell’assunzione di lavoratori nazionali rispetto agli stranieri: Vox, Rassemblement National (Francia), Fratelli d’Italia (Italia) e Interesse Fiammingo (Belgio).

Modello Economico: Meno Stato, più Polizia

A questo punto sembra che ci sia un dilemma e si evidenziano due blocchi differenti. Da un lato, i sostenitori del protezionismo e dello sviluppo del mercato interno: La Lega (Italia), Raggruppamento Nazionale (Francia) e Vox. Dall’altro, i difensori del libero mercato e degli incentivi all’investimento estero diretto: Alternativa per la Germania (minore partecipazione dello Stato all’economia), Fidesz (Ungheria), Freedom Party of Austria, Interesse Fiammingo (Belgio).

Alcuni, direttamente, cadono in contraddizione promuovendo contemporaneamente entrambe le questioni nei loro programmi: Fratelli d’Italia promuove maggiori investimenti pubblici e maggior protezione dalla concorrenza internazionale e dall’attrazione di investimenti esteri. Così come il partito polacco, con la difesa del libero mercato ma in uno sviluppo autarchico. “Alcuni si presentano come più protezionisti di altri e difendono apertamente riforme che favoriscono il libero mercato”, spiega Ferrero, “ma un’osservazione più attenta rivela che le proposte della prima questione sono irrealizzabili contraddicendo altre misure che loro stessi propongono”, chiarisce. Seppur in riferimento a queste contraddizioni, Ferrero presenta un altro problema: “Difficilmente ciò traspare, perché onestamente, chi legge i loro programmi economici? Quasi nessuno”.

In riferimento a questa incongruenza tra protezionismo e libero mercato, l’eurodeputato e militante Anticapitalistas Miguel Urbán sostiene che “le misure protezionistiche dell’estrema destra tendono ad essere più dichiarative che efficaci, corrispondenti a una campagna di propaganda calcolata”. Urbán spiega che questo doppio discorso può scaturire da una disputa tra settori delle classi dirigenti ed al tentativo di ricostruire quel dominio in chiave nazionale che è sempre stata una loro caratteristica. Per questo, dice l’eurodeputato, l’estrema destra “ha bisogno di una base sociale che gli permetta di destreggiarsi all’interno del capitalismo globale”. È qui che entrano in gioco i discorsi sull’identità xenofoba: “Usano lo Stato per scindere la classe operaia tra ‘nativi’ e ‘migranti’, tra le persone con diritto di protezione e quelle che rappresenterebbero una minaccia”.

Praticamente tutti sostengono uno stato sociale “ridotto”. Riduzione della spesa pubblica, riduzione del debito estero e del deficit. Del tutto in linea con le misure proposte dai partiti neoliberisti, “difendono un ‘assottigliamento’ statale, sottolineando nella loro propaganda la richiesta di sussidi per alcuni programmi di istruzione pubblica o di integrazione, ed evidenziano gli abusi che si sono verificati occasionalmente”, spiega Ferrero, “ma tacciono su altre questioni e, soprattutto, chiedono di aumentare, e non di poco, i bilanci della difesa e delle forze dell’ordine”, lamenta.

Vox, un Altro Allievo di Trump

A livello spagnolo oltre alla corsa a chi è più trumpiano dell’altro, abbiamo abbiamo visto che nelle elezioni della Comunità di Madrid c’è stata anche un’altra questione. Dove vanno a finire i diritti e quale sarebbe il punto di convergenza? I discorsi di Iván Espinosa che abbracciano la riduzione di mezzo punto sull’imposta sul reddito alle persone fisiche annunciata dal PP e i discorsi protezionistici dell’industria del turismo di Ayuso a Madrid si sono mescolati e confusi nel mezzo di futuri patti governativi. La domanda è: dove andranno a coincidere?

Man mano che si avvicina la possibilità di un governo PP-Vox, nella disputa elettorale si rafforza la polarizzazione all’interno della cornice identitaria delle guerre culturali e saranno perciò simili i loro programmi economici e la pressione di Vox favorirà una radicalizzazione delle proposte neoliberiste del PP dove il trumpismo di Ayuso rappresenta un buon punto intermedio per l’accordo tra le due forze”, spiega Urbán, ma insiste che né in Vox, né nel PP né in altri partiti di estrema destra europei “c’è alcuna proiezione anti-neoliberista: c’è piuttosto una battaglia su come gestire il neoliberismo”.

Le misure economiche di Vox nei suoi programmi sono generalmente ridotte al minimo. Slogan che si ripetono più e più volte senza alcuna sostanza, sebbene quelle poche misure concrete abbiano “una chiara matrice turboneoliberista”, secondo Urbán. In termini generali però Vox conferma le retoriche dei partiti di estrema destra considerati “partiti di nicchia” specializzati in una singola area o in un insieme di questioni (antimmigrazione, sicurezza dei cittadini, antifemminismo e difesa dell’identità nazionale).

Per Ferrero, le proposte economiche di Vox non lasciano molto spazio a dubbi sulla sua natura neoliberista. Se le misure economiche occupano uno spazio risicato nel suo programma politico e nel discorso pubblico, è “perché se il tema economico occupasse invece una posizione rilevante entrerebbe in contraddizione con la sua presunta difesa della retorica della ‘Spagna che si desta all’alba’”, molto più redditizia dal punto di vista elettorale; alimentando, se non creando direttamente, guerre culturali intorno all’immigrazione o al femminismo, o utilizzando l’‘anticatalanismo’ come coagulante politico”.

Il Viaggio Estremo dei Conservatori

Nello Stato spagnolo ed in altri paesi vicini, pare che sbandierare il discorso culturale glissando sulle misure economiche liberali funziona e la destra conservatrice classica lo ha puntualmente fatto. Nelle elezioni della Comunità di Madrid abbiamo visto come la semplificazione dei messaggi e la guerra culturale abbiano avuto il sopravvento nella campagna del Partito Popolare e di Vox.

Il trumpismo di Ayuso può essere un buon punto di incontro per un accordo tra entrambe le forze”, spiega Urbán, il quale ritiene che man mano che si avvicina la possibilità di un governo PP-Vox, nella disputa elettorale “la polarizzazione all’interno della cornice identitaria delle guerre culturali tende a raccordarsi con le proposte economiche e la pressione di Vox favorirà una radicalizzazione delle proposte neoliberali del PP”. Questo riavvicinamento tra l’estrema destra dei conservatori, in senso lato, è uguale in quasi tutti i paesi europei. Qualcosa che, secondo Ferrero, “era prevedibile se si ricorda l’evoluzione del fascismo storico”.

El Salto

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