Il 4 di Maggio a Napoli. Sulla questione degli sfratti.

Umanità Nova – d’ora in poi UN: È passato da pochi giorni il 4 maggio, che a Napoli è una data simbolica, entrata anche nei modi di dire proverbiali, dato che per molti secoli la normativa sui contratti prevedeva che i fitti scadessero ogni 4 di maggio ed allora, in questo giorno, la città era percorsa da carretti prima, da automobili poi, con a bordo gli averi di chi era stato sfrattato e si spostava in una nuova abitazione. La situazione abitativa era difficile allora, nel corso dell’Ottocento e del Novecento, lo è certo ancora oggi. Tu che da molto tempo sei all’interno e lavori su questa tematica ci puoi dare una visione generale sulla questione abitativa oggi a Napoli?

Salvatore – d’ora in poi S: Hai parlato di questa data simbolica per la città e, infatti, proprio il 4 maggio scorso abbiamo come sapete sfruttato la data per presentare nello spazio di Santa Fede Liberata lo Sportello per il diritto all’Abitare e contro gli Sfratti. Tornando alla tua richiesta, la situazione abitativa a Napoli vede, dopo la fine della sospensione degli sfratti decisa data la situazione pandemica prima dal governo Conte e poi ribadita dal governo Draghi, con la fine dell’emergenza il 31 marzo – ma la cosa era stata già decisa prima – abbiamo 10.000 sfratti esecutivi già in atto, anzi, ora che abbiamo una cifra aggiornata stiamo parlando di 13.000…

UN: 13.000 solo quelli ufficiali e solo nella città di Napoli…

S: Sì, infatti, parliamo solo per la città di Napoli. Inoltre, giustamente specificate solo quelli ufficiali: ce ne sono sicuramente altre migliaia legate ai contratti non registrati: è una situazione che le difficoltà dovute alla situazione pandemica ha enormemente aggravato. Già negli scorsi giorni abbiamo approntato cinque picchetti antisfratto e ve ne voglio raccontare uno particolarmente paradossale. L’Azienda Sanitaria Locale ha sfrattato da una casa di sua proprietà due suoi affittuari con gravi patologie tumorali in corso – ad uno addirittura era stato espiantato un polmone. Insomma chi più di tutti dovrebbe avere cura delle condizioni di vita e di salute della popolazione si rende protagonista di uno sfratto che lascia senza casa malati gravi – oltre al danno anche la beffa. Siamo al momento riusciti, con i picchetti, ad ottenere un qualche rinvio dell’esecuzione degli sfratti.

UN: Voi operavate anche prima della situazione pandemica…

S: Infatti, poi dopo il 31 marzo abbiamo ripreso con maggiore impegno e la logica dei nostri Sportelli per il diritto all’Abitare e contro gli Sfratti hanno allargato il loro campo d’azione. Innanzitutto oltre a quelli storici all’ex Schipa occupata ed allo Sgarrupato si sono aggiunti altri, in particolare quello a Santa Fede Liberata e quello a Villa De Luca. In quest’ultimo in particolare si sta cercando di intercettare anche i più generali bisogni del quartiere, come quelli sanitari. In generale, tutti gli Sportelli se all’inizio si occupavano prevalentemente della questione abitativa, come ben sapete già durante gli anni scorsi della pandemia hanno avviato pratiche di mutualismo e di aiuto verso le persone indigenti che non avevano possibilità di accedere nemmeno ai beni di prima necessità. Oggi gli Sportelli non sono più i classici Sportelli Antisfratto ma sono Sportelli aperti in più direzioni.

UN: Ad esempio?

S: Ad esempio abbiamo notato come la situazione pandemica abbia enormemente aumentato i casi di sofferenza psichica e stiamo cercando di intervenire anche in questo campo.

UN: In effetti le difficoltà economiche dovute alla pandemia non hanno certo aiutato la tranquillità mentale di persone che, oltre al timore della malattia, anche se non perdevano la casa, perdevano il lavoro ed in generale reddito…

S: Esatto, quindi ci si può immaginare la ricaduta in termini di sofferenza psichica se a tutto questo si aggiunge uno sfratto. Per non parlare di chi, soprattutto donne, sono state costrette a rimanere in casa con un compagno violento o, comunque, con una persona con cui i rapporti erano incrinati: una situazione durata molto a lungo e se a questo ed alle difficoltà economiche si aggiunge uno sfratto… Tornando al discorso generale ci stiamo organizzando meglio dal punto di vista legale, non tanto mettendo a disposizione un pool di avvocati, piuttosto dando una prima consulenza per capire, ad esempio, qual è la situazione : qual è la situazione giuridica dello sfratto, se si tratta di un primo accesso, di un secondo accesso, di uno sfratto esecutivo.

UN: Dopo le restrizioni pandemiche avete visto cambiamenti nella situazione, oltre a quelli che hai già evidenziato?

S: Sì. È cambiata proprio la tipologia dello sfrattato. Mentre fino a due anni prima avevi a che fare con una fascia di popolazione che si rivolgeva a te di tipo proletaria e sottoproletaria, oggi abbiamo anche a che fare con la piccola borghesia – un tipo umano non abituato alle mobilitazioni, ai picchetti, alle rivendicazioni tramite la lotta con cui devi usare anche un linguaggio diverso, più tecnico per così dire.

UN: Secondo te perché è avvenuto questo cambiamento?

S: In larga parte si tratta di quei piccoli commercianti, proprietari di piccole attività in genere, che sono stati costretti a chiudere, perdendo reddito e non riuscendo più a pagare i fitti e talvolta nemmeno a soddisfare le necessità primarie. In questa campagna mutualistica ci siamo così trovati anche queste persone insieme alle classiche fasce basse della popolazione ed ai migranti.

UN: Una domanda finale: che contatti avete con le altre città?

S: I nostri contatti più diretti sono con la Rete Precari Metropolitani di Roma ma abbiamo contatti un po’ con tutta Italia. In questi giorni a Milano c’è stata una tre giorni per creare una rete nazionale sul diritto all’abitare con presenze da Milano, appunto, Brescia, Padova, Roma, Firenze, ecc. ed anche città non italiane come Barcellona. Ci si sta ponendo anche a questo livello l’obiettivo di andare oltre la questione dell’antisfratto e di allargarci alla più generale difesa delle città dalla speculazione capitalistica. Parliamo ad esempio della deportazione verso le periferie e le province degli abitanti che un tempo erano dei centri storici, fenomeno che ha anche una ricaduta ancor più negativa man mano che avanza. La richiesta di case in queste zone sta facendo lievitare prezzi che un tempo erano accessibili, per di più in zone spesso senza servizi, quali centri commerciali, servizi sanitari, spazi culturali ecc., per cui si finisce in quartieri dormitorio e/o si è costretti a spendere ulteriori soldi per recarsi nelle zone in cui un tempo si abitava. La cosa è divenuta palese durante le restrizioni dovute alla pandemia in città come Venezia, Firenze ecc. dove i centri storici sono diventati città fantasma. Napoli fortunatamente è stata un’eccezione perché il centro storico è ancora abitato ma ci sono brutti segnali anche qui. Questo nuovo piano per la città della attuale giunta che intende svendere il patrimonio pubblico si sommerà agli sfratti e, già da ora, temo non sia una coincidenza, si vedono aprire numerose agenzie immobiliari che vorranno aggredire tutti gli spazi possibili ed immaginabili, non certo per metterci nuovi abitanti ma soprattutto per trasformarli in bed and breakfast e case vacanze in una città vetrina.

Intervista redazionale

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