Come si distrugge una comunità

Dopo 28 anni il kampo Rom della Favorita non esiste più. Magistratura e Comune di Palermo hanno deciso di disperdere quello che rimane della comunità Rom presente, in perfetta sintonia con quanto succede a livello nazionale nei confronti degli insediamenti dei cittadini di etnia Rom.

Un’attenta analisi ci dice però che lo smantellamento avviene perché su quell’area, da qualche anno, ci potrebbero essere degli interessi inerenti la riqualificazione del Parco della Favorita. Ricordiamo che i Rom furono trasferiti alla Favorita diversi decenni fa su disposizione del comune di Palermo poiché allo Zen 2 dove erano allocati scoppiarono disordini e conflittualità con i residenti.

Negli anni 2000 il kampo ha visto la presenza di diverse migliaia di persone, più di 3000, nessuno allora tra magistratura e Comune proponeva di smantellarlo, gli “zingari” potevano starci, anche se emarginati, senza essere un problema per nessuno.

All’epoca il Forum Sociale Siciliano di Palermo, una delle più interessanti esperienze politiche della città, propose all’amministrazione comunale una diversa sistemazione dell’insediamento dei Rom, tramite la ristrutturazione dell’area con la creazione al suo interno di un villaggio abitabile.

Tutto questo non avvenne, al Comune la cosa non interessava.

Se all’epoca una tale proposta poteva sembrare irrealizzabile, dato il numero dei Rom, perché non aver pensato di riqualificare l’area oggi, visto che il numero dei Rom presenti si e ridotto in maniera esponenziale?

L’istituzione cittadina non ha mai voluto realmente affrontare e risolvere la questione, ha solamente beneficiato del lavoro meritorio svolto in tutti questi anni dall’unità sanitaria locale, dalle maestre della scuola Alcide De Gasperi, che hanno contribuito all’alfabetizzazione e scolarizzazione dei bambini Rom presenti nel kampo, dai diversi volontari che in questi anni hanno contribuito a creare i presupposti per una vita decente all’interno del kampo stesso.

Non c’è stato nessuno sgombero “accettato” ma solamente una pesante blindatura che ha impedito alla stampa e ai solidali di avvicinarsi al campo per poter testimoniare quello che stava accadendo, così come non è stato pianificato nessun intervento di condivisione e inclusione con i residenti della zona di Ciaculli, dove è stata trasferita una famiglia all’interno di una casa confiscata dalla mafia, una casa che di fatto è in stato di precarie condizioni, alquanto fatiscenti; gli altri nuclei familiari sono stati allocati in alberghi e strutture religiose, dove non possono nemmeno cucinare i loro pasti.

Tutto questo ci mostra come le istituzioni trattano i propri cittadini. Ancora una volta Palermo non è per tutti la città dei Porti aperti e dell’accoglienza, invece è una città feroce, dove la povertà, la precarietà, l’assenza dei diritti al lavoro e all’abitare creano un solco sempre piu profondo tra i cittadini.

Assemblea Anarchica Palermitana

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