Il numero di proletari barbaramente trucidati dal fascismo nella sua resistibile ascesa verso il potere è enorme. Vite troncate di esseri umani in carne e ossa, ciascuno con i suoi progetti di vita e le sue speranze di cambiamento, ciascuno meritevole di essere ricordato. Ogni tanto qualche meritoria ricerca permette di sottrarre all’oblio qualcuno di loro. Dopo il saggio di Marco Rossi sull’omicidio di Teresa Galli, la prima donna uccisa dal neonato movimento fascista,[1] ora riemerge la figura di un altro “sovversivo”, Francesco Pessina, assassinato a Chiaravalle Milanese dai fascisti nella notte del 30 aprile 1922. Nei rapporti di polizia post-mortem viene indicato come socialcomunista o comunista e anche Umanità Nova dell’epoca lo definisce comunista.
Rogoredo è all’epoca una frazione industriale del comune agricolo di Chiaravalle Milanese: intorno allo scalo ferroviario fioriscono numerose aziende, la più importante delle quali è la Ferriera Redaelli. Questa massiccia presenza operaia fa di Chiaravalle una roccaforte proletaria che, ancora in pieno 1922, resiste al dilagare della violenza squadrista. Il Primo Maggio è a quei tempi giornata lavorativa e, come ogni anno, viene proclamato uno sciopero per celebrarlo. I fascisti intervengono per stroncarne i preparativi e, in uno scontro, il muratore Francesco Pessina viene ucciso. Il suo nome si perde nell’elenco infinito delle vittime dello squadrismo, le autorità cercheranno di impedire gli stessi funerali e di lì a poco la dittatura tenterà di stendere una pietra tombale sul ricordo di questo e di tanti altri crimini (solo quel Primo Maggio vengono assassinate dai fascisti almeno dodici persone in tutta Italia).
Della vita di Francesco Pessina si sa ben poco. Solo le lunghe ricerche di Tiziana Oppizzi (pronipote di Francesco) e di Claudio Piccoli, scavando negli archivi, riunendo articoli di stampa e frammenti di ricordi tramandati di generazione in generazione consentono di tratteggiarne sommariamente la figura.
Francesco nasce a Chiaravalle Milanese il 25 marzo 1888, ultimo di quattro fratelli; di professione è, come abbiamo detto, muratore, fa parte della locale banda musicale ed è attivo nel movimento cooperativistico. Nel 1908 il cognome viene rettificato in “Pessini” con sentenza del Tribunale di Milano ma, nella memoria collettiva, è rimasto col cognome “Pessina”. Inizialmente riformato, nel 1916 viene chiamato alle armi da un esercito sempre più assetato di “carne da macello”. Il 16 luglio 1917 si trova in forza alla Brigata “Catanzaro” di stanza a Santa Maria La Longa (Udine). I soldati si ribellano alla prospettiva di tornare al massacro in trincea e la repressione è spietata: sedici militari trovati con le armi in pugno vengono immediatamente fucilati, il reparto che si era ribellato viene successivamente sottoposto alla decimazione: altre dodici vittime. Dalle carte non risulta che Francesco abbia preso parte alla rivolta ma, certo, sono esperienze che non si dimenticano. Del dopoguerra non si sa quasi nulla: secondo alcuni ricordi tramandati in famiglia avrebbe fatto parte degli Arditi del Popolo (sono tre arditi a portare ai congiunti la notizia dell’assassinio).
All’approssimarsi del 1° Maggio 1922 i fascisti di Chiaravalle, guidati da Angelo Albertario, moltiplicano le provocazioni. Si ha notizia di minacce, agguati e somministrazioni di olio di ricino. Verso le 23,30 del 30 aprile Francesco Pessina viene accoltellato nei pressi della Casa del Popolo e, malamente curato all’Ospedale Maggiore di Milano, muore per dissanguamento nel corso della notte. Secondo un modello collaudato le fonti poliziesche cercano di scaricare ogni responsabilità sui sovversivi che, in gran numero, avrebbero aggredito due fascisti inermi e isolati.
Come ricorda Luigi Fabbri: “Se il pubblico ha più ricordo delle vittime fasciste che di quelle operaie, malgrado il maggior numero di queste, ciò si deve alla manovra giornalistica, per cui per ogni morto di parte fascista dà motivo a proteste infinite, a processi ed arresti di sovversivi, e tutto il chiasso di cui il giornalismo è capace. Quando invece le vittime sono tra gli operai o tra i rivoluzionari, allora (a meno che non si tratti di personaggi ufficiali, deputati ecc.) i giornali vi accennano poche righe di cronaca tacendo più che possono e talvolta cercando di dissimulare le responsabilità fasciste con l’attribuire il fatto a disgrazia, ad incidenti fortuiti, ad ignoti oppure… alle vittime stesse!”[2] Infatti: il “Corriere della Sera” non solo riprende in pieno la versione della Questura e dei fascisti ma ribalta la verità fino al punto di scrivere che la vittima sarebbe stato un fascista !
Il quadro che emerge dalla stampa rivoluzionaria e dalla ricerca di uno storico locale è ben più credibile: l’ennesima spedizione punitiva compiuta con rivoltelle in pugno per terrorizzare gli operai pronti allo sciopero.[3] Il prefetto Lusignoli proibisce “il funerale a scopo di speculazione politica”, ma, nonostante ciò, il 3 maggio seimila persone (tremila secondo i carabinieri) partecipano alle esequie con bandiere, due bande musicali, una compagnia degli Arditi del Popolo e i rappresentanti delle forze politiche sovversive. Al ritorno dal cimitero i partecipanti cercano di raggiungere in corteo il centro di Chiaravalle ma i carabinieri presenti in forze obbligano gli intervenuti a disperdersi.
Di lì a poco la marcia su Roma porta Mussolini al governo e anche Rogoredo viene “normalizzata” e le organizzazioni antinazionali via via disciolte. Nel 1923 anche i locali della cooperativa di Chiaravalle vengono occupati dal gruppo rionale fascista “Carlo Delcroix”. La memoria però non si spegnerà e, dopo la Liberazione, verranno dedicate all’assassinato una cellula del PCI, la Casa del Popolo e, successivamente, il circolo ARCI di Chiaravalle.
Ora questo opuscolo, completato da interventi di Marco Rossi (“Note sul Fascismo Milanese”) e di Giovanni Artero (“Chiaravalle nel Primo Novecento”), permette di ricostruire i tratti essenziali della vita e della morte di questo “proletario combattivo”.
Mauro De Agostini
A cura di Tiziana Oppizzi e Claudio Piccoli, Semi di Resistenza. Francesco Pessina (1888-1922). La Breve Vita di un Proletario Combattivo, Milano, Colibrì, 2022, 48 pagg., 8,00 euro.
NOTE
[1] ROSSI, Marco, “Morire non si Può in Aprile. L’Assassinio di Teresa Galli e l’Assalto Fascista all’Avanti!, Milano 15 aprile 1919”, nuova edizione rivista e ampliata Milano, Zero in Condotta, 2022.
[2] FABBRI, Luigi. La Controrivoluzione Preventiva”, Bologna, Cappelli, 1922 (ora edizioni Zero in Condotta, 2009).
[3] Surreale il voltafaccia dell’Avanti! che, probabilmente alla ricerca di una impossibile “pacificazione”, in una successiva corrispondenza ribalterà la propria versione cercando di derubricare la tragedia a una lite per futili motivi.