Promosso dalla rete Eat the Rich si è svolto a Bologna, il 7 e 8 maggio 2016, il 1° festival delle cucine popolari autogestite.
Hanno partecipato alla 2 giorni:
Spazio Rosso (Cattolica); Piano Terra (Milano); Collettivo a bellu a bellu (Cagliari); Polpetta (Livorno); Mondeggi fattoria senza padroni (provincia di Firenze); Campi Aperti (Bologna e dintorni); Forte Prenestino (Roma); 20 Pietre (Bologna); La Resistenza (Ferrara); Free Spot (Ventimiglia); Cavallerizza (Torino); C.S. Bruno (Trento); Smaschieramenti (Bologna); Social Log (Bologna); Casa del Popolo (Ponticelli, Bologna); Brigata 36 (Imola); Oltremercato (Pesaro-Urbino); Cascina Torchiera (Milano); Pizzeria Pirata (provincia di Siena); Terra Terra (Roma); Il mucchio selvatico (Rodiano, Modena); Seminterrati (Ancona-Macerata); Ecomercato (Jesi); Frutti del sole (San Gregorio nelle alpi, Belluno); Cucinarandagia (Montese, Modena e San Martino in Gattara, Ravenna); Mercantiniera (Parma); La Lezza (Taranto); Stella nera (Modena); Mensa occupata Marzolo (Padova); Lucanapa (Basilicata); Gruppi informali di Trieste e Ascoli-Piceno; Spaccio popolare autogestito (Rete Eat the Rich); Associazione di mutuo soccorso (Bologna); People Health Movement; Nodo solidale-Kairos (Roma).
La rete EtR di Bologna è composta dalle mense popolari autogestite di VAG61, XM24 e del circolo anarchico Berneri oltre che dal Giaz (Gruppo informale di acquisto zapatista) e dallo Spaccio popolare autogestito che si tiene, tutti i lunedì, al circolo anarchico Berneri.
Il sabato 7 è stato dedicato al confronto. Tre tavoli all’interno dello spazio sociale autogestito XM24, su:
- l’approvvigionamento di materie prime e la filiera alimentare;
- l’organizzazione delle cucine negli spazi tra sostenibilità e conflittualità politica;
- lo sfruttamento, l’antispecismo e l’ecologia politica.
Poi una plenaria per mettere a confronto tutti i temi in una dinamica più generale che sappia coniugare la cucina come strumento di resistenza e conflitto, contro le dinamiche di speculazione, le differenze di classe, la repressione e il controllo che ruota attorno al cibo, alla sua produzione e alla sua distribuzione. Dentro a questo non sono mancati quegli elementi specifici che caratterizzano le problematiche concrete dei gruppi di acquisto e delle rete dei produttori alimentari indipendenti da tutti quei bussines che oggi vanno sotto il nome di “biologico” ma che riproducono logiche e metodologie della produzione capitalista.
E sono venuti fuori degli spunti molto interessanti che – se son rose fioriranno – alludono alla costruzione di più ampi circuiti di cooperazione sociale capaci di coinvolgere maggiormente i settori popolari vittime della crisi.
Domenica 8, sotto le “Vele”, si è svolta la manifestazione pubblica del festival, costruendo un bell’evento di cucina di strada. Il luogo e le modalità avevano un particolare significato; dal comunicato finale:
Lo spazio che abbiamo invaso con i nostri fornelli, la Tettoia Nervi in via Fioravanti, non è uno spazio scelto casualmente. Esattamente un anno fa di fronte a quella tettoia abbiamo occupato la sede dell’Unicum, ufficio del niente, per dare vita a una zona temporaneamente liberata. Quel giorno più di venti di noi sono stat* denunciat* inaugurando quella infame stagione di sgomberi che, in particolar modo a Bologna, sta tutt’oggi provando a cancellare ogni spazio fisico e temporale di autogestione.
Inoltre, la Tettoia Nervi ha ospitato poco tempo fa il Finger Food Festival, evento che promuove la feticizzazione del cibo inteso quasi esclusivamente come occasione di profitto, in linea con tutto il food-capitalismo di Expo e F.I.C.O. Questa piazza coperta, come molti altri posti nel quartiere della Bolognina e nel resto della città, risulta essere al centro di un processo massiccio di investimento e gentrificazione, che attira la sete di profitto trasformando la geografia urbana, e non solo, senza che le persone che realmente vivono quei luoghi possano decidere niente in merito. In questa giornata di festa è stata messa in campo la “potenza di fuoco” delle tante cucine arrivate a Bologna, e che attraverso la cucina sperimentano pratiche di sovranità alimentare>>
E la giornata ha visto una importante partecipazione sia come numero di “produttori di cibo” ma soprattutto come numero di “consumatori”; consumatori consapevoli o in via di consapevolezza che proprio incontrando questa manifestazione ne hanno colto gli aspetti più alternativi al mercato della merce e della merda che ogni giorno ci propina.
Tutto autogestito e a prezzi popolari.
RedB