I provos, i beatnik e l’anarchia

Franco Schirone ha elaborato in questo “I provos, i beatnik e l’anarchia” (ed. Bruno Alpini con stella*nera ed altri, 2018) alcuni suoi interventi e commenti sui rapporti tra il movimento della contestazione globale e i giovani anarchici apparsi tempo prima sulla Rivista Storica dell’Anarchismo, su Collegamenti Wobbly ed altrove.

Tra la prima e l’ultima di copertina è racchiuso un pacco di pagine con dentro cataste di discorsi di ragionamenti di dischi e di libri vecchi ma sorprendentemente senza polvere addosso: le contestazioni, i primi no detti dove prima non si poteva -per la strada a scuola in caserma-, le manifestazioni non autorizzate e le botte in piazza ai ragazzi colpevoli soltanto di non farsi tagliare i capelli, derisi per un disco strano o un libro fuori linea nella borsa, picchiati a sangue per non voler indossare un’uniforme, per avere addosso una collana di perline o una maglia non abbastanza grigia, l’eco dei gruppi beat con quel loro rock appena nato e acerbo, quelle cosiddette canzoni di protesta che erano invece canzoni di disperazione e insieme anche di speranza, quelle prime poesie che andavano fuori tempo e soprattutto fuori dal pentagramma, a rincorrere i colori, a volare alto incontro ai sogni.

Il racconto di Franco restituisce affetto e solidarietà a quella che al tempo era considerata solo merda sociale, la schiuma, la feccia, gli indesiderati da tutti, gli allontanati con i fogli di via come appestati. Fosse stato per i benpensanti, mica importa se di destra o di centro o di sinistra, li avrebbero chiusi tutti in galera o in manicomio e buttata via la chiave, condannati ai lavori forzati in miniera o giù nelle fogne. Il grosso del libro sono un centinaio di riproduzioni dei ciclostilati dell’epoca, che mescolano improvvisazione e testardaggine e innocenza e spontaneità in una critica gioiosa al sistema: un arcobaleno in bianco e nero, acceso in cielo prima che le fotocopie venissero inventate.

per richieste:
bruno.alpini@libero.it

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