Ecotopia è un romanzo utopico del 1975, scritto da Ernest Callenbach che descrive una società tecno-ecologista e che ha avuto successo e influenza nel giro del nascente movimento ambientalista di fine anni ’70 primi anni ’80, soprattutto per le parti in cui Callenbach descriveva con grande abbondanza di particolari quelle che allora apparivano come autentiche meraviglie tecnologiche (e per cui si era basato su ricerche e scoperte reali, pubblicate su riviste scientifiche) come le plastiche ecotopiane biodegradabili o le automobili, gli autobus e i tram elettrici. Nel romanzo Ecotopia è uno stato indipendente nato dopo una scissione dagli Stati Uniti, in seguito alla secessione di alcuni Stati del Nord-Ovest (Oregon, California, Stato di Washington e Colorado) che avevano deciso di staccarsi dagli Usa, dopo che il governo federale aveva tentato senza successo di invaderli militarmente per impedire che entrasse in vigore la legalizzazione della marijuana votata in un referendum dai cittadini dei quattro Stati.
Il 4 gennaio, tre giorni dopo l’entrata in vigore di nuove norme che per la prima volta permettono la vendita di cannabis a uso ricreativo anche in California (Colorado e stato di Washington erano stati i primi a permetterla, seguiti da Oregon, Alaska e Nevada), l’Amministrazione Trump ha annunciato che presto dovrebbe fare venire meno la direttiva Cole (dal nome del segretario alla Giustizia dell’amministrazione Obama) dell’agosto 2013 che di fatto spingeva le forze dell’ordine federali ad allentare la presa sulla cannabis negli Stati dove la marijuana era legale per uso ricreativo o medico. Per il segretario alla Giustizia Jeff Sessions (ultraconservatore e da sempre ferocemente contrario alla legalizzazione della marijuana), le nuove norme votate dai cittadini nei referendum statali minacciano “lo stato di diritto” mentre secondo Sarah Sanders, portavoce della Casa Bianca, anche il presidente Donald Trump vuole che le norme federali siano fatte rispettare ma non ha precisato quali siano le priorità Su questo tema, peraltro, finora l’Amministrazione Trump era stata piuttosto prudente, nonostante la presenza al suo interno di alcuni noti crociati anti-cannabis come Sessions e il vice-presidente Mike Pence (che quando era governatore dell’Indiana aveva fatto senza successo ricorso alla Corte Suprema contro il Colorado per l’apertura dei primi dispensari di erba legale, probabilmente per evitare l’ennesima ondata di manifestazioni ostili in un paese che, secondo il molto preciso sito di politologia Vox.com, solo nei primi undici mesi di Trump alla Casa Bianca ha avuto più manifestazioni di protesta che in tutti gli Anni Sessanta. Lo stesso Sessions, alcuni mesi fa durante un’audizione al Congresso prevista per la conferma della sua nomina alla Giustizia, aveva dichiarato: “Non mi impegnerò mai a fare rispettare la legge federale” nel campo della cannabis facendo capire di apprezzare l’approccio di Cole. La questione è molto delicata anche perchè sarebbe di fatto la prima volta dopo la Guerra di Secessione (che ebbe inizio con le leggi di Lincoln che abolivano la schiavitù anche negli Stati dove era consentita dalle norme locali) che il Governo Federale interverrebbe direttamente contro le leggi dei singoli stati, senza prima avere l’avallo della Corte Suprema, come era invece successo negli anni ’60 con le leggi segregazioniste degli stati del Sud o più di recente con quelle anti-aborto e anti-gay. Subito dopo l’annuncio della nuova stretta anti-ganja, l’Attorney del Colorado (la procura generale statale) ha annunciato che il suo ufficio non cambierà approccio sulla marijuana. Anche i governi di Colorado, Oregon, Nevada, Alaska e California si sono affrettati a denunciare un eventuale intervento federale come intollerabile ingerenza di Washington nelle questioni interne ai loro stati. Pesa non poco anche il valore economico della cannabis legale. Solo di tasse, già nel 2016 un miliardo di dollari è finito nelle casse dell’Irs, il fisco Usa. Secondo le stime della stessa IRS, questa cifra nel 2017 salirà a 1,4 miliardi e toccherà i 2,8 miliardi nel 2021. Se a queste trattenute a livello nazionale si aggiungono quelle locali, solo nel 2017 si arriva ad un prelievo tra i 4 ed i 4,7 miliardi. C’è anche da considerare che ai sei stati che già hanno legalizzato completamente il mercato della cannabis (California, Colorado, Washington, Oregon, Alaska e Nevada) vanno aggiunti già il District Of Columbia e il territorio di Puerto Rico (che hanno già depenalizzato completamente la marijuana, ma che a causa del loro status legale non possono consentirne la vendita in luoghi appositi) e si uniranno entro la fine dell’anno anche il Maine e il Massachusetts dove nel novembre 2016 vi sono stati i referendum per la legalizzazione. Senza referendum, la legalizzazione è stata approvata anche dai parlamenti statali del Vermont (dove, sul modello spagnolo, sono già attivi da alcuni anni decine di Cannabis Club che vengono continuamente chiusi dalla polizia e continuamente riaperti dagli attivisti) e del New Jersey. Ci sono poi altri 25 stati Usa dove sono in vigore norme sulla cosiddetta cannabis terapeutica con leggi più o meno permissive e c’è il vicino Canada (la meta turistica più frequentata dai cittadini statunitensi) dove da luglio entrerà in vigore la legalizzazione. Per tutti questi motivi, non è ancora chiaro se si sta veramente per arrivare a una stretta contro i distributori e i produttori di cannabis, anche visto che per ora l’Amministrazione Trump ha parlato solo del “memo Cole” mentre l’attuale situazione di legalizzazione in alcuni stati è tutelata anche dal cosiddetto emendamento Rohrabacher-Farr (dal nome dei deputati che lo avevano presentato al Congresso nel maggio 2014), che impedisce ai procuratori federali di destinare risorse per il perseguimento della cannabis negli Stati che l’avevano legalizzata e che è stato discretamente riconfermato il 22 dicembre scorso quando Donald Trump ha firmato la legge di bilancio suppletivo.
Le leggi per la legalizzazione della marijuana degli stati Usa hanno sicuramente molti limiti, a partire da quello di riguardare solo la marijuana (le leggi proibizioniste sono comunque una guerra alle persone e producono più danni che benefici, indipendentemente dalle sostanze). In quasi tutti gli Stati, a parte l’Oregon e il Colorado, è inoltre proibito ad esempio fumare in pubblico anche nei luoghi dove ora è consentito di fumare sigarette (e che, comunque, negli Usa sono sempre meno): E i freddi dispensari di marijuana americani tutti business-oriented fanno solo rimpiangere i coffee-shop olandesi che non sono regolamentati da nessuna legge e che se nei posti più turistici sono generalmente delle commercialate invereconde (ma almeno non sono freddi), in periferia sono spesso degli importanti luoghi di socialità e e di aggregazione dove quasi sempre è esplicitamente vietato l’ingresso a fascisti e razzisti. Le nuovi leggi della California e degli altri Stati sono comunque un enorme passo in avanti che sembrano far vedere la fine della sanguinaria lanciata da Reagan nel 1982 proprio soprattutto contro la marijuana e che in brevissimo tempo ha portato la popolazione carceraria a lievitare da meno di 400mila detenuti della fine del 1981 alle oltre due milioni e mezzo di presenze attuali. Proprio la California, dove sono più attivi i gruppi antiproibizionisti, è lo Stato in cui nel 1983 l’Amministrazione Reagan lanciò la famigerata CAMP, la Campaign Against Marijuana Planting a cui parteciparono 110 agenzie locali e federali, secondo Wikipedia la più grande task force di polizia mai messa in campo nella storia degli Stati Uniti. Per piegare le sei contee di smeraldo che avevano legalizzato la marijuana e dove gli sceriffi locali non consentivano l’accesso alle automobili e ai camion del FBI, il governo federale non esitò allora a far bombardare dagli elicotteri le piantagioni di ganja con il paraquat e con la diossina con effetti devastanti che continuano tuttora (nel 2014, trent’anni dopo la CAMP, le Six Emerald Counties avevano un tasso di nascite malformate superiore del 18% alla media federale). Anche per questo all’annuncio che sarebbe stata abolita la Direttiva Cole, a San Fracisco, Denver, Seattle, Los Angeles e in molte altre città vi sono immediatamente cortei e sit-in. Gli americani che quasi tutte le settimane da più di un anno continuano a scendere in piazza contro Trump, oltre ad avere un’invidiabile capacità già dai tempi del Muslim Ban di essere capaci di organizzarsi molto rapidamente, sanno anche bene che la War On Drugs continua ad essere un cavallo di battaglia della destra Usa e che l’attuale inquilino della Casa Bianca sarà anche vero che anche i suoi collaboratori dicono che è un idiota, ma ha comunque a propria disposizione un enorme apparato poliziesco in grado di dare il via in poche settimane a una nuova e più vasta CAMP (oltre a portarsi sempre con sé la valigetta di cuoi con i codici che potrebbero di scatenare una guerra nucleare in qualche decina di minuti. Ma questa è un’altra storia…)
robertino