Note bandite: nel distruggere la gabbia 1 – Non si archivia una strage

A inizio marzo 2020 in molte carceri italiane scoppiano rivolte. Col diffondersi del covid 19 per decreto vengono bloccati i colloqui coi familiari, il lavoro all’esterno e le attività scolastiche e formative. In quei giorni, all’interno delle strutture e durante i trasferimenti, moriranno 13 persone tra Bologna, Rieti e Modena. 9 erano detenuti al Sant’Anna di Modena. Era l’8 marzo del 2020, il giorno dopo sarebbe entrato in vigore il lockdown. La versione ufficiale parla di overdose di farmaci e metadone, ma le autopsie non verranno eseguite. Lugubri scenari appaiono chiari, in troppo pochi sgomiteranno per avere verità e giustizia. C’è chi può permettersi di archiviare, noi no.

1 KAOS – PRISON BREAK

2 MALARNESE feat. FRANTI 23 – FUORI DALLE MURA

3 SENDEROS DE VIENTO – CONTRO IL MURO DI CINTA

1 KAOS – PRISON BREAK

Sulla copertina della prima parte del dossier sulla strage, a cura del Comitato “Verità e Giustizia per i morti del Sant’Anna”, campeggia una foto che ritrae il muro del carcere di Rebibbia, con vergata a vernice nera la frase: “È inutile che vivi fuori se muori dentro”. Un doppio senso semplice, ma efficace. Quelle parole sono un verso della canzone “Prison Break” del rapper Kaos, pubblicate in “Post Scripta” del 2011. Negli anni l’mc è diventato una vera macchina trita-palchi, con il solido apporto di Dj Craim alla console. Il suo è un rap quasi urlato, uno stile adottato molto prima delle recenti mode. Kaos è stato un po’ un’eccezione in un panorama rap schiacciato tra mitomania ed edonismo machista, da un lato, e militanza ed impegno politico, dall’altro. Con tutto sommato pochi dischi in tanti anni di carriera è probabile che anche per questo goda di molta stima, per alcuni è quasi una devozione.

Rendo la paura un’armatura di cartone / prendo cemento e lacrime / ottengo la redenzione. / Vento, fra le sbarre alle finestre / una canzone che sento ogni momento / e parla di rassegnazione”. La voce di Kaos è truculenta, ma per fortuna nel rap può andare bene, anzi se lo fai hardcore è anche meglio. “Se sta musica è evasione / suona un’altra sirena”. Sono diverse le assonanze tra il testo di Kaos e la situazione pandemica che fa da sfondo alle rivolte: “Qua in quarantena / contro ogni revisione, / pronto sia all’assoluzione / che allo sconto di pena”; “Quando il mondo è una cella / l’isolamento è fuori”. Ascoltando “Prison Break” sembra di sentire una testimonianza, grazie ad un lessico raffinato e alla sua abilità espressiva. “Giochiamo a chi è più forte o a chi ha più voglia di impazzire?”. Nel furore delle sue liriche sembra sempre di sentire dell’odio, per di più in una canzone sul carcere, ma forse è solo tanta rabbia.

 

2 MALARNESE feat. FRANTI 23 – FUORI DALLE MURA

Nella primavera del 2020 esce su You Tube “Fuori dalle mura” una canzone dei Malarnese e Franti 23. A pochi mesi di distanza dalle rivolte del marzo la canzone ricostruisce quel clima. I Malarnese sono un duo cagliaritano, composto da Baglio e JeffT, che rappa per ultras e rude boys. Animati da una spiccata tendenza punk si dilettano in un hip hop “da bassa classifica”. “Ho visto diavoli a colletti bianchi / spezzare ali agli angeli e incarcerare santi”, la canzone è inaugurata da Baglio: “È il grande bluff del reinserimento nella società, / nella legalità, rubano dignità”. Nel ritornello i rapper campionano “Another brick in the wall” proveniente da “The Wall”, l’album di Roger Waters e compagni che ha fatto la storia del rock. Il concept album, associato ad un film, indagando il concetto di muro cerca di capire cosa siano e come nascono le istituzioni totalitarie. “We don’t need no education / Tutti fuori dalle mura / We don’t need no thought control / Tutti fuori dalle mura”. Tutte le riflessioni su muri, sia fisici che mentali, si addicono particolarmente alla critica del carcere. “Ci arrestano se non teniamo un metro di distanza / e poi finiamo in carcere con altri 7 in stanza / incoerenza emergenza sopra un’emergenza / sto a casa friggo e non aspetto l’ordinanza”. Prosegue poi nel brano JeffT, “con le mie barre strappo il cuore al decoro / e quelle sbarre vorrei spezzarle tutte / ridare la speranza alle famiglie distrutte”. In chiusura c’è la strofa dell’isolano Franti 23: “Privazioni d’affetti richiami isolamenti / detenute detenuti, rivolte sui tetti / a fame disperazione rispondono galere / bruciano le celle, balliamo sulle macerie”.

 

3 SENDEROS DE VIENTO – CONTRO IL MURO DI CINTA

«Lasciatemi il tempo di contare le stelle» disse il condannato / «Sono troppe, non c’è tempo e tu devi morire» rispose il boia / «Non può essere giusto morire, con tutte queste stelle, boia» / «È giusto, invece. Lo ha deciso un giudice» replicò quello / «Ma ingiusto è il mondo che non mi diede scelta» protestò il condannato / «Il mondo non ha nulla che non va: gira ogni giorno in perfetto orario! …E tutto quello che non va lo spariamo contro questo muro di cinta» aggiunse il boia, sogghignando”. Incomincia così “Contro il muro di cinta” dei Senderos de Viento, che la dedicano “a tutte le prigioniere e i prigionieri”. Il duo si riassume in poche parole come: “Chitarra e voce poetante. Suoni e parole di vento, di lotta e di libertà”. Il componimento è incentrato su un dialogo tra un condannato a morte e il suo giustiziere, una sorta di storia, corta e con pochi personaggi, con tono e linguaggio adatto anche ai più piccini.
“«E allora, lasciami il tempo di contare le ingiustizie» / «Non le avete fatte fuori quasi tutte, tu e il giudice?» riprese il condannato / Il boia restò in silenzio. Infine, farfugliò: «…Va bene» / Il condannato, con i polsi stretti, alzò la testa / e cominciò a contare”. / L’alba arrivò da oriente / e l’uomo era ancora lì che contava / E il boia, assonnato, chiedeva «Hai finito?» / «No, boia. Mancano ancora gli sfratti, la miseria, lo sfruttamento… la fame»”.
Le parole della poesia, divenuta canzone, ci ricordano che la giustizia può essere un valore, mentre la legalità è tutt’altra cosa. “«Boia, le pare che il suo giudice abbia mai condannato una di queste ingiustizie?» / «Mmh… non mi risulta» / «Le hanno mai ordinato di sparare alla fame e allo sfruttamento, boia?!» chiese l’uomo con i polsi stretti / «No» / «E allora, abbia pazienza, e mi lasci contare»”.
I Senderos de Viento sono presenti nella compilation “Refuse the void! – Resist everywhere!”, dedicata al centro sociale XM24, pubblicata un annetto dopo lo sgombero. Rare voci candide e chitarre graziose, le loro, in tre dischi di furiosa bolgia per i timpani. Riescono a ricreare un’atmosfera senza epoca, che avvolge il detenuto e le sue catene, sembra di sentire un riverbero ottocentesco, l’eco di autori illuministi che arriva fino a noi. “Contro il muro di cinta ogni notte / le stelle impallidirono / a quella terribile conta. / E ancora un condannato, con i polsi legati, e il volto alla luna / urla contro un muro di cinta le ingiustizie di cui non si cura la giustizia. / E generazioni di boia nascono e muoiono, senza che quella conta / abbia fine, e / senza che il condannato / chini la testa”.
Oggi non ci sono più i boia, non c’è più la pena di morte. Ma si muore ancora nelle galere, si muore e si viene uccisi. Forse allora non è il loro brano a essere fuori dal tempo, forse nella vita di chi sta dietro i portoni, le guardiole e le sbarre non è mai cambiato molto.

En.Ri-ot

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