Milano: due cortei attraversano la città e riempiono piazza San Babila
I concentramenti a Milano nella giornata dello sciopero generale del 18 marzo sono due: uno a Largo Cairoli, nel centro della città, l’altro a Piazzale Lodi, nella periferia. I facchini della logistica, aderenti al Si Cobas hanno fatto confluire i pulman per la partecipazione del corteo che partiva da Lodi, mentre nel corteo che partiva da Cairoli si sono ritrovati CUB, USI, SGS, Slai Cobas per la lotta di classe, Unione Inquilini. Erano presenti anche area di centri sociali, di studenti di varie scuole, i comitati delle case occupate, i compagni della FAI milanese con il proprio striscione.. C’erano anche delle bandiere di partitini vari. Il corteo era aperto da uno striscione unitario con le sigle di CUB, Si Cobas, USI, seguito dallo striscione e dalle bandiere della rappresentanza della comunità curda aderente allo sciopero, a seguire il camion con le bandiere delle organizzazioni sindacali che hanno proclamato lo sciopero. Questo corteo si è snodato per le vie del centro con striscioni caratterizzanti il settore lavorativo, l’azienda di riferimento o la località di provenienza. Molti erano gli slogan contro il governo, le associazione padronali, contro la guerra e per la continuazione della lotta. Il corteo si è soffermato a lungo in piazza della Scala davanti al Comune, poi ha fiancheggiato piazza Duomo ed è passato per piazza Missori, dove si doveva congiungere con l’altro corteo, unificazione che è venuta poco più avanti. Si è passiti davanti al consolato Turco dove si è stati fermi a lungo per far sentire forte la protesta dei manifestanti. Da qui, tutti assieme, si è raggiunto piazza San Babila dove terminava la manifestazione. I cortei sono stati molto vivaci e comunicativi. Lo spezzone dell’USI era ben posizionato con le bandiere rosso/ nere al vento con il gatto graffiante di “né servi, né padroni”. Erano rappresentate delegazioni in particolare presenti del settore della sanità (San Raffaele, San Paolo, San Carlo e delle recenti sezioni della Sacra Famiglia e della struttura ospedaliera di Melegano) della Leroy Merlin, dei lavoratori comunali, delle cooperative sociali e singole individualità. Durante il corteo è stato distribuito il foglio “Lotta di Classe” preparato in occasione dello sciopero.
La manifestazione si concludeva a piazza San Babila, riempita dai manifestanti, con la presenza di tanti immigrati. Sotto il camion unitario si svolgevano i comizi finali sottolineando tutti la riuscita della manifestazione e l’opposizione alla guerra. Si sono susseguiti interventi dei rappresentanti del SI Cobas, della CUB, dell’Unione Inquilini, dell’USI, della SGS, del coordinamento immigrati, una lavoratrice della Elettrolux e vari altri.
Il compagno dell’USI, nel suo intervento, ha evidenziato il segnale di svolta che lo sciopero generale rappresenta: “basta arretrare! Riprendiamo il percorso, da troppo tempo interrotto, delle conquiste sociali”. Si è rimarcato che lo sciopero è stato costruito all’insegna dell’unità da parte di sindacati di base e antagonisti che non hanno ceduto al ricatto, come purtroppo altri hanno fatto, di accettare lo scambio dei diritti sindacali con la rinuncia allo sciopero quando i sindacati confederali sottoscriveranno, come è loro abitudine, accordi bidone. “La rappresentanza sindacale ha un senso se si conquista con al lotta”
Si è evidenziato come ormai da molti anni è stata imposta una politica sindacale, da parte delle associazioni padronali, dalle legge dei vari governi e con la complicità dei sindacati di Stato (Cgil, Cisl, Uil) una politica di sacrifici promettendo uno sviluppo economico, mentre si è verificato l’esatto contrario. Siamo precipitati in una crisi senza via d’uscita: una crisi le cui conseguenze le pagano solo lavoratori, lavoratrici e la parte povera della popolazione, mentre i ricchi con la crisi hanno fatto affari e moltiplicati i loro profitti. “Con questo sciopero diciamo basta e invertiamo la rotta”.
Un altro obbiettivo centrale dello sciopero è quello contro la guerra, contro le tante missioni di guerra in cui siamo impelagati e contro la guerra che stiamo predisponendo in Libia, come se non bastassero i disastri che abbiamo già fatto con i bombardamenti precedenti. “Siamo contro tutte le guerre che ci impoveriscono moralmente ed economicamente, contro le spese militari che assorbono enormi ricchezze che potrebbero essere utilizzate per il diritto alla casa, invece di sfrattare chi ha bisogno, per il diritto alla salute, invece di tagliare la sanità, il diritto all’istruzione, invece dei tagli alla scuola”. “Siamo inguaribili internazionalisti e per l’abolizione di tutte le frontiere. La nostra patri è il mondo intero. Siamo per l’autogestione – si è concluso – nelle pratiche di lotta e per un futuro di società autogestita, senza servi né padroni, senza più sfruttamento”. Enrico Moroni
Trieste 18 Marzo. Sciopero generale e presidio
Anche a Trieste, come in molte altre città, si è svolta una manifestazione in occasione dello sciopero generale proclamato da USI-AIT, CUB e SICOBAS. I compagni e le compagne dell’USI-AIT per tutta la mattinata del 18 marzo hanno allestito un presidio in Largo Barriera, per spiegare le ragioni dello sciopero e manifestare contro le politiche del governo sul lavoro e soprattutto contro le politiche di guerra e le spese militari.
In Italia la spesa destinata alle forze armate (escludendo i carabinieri) si attesta oggi circa sull’1,5% del prodotto interno e lordo, ma – secondo gli accordi presi all’interno della NATO – è destinata ad aumentare fino al 2%. La spesa per il 2015 è stata di 17 miliardi di euro, di cui ben 4,7 miliardi per l’acquisto di aerei e navi da guerra. Una cifra spropositata, a fronte delle molte lamentele sorte negli ambienti militari per fantomatici annunci di tagli e riduzioni. Tutto questo senza contare la spesa per le missioni all’estero (leggi guerre) che equivale a circa 900 milioni.
Mentre i fondi per la sanità e per le scuole vengono sempre più ridotti, le spese militari restano stabili, anche perché il governo si sta preparando, nonostante gli annunci ufficiali, ad una nuova guerra (che in realtà c’è già) in Libia. Gli interessi economici in ballo sono considerevoli, a cominciare dallo sfruttamento dei giacimenti petroliferi da parte dell’ENI.
Ma in questo paese c’è un’altra guerra in atto non dichiarata: quella contro i lavoratori e contro gli sfruttati: è una guerra combattuta a colpi di leggi (Jobs Act, Buona Scuola, ecc.) e di accordi con i sindacati di Stato (l’ultimo in ordine di tempo è l’accordo sul Testo Unico di Rappresentanza, firmato con la Confindustria non solo da Cgil, Cisl, Uil e Ugl, ma anche da Cobas e USB), che da una parte legittimano lo sfruttamento e il precariato e dall’altra blindano i contratti nazionali e aziendali, in modo che non si possa levare alcuna voce contraria.
A livello locale i maggiori temi affrontati sono stati quelli della sanità e dei servizi educativi. Sul diritto alla salute, la Regione Friuli Venezia Giulia (a guida PD) sta passando come uno schiacciasassi, tagliando posti letto, personale sanitario e interi reparti come la Prima Chirurgica a Cattinara. Sul fronte dei servizi educativi c’è una buona notizia che riguarda la stabilizzazione di alcune decine di colleghi, ottenuta dopo molte pressioni, ma anche, dall’altra parte, la sempre maggior carenza di materiali e di fondi destinati alle attività educative. Da sempre noi chiediamo che i servizi educativi siano equamente finanziati, liberi e gratuiti.
A livello di adesioni lo sciopero, secondo i primi dati, ha raggiunto le aspettative, nonostante una copertura mediatica scarsa e distorta e grosse falle nella copertura informativa ufficiale. A livello mediatico quello del 18 marzo è passato quasi esclusivamente come uno sciopero dei trasporti, ed ovviamente sono stati esaltati i disagi e oscurate le motivazioni. Inoltre la comunicazione ufficiale – obbligatoria in caso di attivazione dei contingenti minimi - non è arrivata in diversi settori del pubblico impiego, tanto che è stato necessario sollecitare sia l’ufficio scolastico regionale sia il Comune. Malgrado ciò, a Trieste diverse scuole sono rimaste chiuse e vi sono state adesioni di una certa rilevanza anche nel comparto sanitario e nel trasporto ferroviario.
Una giornata di lotta, quella di oggi, che per essere davvero efficace deve essere inserita in un percorso conflittuale, che dimostri in modo chiaro che c’è chi alza la testa e non è più disposto ad accettare in silenzio.
Contro le guerre di oggi e di domani, per l’autogestione!
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