Tra intercettazioni, trivelle, cabine di regia, gruppi di pressione, accordi sotto banco, diventa sempre più difficile seguire le vicende italiane. Senza voler approfondire le singole questioni si potrebbe in breve concludere che, in fondo, tutte sono conseguenza della delega incontrollata che permette a chi esercita il potere di decidere in favore di chi, senza preoccuparsi di apporre la fatidica X sulla scheda elettorale, riesce ad “ispirare” le scelte della politica con la “forza della moneta”.
Dall’intreccio di convenienze che ne deriva è quindi normale che i vantaggi si concentrino sui pochi che in un sol colpo incrementano le proprie ricchezze e mantengono il potere, gli svantaggi, invece, ricadono su tutti gli altri in maniera tanto più grave quanto più debole è la loro posizione sociale.
Qualcuno potrebbe osservare che si faccia della semplice propaganda ai confini del qualunquismo ma, dato che così non è, proviamo ad immergerci in una tematica che, pur partendo da spunti di attualità possa offrire qualche riflessione generale.
Qualche giorno fa mi sono imbattuto nelle slides proiettate dal presidente del consiglio nel corso della cosiddetta cabina di regia su Bagnoli. Sarò un diffidente per natura, ma quando sulle immagini che virtualmente paragonano “Bagnoli com’era” a “Bagnoli come sarà”, ho letto termini come waterfront, green data center, smart grid, high tech, miglio azzurro, abbinati all’annuncio della costruzione di un pontile di vetro, della funivia Posillipo-Nisida ed un porto turistico, ho avuto la chiara sensazione di trovarmi di fronte al classico “spottone renziano”.
Certamente nella preparazione dell’evento avrà influito la necessità di dare una spinta alla candidata sindaca del PD come pure quella di rilanciare l’immagine di un governo che passa (spiacevoli, brutti?) momenti, ma trattandosi di Bagnoli, un sito d’interesse nazionale da 23 anni in attesa di bonifica, per cui sono già stati spesi 300 milioni di euro, che ha visto fallire la società “Bagnoli futura”, fino a pochi mesi fa responsabile dell’area, ora sotto sequestro da parte della magistratura, …. il tutto mi è parso eccessivamente “sfavillante” anche considerando lo spregiudicato ottimismo che contraddistingue il capo del governo.
La “leggerezza” con cui è stato affrontato il problema mi ha sollecitato a rimettere a fuoco la questione dei siti d’interesse nazionale (SIN), così sono stati definiti quei luoghi della penisola caratterizzati da fenomeni d’inquinamento ambientale, così pesanti da richiedere interventi di bonifica regolati da specifica legislazione.
I siti d’interesse nazionale, ai fini della bonifica, sono individuabili in relazione alle caratteristiche del sito, alle quantità e pericolosità degli inquinanti presenti, al rilievo dell’impatto sull’ambiente circostante in termini di rischio sanitario ed ecologico, nonché di pregiudizio per i beni culturali ed ambientali. (Art. 252, comma 1 del D.Lgs. 152/06)
Dal punto di vista legislativo ricordiamo che con la legge 8 luglio 1986, n. 349 venne istituito il Ministero dell’ambiente e definite le norme in materia di danno ambientale in particolare:
l’Art. 7.. Gli ambiti territoriali e gli eventuali tratti marittimi prospicienti caratterizzati da gravi alterazioni degli equilibri ambientali nei corpi idrici, nell’atmosfera o nel suolo, e che comportano rischio per l’ambiente e la popolazione, sono dichiarati aree ad elevato rischio di crisi ambientale…
Dieci anni dopo è arrivato il Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 ”Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio. In particolare l’Art.17 (Bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati) stabilisce che il Ministero dell’ambiente definisce:
comma1- a) i limiti di accettabilità’ della contaminazione dei suoli, delle acque superficiali e delle acque sotterranee in relazione alla specifica destinazione d’uso dei siti; b) le procedure di riferimento per il prelievo e l’analisi dei campioni; c) i criteri generali per la messa in sicurezza, la bonifica ed il ripristino ambientale dei siti inquinati, nonché’ per la redazione dei progetti di bonifica.
Comma 2- Chiunque cagiona, anche in maniera accidentale, il superamento dei limiti di cui al comma 1, lettera a), ovvero determina un pericolo concreto ed attuale di superamento dei limiti medesimi, e’ tenuto a procedere a proprie spese agli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale delle aree inquinate e degli impianti dai quali deriva il pericolo d’inquinamento.
Comma 9 - Qualora i responsabili non provvedano ovvero non siano individuabili, gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale sono realizzati d’ufficio dal Comune territorialmente competente e ove questo non provveda dalla Regione, che si avvale anche di altri enti pubblici.
Di siti d’interesse nazionale si parla poi, espressamente, nella Legge 9 dicembre 1998, n. 426 ”Nuovi interventi in campo ambientale”. E’ a partire da questa data che viene compilato il primo elenco poi integrato in base ai risultati del Tavolo di consultazione ANPA-Regioni-ARPA/APPA che, nel 2001, ha approvato i modelli e i relativi contenuti informativi per strutturare l’Anagrafe dei siti da bonificare.
Con il Decreto legislativo n.152 del 3 aprile 2006 art 252 comma 2 si specificano i criteri per la definizione dei SIN:
All’individuazione dei siti d’interesse nazionale si provvede con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, d’intesa con le regioni interessate, secondo i seguenti principi e criteri direttivi: a) gli interventi di bonifica devono riguardare aree e territori, compresi i corpi idrici, di particolare pregio ambientale; b) la bonifica deve riguardare aree e territori tutelati ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42; c) il rischio sanitario ed ambientale che deriva dal rilevato superamento delle concentrazioni soglia di rischio deve risultare particolarmente elevato in ragione della densità della popolazione o dell’estensione dell’area interessata; d) l’impatto socio economico causato dall’inquinamento dell’area deve essere rilevante; e) la contaminazione deve costituire un rischio per i beni d’interesse storico e culturale di rilevanza nazionale; f) gli interventi da attuare devono riguardare siti compresi nel territorio di più regioni. (f-bis) l’insistenza, attualmente o in passato, di attività di raffinerie, di impianti chimici integrati o di acciaierie). (2-bis). Sono in ogni caso individuati quali siti di interesse nazionale, ai fini della bonifica, i siti interessati da attività produttive ed estrattive di amianto.
Al 31/12/ 2012 risultavano perimetrati 59 siti d’interesse nazionale ma dal gennaio 2013 sono diventati 39 (vedi tabella), purtroppo non si tratta del risultato di una ben riuscita opera di bonifica ma dell’entrata in vigore della Legge 7 agosto 2012, n. 134 che ha determinato una riclassificazione dei siti che, non rispondendo più ai requisiti di cui sopra, sono stati scaricati sulle “spalle” delle regioni di appartenenza.
I valori di concentrazione degli inquinanti fanno riferimento ai limiti accettabili nel suolo e nel sottosuolo differenziati secondo la destinazione d’uso secondo nelle categorie: verde pubblico, verde privato, residenziale, industriale e commerciale.
Sono 94 le sostanze riportate in tabella suddivise in: composti inorganici, aromatici policiclici, alifatici clorurati cancerogeni, alifatici clorurati non cancerogeni, alifatici alogenati cancerogeni, nitrobenzeni, clorobenzeni, fenoli non clorurati, fenoli clorurati, ammine aromatiche, fitofarmaci, diossine e furani, idrocarburi, altre sostanze come l’amianto (fibre libere). Non sono le uniche presenti nei siti ma costituiscono il campionario delle peggiori schifezze prodotte dall’industria petrol-chimica, infatti, sulla base delle attività pregresse delle varie aziende, l’autorità competente seleziona, tra le sostanze indicate in tabella, “sostanze indicatrici” che permettano di definire in maniera esaustiva l’estensione, il tipo d’inquinamento e il rischio per la salute pubblica e l’ambiente. Nelle fasi di campionamento e analisi la lista delle sostanze da testare potrà essere modificata ed estesa, in ogni caso le analisi dovranno comprendere le sostanze possibilmente presenti che presentano maggiore tossicità, persistenza e mobilità ambientale.
Analoga tabella si riferisce agli inquinanti delle acque sotterranee, mentre per le acque superficiali la concentrazione della sostanza andrà accertata attraverso campionamenti delle acque effettuati a monte e valle del sito contaminato.
L’iter dalla registrazione nell’anagrafe dei siti contaminati al progetto di bonifica prevede vari passaggi tecnico burocratici: l’approvazione del piano di caratterizzazione, l’attuazione del piano di caratterizzazione, la definizione di misure preventive, l’attivazione di misure preventive, la presentazione e l’approvazione del piano di bonifica.
La caratterizzazione ambientale di un sito è identificabile con l’insieme delle attività che permettono di ricostruire i fenomeni di contaminazione a carico delle matrici ambientali, in modo da ottenere informazioni di base su cui prendere decisioni realizzabili e sostenibili per la messa in sicurezza e/o bonifica del sito. (Allegato 2 al Titolo V, Parte Quarta del D.Lgs. 152/06.)
Considerando le sole “aree di terra”, le superfici perimetrate sono complessivamente pari a circa 160.000 ha, a queste si deve aggiungere la superficie delle aree a mare, per un’estensione pari a circa 130.000 ha, (come termine di paragone considerare che un ha, ettaro, corrisponde alla superficie di un campo di calcio).
Da tutto ciò si è generata una lunghissima serie di conferenze dei servizi finalizzate alle attività di risanamento dei vecchi 57 SIN (a marzo 2013 secondo i dati del Ministero si erano tenute 1507 conferenze dei servizi, di cui 804 istruttorie e 703 decisorie, in cui sono stati valutati 22.880 documenti presentati dai soggetti coinvolte nelle opere di bonifica). Anche se l’accuratezza delle analisi tecniche è fondamentale per procedere con i più adatti interventi di risanamento, di fatto la gestione di quantitativi importanti di campionamenti e analisi di acque di falda, terreni, rifiuti e sedimenti, ha determinato certamente le fortune di alcuni operatori del settore ma ha pure generato una mole di informazioni elefantiaca, che alla fine non si è concretizzata in progettazione degli interventi ed esecuzioni dei lavori.
Credo, con quanto riportato sopra, di aver dato esempio di come le procedure legislative e burocratiche si siano sviluppate nel corso del tempo, questo ha contribuito ad appesantire e rallentare le operazioni di bonifica favorendo, nello stesso tempo, i responsabili che hanno diluito il più possibile gli investimenti necessari a sanare i danni ambientali. Oggi ha gioco facile chi, semplificando in nome dell’efficienza, propone le soluzioni a colpi di slides.
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MarTa
Fonti: Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, Dossier di Legambiente - Le bonifiche in Italia: Chimera o Realtà