Lo Stato penale. No alla criminalizzazione delle lotte e del dissenso!

Il disegno di legge voluto dal governo Meloni, nelle persone dei ministri dell’interno, della difesa e della giustizia, e approvato dalla Camera, vuole impedire il conflitto e intensificare la guerra contro chi dissente, contro i poveri e i migranti, contro la gioventù, mettendo a tacere ogni voce di denuncia e di protesta.

È il frutto di una visione della società dove chi soffre la disorganizzazione sociale, le diseguaglianze, lo sfruttamento, l’impoverimento, gli effetti delle devastazioni ambientali, delle cementificazioni, deve subire e tacere. La proprietà è sacra e non va messa in discussione, così come chi la protegge e la gestisce.

È la saldatura tra le logiche del neoliberismo e le sue politiche di guerra con quelle del nazionalismo identitario: intolleranza verso chiunque non si adegui.

Le condizioni lavorative peggiorano di giorno in giorno, precarietà, insicurezza, aumento dei ritmi e dei carichi di lavoro, paghe insufficienti, e tante, troppe morti sul lavoro. Ma non si pensi di protestare, se non in punta di piedi: picchetti, cortei (se non irreggimentati e controllati a vista) sono preclusi, il blocco stradale è punito fino a 2 anni.

Gli effetti del riscaldamento globale si fanno sentire ogni giorno, pesantemente, ma non si può sollecitare la politica, la cosiddetta opinione pubblica, ad avere una maggiore attenzione e a prendere le misure necessarie per farvi fronte. Galera per chi, con il suo corpo, agisce per denunciare l’ignavia di chi non fa nulla. Fino a 4 anni per resistenza passiva, 15 se la resistenza diventa ‘attiva’. Se poi si parla di opposizione alle grandi opere si può arrivare a 20 anni.

I prezzi delle case aumentano, così pure gli affitti e l’espulsione dei ceti popolari dai centri urbani diventa inarrestabile. La soluzione non è ostacolare la speculazione con politiche adeguate ma mettere in galera chi non ce la fa e cerca un tetto occupando locali sfitti, in abbandono. Sette anni per chi lo fa e anche per chi solidarizza.

I centri per il rimpatrio (CPR) e le carceri sono sempre più un luogo di disumanità e di abbrutimento, sovraffollate, discariche sociali per i più emarginati, ove gettare anche i bambini sotto l’anno di età soprattutto se rom. Il governo li vuole anche silenti, che nessuna voce, nessuna rivendicazione esca da quelle mura, altrimenti altra galera (oltre le botte) fino a 20 anni. Talmente silenti che ai migranti senza permesso di soggiorno viene pure impedito di acquistare la SIM e quindi di usare il cellulare.

E poiché non basta l’incremento delle pene ecco anche la possibilità data alle forze di polizia di detenere una seconda arma al di fuori di quella d’ordinanza e al di fuori dell’orario di servizio. Il messaggio è chiaro.

Opporsi a tutto questo, sostenere le lotte diventa anch’esso oggetto di attenzione: la categoria del ‘terrorismo’ è via via passata dalla lotta armata alla rottura delle vetrine e agli scontri di piazza, per arrivare alla parola; la ‘propaganda’ delle lotte è punibile fino a 6 anni.

Il disciplinamento sociale va di pari passo con il clima crescente di guerra che ci sta attraversando. La militarizzazione ha bisogno dei suoi paletti e non c’è opposizione che valga.

Sicuramente non quella parlamentare che ha dimostrato tutta la sua sottomissione, se non condivisione, a questo obbrobrio alla faccia di quella Costituzione tanto sbandierata che prevede la rimozione degli ostacoli all’emancipazione personale e sociale, a partire dall’esistenza delle diseguaglianze esistenti: dallo Stato sociale allo Stato penale. E forse bisogna ringraziare Meloni e i suoi ministri che ci hanno mostrato che il Re è finalmente nudo, che lo Stato ha sempre il potere di vita e di morte sui singoli e sulla collettività, al di là delle illusioni riformiste che ci hanno ammorbato per così lungo tempo.

FEDERAZIONE ANARCHICA e ATENEO LIBERTARIO – MILANO

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