L’ospedale va alla guerra. Sanità militarizzata in Italia, Francia e Germania

Quando chi sta in alto parla di pace
la gente comune sa
che ci sara’ la guerra.
Quando chi sta in alto maledice la guerra
le cartoline precetto sono gia’ compilate.
Bertolt Brecht

Dopo la Francia e la Germania anche l’Italia si attrezza per preparare gli ospedali alla guerra, con un apposito decreto (che attua il Dlgs 134/2004 a sua volta in attuazione della direttiva europea 2022/2557) è stato istituito, presso il Ministero della salute, un tavolo permanente composto da dieci membri che si riunirà periodicamente per definire una strategia nazionale di risposta sanitaria nell’ipotesi di una guerra. Il piano prevede di coordinare la preparazione nella gestione di emergenze sanitarie su vasta scala, in vista di ipotetici scenari di guerra generalizzata in Europa, anche di fronte a scenari di eventi CRBN (chimici, radiologici, biologici e nucleari). Il piano si integra con le direttive europee e con gli obblighi derivanti dal Trattato Nato, in particolare in caso di attivazione degli articoli 3 e 5 (l’art. 5 prevede la mutua difesa in caso di aggressione a uno Stato membro).

Il piano che dovrebbe svilupparsi attraverso tre fasi: smistamento verso ospedali civili e militari, rientro e riabilitazione dei militari guariti, presenta ancora diversi nodi da sciogliere a partire dal definire i ruoli e le responsabilità di ministeri, regioni, protezione civile, difesa, enti locali civili e militari.

L’elenco continua su come rafforzare la collaborazione fra sanità civile e medico militare, come definire le catene di comando in situazioni estreme, come attivare le esercitazioni di addestramento congiunte e i percorsi formativi per preparare il personale ad affrontare traumi di guerra, grandi evacuazioni, come dovranno essere i collegamenti con ospedali da campo e strutture esterne (si ventila di istituire postazioni mediche vicino a porti e aeroporti, per facilitare l’assistenza e il successivo rimpatrio dei feriti) cosi come e dove dovranno essere reperiti i fondi straordinari e l’adeguamento delle infrastrutture, i sistemi antibomba, i reparti CRBN, i presidi mobili, etc.

I nodi restano numerosi e proprio su questi sono cominciate ad emergere prese di posizioni che invece di rigettare tale progetto, partoriscono proposte che vanno a legittimare progetti criminali e guerrafondai.

Quello che emerge con chiarezza, anche sulla base di quanto la Germania e la Francia hanno messo già in campo, viene sintetizzato attraverso il piano sanitario di guerra francese che ridefinisce il concetto stesso di ospedale civile, non più luogo di cura, ma anche di “infrastruttura strategica di sicurezza” nazionale.

La sanità pubblica da anni deve affrontare il continuo attacco verso una privatizzazione sempre più selvaggia, da anni si tagliano fondi, posti letto e personale sanitario, invece di rafforzare davvero il sistema sanitario in grave sofferenza, si invoca la necessità di approntare ospedali da guerra, militarizzare gli operatori sanitari e predisporre protocolli per scenari da conflitto mondiale.

Cosa c’è dietro alla militarizzazione preventiva delle strutture sanitarie europee?

Non si tratta di prepararsi a gestire eventuali emergenze sanitarie, la verità è che siamo di fronte a future guerre delle potenze imperialiste nell’intento di difendere i loro interessi minacciati dalla crescente crisi del sistema capitalista, scaricando sui lavoratori, sulle lavoratrici e i popoli di tutto mondo guerre, miseria e oppressione.

Le stesse epidemie, le catastrofi naturali e i disastri ambientali, sono direttamente il prodotto della carica distruttiva di questo sistema economico, che ha come unico scopo la ricerca del profitto che si riversa contro i bisogni e la vita delle masse popolari, contro la società e l’ambiente.

Gli imperialisti da sempre fanno carta straccia delle loro stesse leggi, per esempio l’art. 5 della Nato al quale oggi si fa riferimento per militarizzare i sistemi sanitari europei, è stato violato per giustificare la guerra in Jugoslavia nel 1990.

Di fronte alla crescente militarizzazione che sempre di più investe settori come la scuola, i trasporti, la sanità come segnale non solo di tendenza alla guerra ma di tentativo coercitivo di reclutare settori di lavoratori e lavoratrici alla logica della guerra, la strada da percorrere e già stata indicata: unirsi a quanti oggi stanno sviluppando mobilitazione, organizzazione e forme di solidarietà contro lo sfruttamento, l’oppressione e la repressione.

Gina De Angeli operatrice sanitaria in pensione

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