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Con la popolazione del Rojava

Con la popolazione del Rojava

Dal 9 ottobre lo Stato turco ha dato inizio all’invasione del Rojava ed intrapreso una nuova guerra contro la Federazione della Siria del Nord con bombardamenti indiscriminati e con l’attacco di forze di terra. Per il governo turco è necessario annientare un pericoloso esempio di resistenza e di sperimentazione di libertà nella regione, basato su comunità che hanno deciso di abbracciare una rivoluzione confederale, femminista ed ecologista dirompente.

Questo è il vero motivo dell’attacco. Anche se, come inizialmente dichiarato dalle autorità turche, l’operazione “Sorgente di Pace” si limitasse a “mettere in sicurezza” un’area profonda 30 km lungo tutto il confine, la guerra sarà devastante. Proprio in questa fascia di territorio infatti sorgono numerose città e centri che hanno un ruolo importante nella sperimentazione sociale in atto nella regione. In questa zona sorge anche Kobanê, che fu liberata dall’assedio dello stato islamico e dell’esercito turco nel gennaio 2015 grazie alla resistenza della popolazione, delle milizie YPG e YPJ ed alla solidarietà internazionale.

Una nuova guerra di espansione serve a Erdoğan, il presidente turco, per mantenere un consenso che mostra le prime vistose crepe. Come due anni fa durante l’invasione di Afrin, anche oggi tutti i partiti parlamentari tranne l’HDP si schierano a sostegno dell’esercito turco e della nuova campagna militare. Questo permette a Erdoğan ed al blocco di potere dell’AKP di ottenere anche il sostegno del principale partito di opposizione, il CHP. Arruolare nella guerra le opposizioni è molto utile dopo che il partito di governo continua a perdere consensi, in una fase in cui la grave crisi economica che attraversa il paese rischia di estendere il malcontento e trasformarlo in opposizione sociale.

Lo Stato turco scatena la guerra con ogni mezzo, dai bombardamenti sulla popolazione civile che già hanno provocato centinaia di morti e feriti, migliaia di profughi, distruzione e sofferenza, fino alla riattivazione militare dello Stato Islamico. Nei prossimi giorni cominceranno i massacri ad opera delle truppe di terra turche sostenute da 14.000 mercenari assoldati anche tra i miliziani dello Stato Islamico sconfitti. Questo significa pulizia etnica e deportazioni nei territori che proprio le milizie del Rojava avevano liberato dal califfato.

La popolazione è in serio pericolo e le forme di autoorganizzazione sociale che sono state sperimentate in questi anni rischiano di essere cancellate. I massacri, gli stupri, la pulizia etnica e la sostituzione della popolazione, l’esodo di massa che hanno segnato tragicamente l’invasione turca di Afrin potrebbero ripetersi nel resto del Rojava. Quando lo stato turco minacciò di invadere il Rojava al tempo dell’assedio di Kobanê, 5 anni fa, era stato fermato dalla resistenza locale e dalla grande mobilitazione internazionale di solidarietà. Oggi, di fronte a questo più grave attacco, è necessario reagire nuovamente, per fermare la guerra.

Solo un forte movimento di solidarietà internazionale può sostenere la resistenza, può fermare l’offensiva dello stato turco e fermare la guerra tramite mobilitazioni popolari dal basso che rilancino una critica antimilitarista ed antiautoritaria delle gravi responsabilità delle potenze globali e regionali che hanno usato la Siria come un campo di battaglia per i loro interessi imperiali dagli Stati Uniti di Trump alla Russia di Putin, dal regime autoritario di Assad all’ipocrisia dell’Unione Europea. In particolare è da smascherare il ruolo dello stato italiano che nonostante le dichiarazioni del governo di questi giorni sostiene apertamente la politica militare di Ankara. L’Italia e la Turchia sono entrambe nella NATO e solo nel 2018 l’Italia ha venduto armi alla Turchia per un valore complessivo di 362,3 milioni di euro. L’Italia mantiene inoltre una missione militare a supporto dell’esercito turco, proprio al confine tra Siria e Turchia con circa 130 soldati e una batteria antimissile.

Per questi motivi saremo in piazza in questi giorni e invitiamo tutti e tutte a mobilitarsi a fianco di chi lotta e resiste all’attacco dell’esercito turco e delle milizie dello Stato Islamico. ai bombardamenti, agli incendi, alle torture.

Solidarietà alla resistenza in Rojava, solidarietà a coloro che hanno combattuto e combattono il fanatismo religioso e tutte le forme di autoritarismo!‬‬‬‬‬ Sempre con chi lotta per la libertà e l’uguaglianza, contro tutti gli stati!

Commissione Relazioni Internazionali FAI

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Ogni stato che combatte il popolo sarà sconfitto!

Lo stato Turco dà inizio ad una nuova guerra con le sue vecchie politiche piene di ostilità, i suoi carri armati, i cannoni, i caccia ed i suoi guerrafondai.

Nel paese in cui viviamo, il parlamento che non ha quasi mai funzionato dopo i cambiamenti che hanno condotto al “Sistema di governo presidenziale” si è immediatamente espresso per la guerra. Le mani in parlamento si sono sollevate per dire sì alla guerra. Coloro che dichiararono: “Erdogan conduce 80 milioni di persone al disastro” in ogni occasione, questa volta non hanno esitato a sostenere la guerra.

Non sono passati nemmeno 10 anni dall’inizio della guerra, dove molti stati col tempo hanno ottenuto una loro collocazione in Siria; lo stato turco, come molti altri stati, continua ad agire come se non avesse avuto alcun ruolo nell’avvio e nella diffusione di questa guerra.

Con la nuova missione, lo Stato turco ha deciso di andare oltre i suoi confini, con la scusa di “proteggere la propria integrità territoriale”. I capi di stato non si vergognano di parlare di pace, né di definire la guerra che conducono per i propri interessi, come missione di pace. Nell’operazione di guerra chiamata “Peace Fountain” (fonte di pace), sono stati messi in atto in particolar modo attacchi aerei indiscriminati. Tutto ciò ha iniziato a verificarsi sotto gli occhi degli stati e dell’opinione pubblica che apparentemente stanno “condannando” lo Stato turco.

Mentre gli Stati Uniti ritirano le loro truppe, dichiarando che la guerra senza fine “per loro è finita” aggiungono che lo Stato turco deve accettare di aver a che fare con la marmaglia dell’ISIS tra i quali ci sono molti europei, che l’Europa non accetta di riprendersi.

Lo stato che ha osservato e spianato la via ai massacri dei nostri compagni, fratelli e amici nella terra in cui viviamo, ora si impegna di fatto a tutelare l’ISIS. Cominciata un giorno prima dell’anniversario di uno dei più grandi massacri avvenuti in queste terre, il massacro del 10 ottobre che ha ucciso più di 100 persone che manifestavano per la pace, questa guerra anticipa nuovi massacri.

I media controllati dallo stato stanno sostenendo questa politica di guerra. Non molto tempo fa, i media che utilizzavano una retorica anti-immigrazione, chiedendosi dei siriani “cosa stanno facendo nella terra in cui viviamo”, non si chiedono mai che cosa vogliono invece i soldati dello stato turco nella terra abitata dai siriani. I media il cui compito dovrebbe essere quello di “informare dei fatti il pubblico”, continuano a sostenere le guerra ed ignorano i massacri. I media, che non possono fare “informazione” che non sia quella di legittimare la politica di guerra dello stato turco, continuano con le loro bugie e con la loro enfasi retorica.

Tutte le guerre condotte dai poteri per i propri interessi sono dei massacri. Ogni guerra promossa da politiche nazionaliste e militariste è un massacro. Ogni proiettile, ogni bomba contro i popoli oppressi, ha come obiettivo la libertà. Ogni guerra che ha come obiettivo quello di distruggere la libertà è condannata alla sconfitta. Non potranno né vincere questa guerra né giustificare i loro massacri. Ogni stato che combatte il popolo sarà sconfitto!

Revolutionary Anarchist Action – Turchia

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