Mi trovo obbligato a rispondere all’articolo di Nicholas Tomeo pubblicato in risposta al mio “Botte da orbi”1. Mi trovo obbligato a rispondere in quanto ciò che emerge dall’articolo di Tomeo è una grossolana distorsione di ciò che affermo nel mio.
Una distorsione che si evidenzia sin dall’inizio quando si afferma che “nell’antispecismo non ci sono botte da orbi perché ci sono personaggi come la Innocenzi, ma semplicemente la Innocenzi non ne fa parte […]dall’articolo, sembra quasi che la Innocenzi in un modo o nell’altro possa essere considerata antispecista”2. In “Botte da orbi” non esiste – ed è bene sottolinearlo – alcun tentativo di far rientrare la giornalista Giulia Innocenzi all’interno del movimento antispecista ed è estremamente difficile comprendere quale elemento porti a pensare il contrario; piuttosto viene tirata in ballo come ennesimo esempio di nemico mediatico dietro cui, spesso, si tende a perder tempo. E di nemici mediatici simili ne cito diversi: da Giuseppe Cruciani, giornalista de “La Zanzara”, che non perde mai occasione per lanciare provocazioni al mondo animalista, a Silvio Berlusconi, impegnato a ricostruirsi una credibilità politica attraverso la strumentalizzazione della “questione animale”. L’affaire Innocenzi, semplicemente, viene posto sotto la lente d’ingrandimento in quanto ha generato un dibattito molto acceso negli ambienti antispecisti, dibattito ostinatamente mai uscito dalle stanze dei social network e che ha vagamente ricordato la maniera in cui si sviluppò uno più antico, nel quale a scontrarsi furono due differenti linee dell’antispecismo italiano ossia quello “debole”, ispirato alle idee del filosofo Leonardo Caffo, e quello “politico”, facente riferimento al filosofo Marco Maurizi. Tutto il mio articolo è incentrato su un tentativo di analisi della litigiosità che ciclicamente occupa il palcoscenico del mondo antispecista e che chiunque può tastare soltanto prendendo parte, anche per breve tempo, a una qualsiasi delle azioni in difesa dei diritti animali.
Più avanti Tomeo afferma: “sembra che il compagno Gatto si dimentichi che l’antispecismo è sempre alla ricerca di interlocutori anti-capitalisti, seppur specisti”3. C’è da fare subito un chiarimento: teoria e prassi, nell’antispecismo, non sono ancora mai andate a braccetto, se non in rarissimi casi. Quindi, se pure è vero che l’antispecismo è, da un punto di vista squisitamente teorico, sempre aperto all’intersezionalità, in quanto ha fortunatamente compreso il terreno comune su cui si ramificano i differenti meccanismi e dispositivi di sottomissione e repressione del vivente, non lo è stato, fino ad ora, da un punto di vista pratico. E per trovare conferma di questo basta osservare la maniera in cui gran parte dell’attivismo si è sviluppata fin qui. Il motivo non risiede in un mancato allineamento teorico all’idea di fondo dell’antispecismo, che vede nell’opposizione ad ogni tipo di discriminazione il punto cardine – a parte rari ma significativi casi in cui è avversata la discriminazione in base alla specie ma non quella in base all’etnia, al sesso, ecc… –, quanto in una persistente impreparazione politica pratica dei movimenti stessi. Ignorare che una tale impreparazione sia in realtà connaturata al primo antispecismo, ossia a quel corpus teorico di provenienza accademica e prevalentemente improntato a una riflessione sovrastrutturale attorno a una morale individualistica, è un esercizio estremamente deleterio, a maggior ragione quando è proprio quell’impianto teorico – con annesse conseguenze pratiche – ad aver prevalso storicamente all’interno dei movimenti.
Quando Tomeo, giustamente, afferma che “l’antispecismo è libertario, vegan, e liberazionista” perde di vista il fatto che ciò che è non necessariamente coincide con ciò che dovrebbe essere. L’antispecismo non è ancora praticamente libertario né liberazionista, a parte rari casi, e questo non perché non sia vero antispecismo – è bene esser sempre coscienti della transitorietà e della migliorabilità di ogni pratica in riferimento ai concetti cui si ispira – bensì perché ancora ricalca fedelmente il modello liberale e moralistico da cui è stato forgiato. Con ciò diventa evidente come la nostra attività, di cui il mio “Botte da orbi” è un misero tentativo, debba soffermarsi e ragionare su quegli aspetti in potenza sviluppabili ma che non sono ancora divenuti atto e che connotano l’attuale antispecismo come sostanzialmente monco. L’odierna impostazione prevalentemente morale necessita di un superamento in quanto incarna un forte ostacolo al progresso teorico e pratico dell’antispecismo e di cui le liti e le “botte da orbi” di cui parlo nel mio articolo sono un chiaro sintomo. Perciò, quando affermo che “è necessario che l’antispecismo esca al più presto da sé stesso, che rompa il guscio di pietra che si è costruito attorno e si snaturi (senza ovviamente negare la propria impostazione etica e le istanze che porta avanti) per amalgamarsi e sciogliersi in quella trasversalità delle lotte”4 non dico altro che questo, ossia che l’impostazione ossessivamente morale fin qui sviluppatasi si ritorce spesso all’interno decretando un immobilismo politico che altro non è che una garanzia affinchè continui il dominio pressochè incontrastato di una lotta soltanto superficialmente sovrastrutturale.
Non è quindi del tutto vero quello che Tomeo dice in chiusura del suo articolo: “Dunque, concludendo, bisogna ribadire che semmai l’antispecismo non ancora prende piede in altri contesti antagonisti, non è perché questa corrente non si sia aperta, anzi, aspettiamo tutti e tutte a braccia aperte, ci mancherebbe, ma perché in altri gruppi anti-capitalisti molti e molte fanno difficoltà ad accettare la loro posizione di dominio, rimanendo così attaccati alle loro abitudini gerarchiche.”. Se da un lato è condivisibile il fatto che alla liberazione animale non è stato ancora, erroneamente, riconosciuto uno status dignitoso di lotta – Steven Best, nel suo “Liberazione totale”, analizza questo aspetto e denomina quella larga fetta di antagonismo non ancora apertosi all’antispecismo come “paleosinistra”5 -, dall’altro è errato e deleterio addossare le responsabilità di questo mancato riconoscimento esclusivamente al resto del mondo antagonista. Come in “Botte da orbi” affermo che “la radicalità di un movimento sta anche nella sua capacità di leggere lucidamente la realtà evitando di inciampare in falsi problemi”6 qui dico, invece, che la sua maturità passa necessariamente per uno spirito di autocritica ben sviluppato. È importante, quindi, ribadire come la mancata impostazione politica della battaglia in difesa dell’Animale sia il muro che rende spesso inavvicinabile la lotta antispecista. Tentativi teorici quali l’ecovegfemminismo, il vegananarchismo, l’antispecismo queer – che, tra l’altro, seguo con estremo interesse e ritengo potenzialmente efficace in un’ottica pratica, soprattutto nel filone analitico, portato avanti da Marco Reggio e Massimo Filippi, che sviluppa il pensiero di Butler in relazione all’antispecismo7 -, che Tomeo porta come esempi sono, appunto, tentativi teorici, nulla più. Il passo decisivo è la traduzione pratica di queste istanze e può passare soltanto da uno scontrarsi quotidiano con l’ancora giovane, e spesso infantile, mondo antispecista. Concludo, quindi, con le stesse parole con cui concludo “Botte da orbi”: “Un lavoro teorico non in grado di trovare validità nella pratica o non concepito per essere tradotto lontano dalle pagine dei libri, pure se portato avanti con dedizione e cognizione di causa, pure se arricchito di fonti autorevoli e nobili intenti, è destinato a evaporare.”89
Danilo Gatto
Dibattito Antispecismo
1 Cfr. http://www.umanitanova.org/2017/05/14/botte-da-orbi/
2 Cfr. http://www.umanitanova.org/2017/06/11/dibattito-antispecismo/
3 Ibidem
4 Cfr. http://www.umanitanova.org/2017/05/14/botte-da-orbi/
5 Cfr. Steven Best, Liberazione totale, Ortica editrice, Aprilia, 2017, p.159
6 Ibidem
7 Cfr. Massimo Filippi, L’invenzione della specie, Ombre corte, Verona, 2016 e anche Massimo Filippi e Marco Reggio, Corpi che non contano. Judith Butler e gli animali, Mimesis Edizioni, Milano, 2015.
8 Cfr. http://www.umanitanova.org/2017/05/14/botte-da-orbi/