Sintesi della relazione presentata al Convegno di Carrara (11-12 ottobre 2025) nell’80° della FAI
La strategia della tensione, elaborata a livello internazionale ed attuata dalle istituzioni statali alla fine degli anni ‘60 del secolo scorso, ha tentato di schiacciare il Movimento Anarchico e di ridurne le potenzialità rivoluzionarie. Vogliamo qui trattare quella che fu la reazione della Federazione Anarchica Italiana e di Umanità Nova a questo attacco, ripercorrendo le tappe che portarono il settimanale “Umanità Nova” e la Commissione di corrispondenza della FAI ad assumere un atteggiamento deciso ed intransigente nella denuncia delle responsabilità nell’assassinio del compagno Giuseppe Pinelli e nella difesa dei compagni incarcerati e ingiustamente accusati di quegli attentati. Per questo lavoro abbiamo esaminato testi che offrono spunti di approfondimento sull’argomento ma soprattutto documenti pubblici della Federazione Anarchica e articoli di Umanità Nova. Come noto, la FAI si esprime pubblicamente attraverso le prese di posizione della Commissione di Corrispondenza, che la rappresenta all’esterno, e attraverso le deliberazioni dei Congressi e dei Convegni; Umanità Nova, con la puntualità di un settimanale, ha dedicato direttamente o indirettamente molti articoli agli attentati e alle vicende di quel periodo.
Questa relazione copre un arco temporale che va dal 25 aprile 1969 al 10 aprile 1971.
Partiamo dagli attentati del 25 aprile alla Fiera Campionaria e alla Stazione Centrale di Milano, attentati che costituiscono il primo atto della strategia della tensione. Alcuni compagni sono arrestati ed accusati di essere a vario titolo responsabili degli attentati; fra di loro anche giovani militanti anarchici, alcuni di quali frequentavano la Federazione Anarchica Livornese, altri di Milano e di altre località. La posizione assunta da Umanità Nova è fin da subito di chiara condanna degli attentati, ma anche di presa di distanza dagli arrestati, se si escludono alcuni articoli di solidarietà nei confronti dei coniugi Giovanni Corradini ed Eliane Vincileoni, che era stata la traduttrice di “Stato e Anarchia “di Mikhail Bakunin, pubblicato in quel periodo. Questa posizione iniziale assunta da Umanità Nova sarà mantenuta per alcuni mesi, dovuta soprattutto al fatto che alcuni di questi giovani compagni si sono dichiarati colpevoli.
Il settembre 1969 rappresenta un punto di svolta: i compagni in carcere finalmente, per la prima volta dal giorno del loro arresto, il 27 aprile 1969, riescono dopo ben cinque mesi ad avere un incontro con i loro avvocati e ritrattano la confessione, denunciando che era stata loro estorta con la tortura. Umanità Nova tempestivamente riporta le prese di posizione da parte del Movimento Anarchico di Milano a sostegno dei compagni in carcere. Cominciano pure le iniziative di solidarietà, che il settimanale registra sia con articoli che con comunicati.
Nel frattempo, il 1° e il 2 novembre 1969 si svolge a Carrara il convegno nazionale della FAI. Il resoconto che ne fa Ottorino Tonelli, pubblicato su Umanità Nova, pur riportando il dibattito sull’aggiornamento teorico-strategico della Federazione e per una più incisiva presenza nella società, non registra che siano stati affrontati i temi della repressione che cominciava a colpire il Movimento Anarchico e delle iniziative di solidarietà con i compagni vittime della montatura poliziesca.
Il numero di Umanità Nova del 20 dicembre 1969 è il primo che esce dopo piazza Fontana e gli attentati che passeranno alla storia col nome di Strage di stato; il giornale riporta una dura presa di posizione di Mario Mantovani, incaricato della redazione di Umanità Nova, nei confronti degli attentati e della strage.
Il comunicato che nei giorni immediatamente successivi sarà redatto dalla Commissione di Corrispondenza della Federazione Anarchica Italiana e pubblicato sul numero del 27 dicembre di Umanità Nova è più equilibrato: la responsabilità della strage è attribuita alle destre fasciste, mentre il Movimento Anarchico rivendica la completa estraneità alla strage e il diritto di farsi accusatore dei reali mandanti degli attentati; al tempo stesso viene ricordato il compagno Giuseppe Pinelli (nel numero precedente era uscito un “ultim’ora” per la concomitanza della chiusura del giornale con le prime notizie della morte), assassinato nella notte fra il 15 e il 16 dicembre 1969 nella Questura di Milano, e si reclama “piena luce sul dramma che ha causato la morte del nostro compagno”. Nell’articolo a fianco Mario Mantovani tuttavia esprime una netta presa di distanza da Valpreda e dai militanti del gruppo 22 marzo arrestati per gli attentati del 12 dicembre.
Nei primi numeri del 1970 scompare da Umanità Nova ogni riferimento alla Strage di stato; non solo, scompaiono anche gli aggiornamenti in merito alla campagna di solidarietà nei confronti degli arrestati per gli attentati del 25 aprile 1969, campagna che era appena iniziata nel settembre.
Varie considerazioni possono essere fatte su quella stagione. Sicuramente l’azione repressiva dello Stato, la campagna di stampa contro il movimento anarchico, l’incarcerazione di alcuni compagni e l’assassinio di Giuseppe Pinelli rappresentarono momenti di un’azione volta a cancellare il Movimento Anarchico, o comunque ad indebolirne le potenzialità rivoluzionare in un periodo di crisi delle istituzioni e di ascesa dei movimenti di lotta. Diversi testi si sono occupati della strategia della tensione e dell’impatto che ebbe sul movimento anarchico. Innanzi tutto “Anni senza tregua” di Antonio Cardella e Ludovico Fenech – edizioni Zero in Condotta – che dà una descrizione sostanzialmente apologetica, a mio avviso, dell’azione del movimento anarchico: Gli autori affermano che il Movimento Anarchico risponde subito in maniera compatta alla manovra repressiva – tesi smentita dall’articolo di Mantovani citato sopra e dal silenzio di Umanità Nova nelle settimane immediatamente successive all’inizio dell’attacco dello Stato.
Altri testi, in particolare il libro di Gino Cerrito “Il ruolo dell’organizzazione anarchica”, scritto nel 1973, segnalano come gli attentati provocarono nella Federazione una sorta di chiusura, se non addirittura di sospetto, nei confronti degli ambienti, dei gruppi e delle realtà i cui riferimenti teorici erano più confusi.
Tornando ai fatti documentati, gli attentati del 1969 provocano una crisi anche all’interno di Umanità Nova. La redazione era stata nominata nel congresso di Ancona del 1967, in un clima politico completamente diverso da quello che si determinerà negli anni immediatamente successivi, ed era costituita da Umberto Marzocchi e Mario Mantovani. Il compito della redazione pesava soprattutto sulle spalle di quest’ultimo, perché Umberto Marzocchi poteva dare un contributo solo occasionale e limitato alla gestione diretta della redazione. All’inizio del 1970, in considerazione della gravità della situazione vi è perciò un maggiore coinvolgimento del gruppo Bakunin di Roma a fianco di Mario Mantovani, affiancamento che porterà, a partire dal febbraio del 1970, all’inizio della campagna per la scarcerazione di tutti i compagni in carcere e, successivamente, alla costituzione del Comitato politico giuridico di difesa, promosso proprio dalla redazione di Umanità Nova, una struttura che coinvolgerà le varie componenti del movimento anarchico e gli avvocati difensori in un’azione che si espliciterà sia sul piano politico che su quello giuridico.
Grazie al Comitato politico giuridico di difesa e all’opera di controinformazione, Umanità Nova può ora delineare un quadro più preciso della strategia della tensione, rispetto alla denuncia contenuta nel comunicato della Commissione di Corrispondenza del dicembre. Un quadro che sarà confermato anche dalle successive indagini. Dai primi mesi del 1970 quindi il Comitato settimanalmente segnala su Umanità Nova le iniziative politiche e giuridiche in difesa dei compagni e di denuncia dell’assassinio di Pinelli. In tal modo vengono smantellate mano a mano le accuse e si denunciano le collaborazioni degli inquirenti, delle forze dell’ordine, dei servizi segreti, nonché le responsabilità nella strategia della tensione e nelle bombe di Piazza Fontana.
Per tutto il 1970 queste iniziative sono ostacolate dalle forze dell’ordine, cosa di cui il settimanale dà puntualmente conto. Una conferenza pubblica al Club Turati di Milano si conclude con una dura carica della Polizia; un’iniziativa di solidarietà a Cagliari provoca un ulteriore intervento repressivo, e così via, fino ad arrivare al 12 dicembre del 1970, quando la città di Milano viene posta in stato di assedio. Varie componenti del movimento anarchico cercano di organizzare una manifestazione e subiscono per tutto il giorno le cariche della Polizia che arriva poi in Piazza Duomo ad attaccare il corteo promosso dalle organizzazioni della Resistenza in solidarietà con gli spagnoli condannati dal regime di Franco. Nelle cariche viene ucciso Saverio Saltarelli, colpito da un candelotto lacrimogeno sparato ad altezza d’uomo.
A fronte delle iniziative promosse da Umanità Nova e dal Comitato politico giuridico di difesa, va segnalato tuttavia che la Federazione, fino al congresso del 1971, non si esprime chiaramente, nel suo complesso, sulla scarcerazione dei compagni arrestati.
Nel manifesto che viene redatto dalla Commissione di Corrispondenza in occasione delle prime elezioni regionali del 1970 nelle 15 regioni a statuto ordinario c’è un riferimento agli innocenti gettati in galera, oltre al riferimento all’assassino di Pinelli. Nel comunicato della Commissione di Corrispondenza dopo gli scontri del 12 dicembre ‘70 c’è ancora una volta il riferimento a Pinelli e alla persecuzione nei confronti del Movimento Anarchico, ma non c’è nessun riferimento e tanto meno una richiesta di scarcerazione nei confronti degli anarchici arrestati. Il 10 e 11 ottobre 1970 si svolge un convegno nazionale della FAI a Carrara; le mozioni conclusive di questo convegno fanno riferimento alla recente archiviazione dell’inchiesta per l’assassino del compagno Giuseppe Pinelli, denunciano la montatura poliziesca e giudiziaria, ma non esce nessun documento sulla ingiusta carcerazione dei compagni in carcere per le bombe del 25 aprile e del 12 dicembre.
Due documenti testimoniano il travaglio della Federazione in quegli anni. Innanzitutto la lettera scritta da Mario Barbani a Umberto Marzocchi, che reggono in quegli anni la Commissione di Corrispondenza della FAI. Barbani lamenta sostanzialmente il clima di sospetto nei confronti degli arrestati che si è creato all’interno del Movimento Anarchico e sollecita un maggior impegno per la loro scarcerazione. L’altro documento, del luglio 1972, è la lettera aperta di un gruppo di compagni federati, tra cui Umberto Marzocchi e Mario Mantovani, sul ruolo del Movimento Anarchico nella situazione attuale. La lettera affronta diversi argomenti e fa anche un bilancio di quello che era stato il comportamento della FAI di fronte alla Strage di Stato, rivendicando il corretto agire della Federazione e la difesa degli ideali anarchici, indipendentemente dalla difesa degli accusati.
Quindi, in controtendenza con le posizioni assunte dalla FAI nel Congresso del 1971, con la maturazione di un approccio pienamente solidale per la scarcerazione dei compagni, assistiamo al permanere, sia pur minoritario, di posizioni diverse.
Con gli anni le valutazioni sulla stagione della strage di stato sono divenute patrimonio comune, ma questo documento del 1972 è particolarmente importante, perché ci permette di fare delle considerazioni ancora attuali, sintetizzabili in una domanda: come è possibile difendere i principi anarchici, in cui rientra anche la solidarietà, senza che ciò non si traduca in un’azione pratica di solidarietà verso chi è colpito dalla violenza della repressione e gettato in galera? I principi devono avere la forza di tradursi in azione concreta, la solidarietà è necessariamente una pratica, che deve rivolgersi verso persone e situazioni concrete. Ogni principio, a maggior ragione quello solidaristico, deve trovare la lucida forza di liberarsi da pregiudizio e sospetto, di esplicitarsi con sicurezza e generosità nei confronti delle situazioni di oppressione e di sfruttamento. Qui e in ogni parte del mondo. Allora come ora.
Tiziano Antonelli