Antimilitaristә per le strade di Torino

Svariate centinaia di antimilitaristә hanno partecipato al corteo indetto dall’Assemblea Antimilitarista per il 20 novembre. La manifestazione, partita da Porta Palazzo, ha percorso le strade del centro sino a Porta Nuova.Il restyling d’immagine delle forze armate e del sistema militare/industriale italiano si infrangono di fronte alla crescita di un movimento di opposizione alla guerra ed al militarismo che si sta rinforzando anno dopo anno.

La prossima apertura a Torino dell’ottava edizione della mostra mercato dell’industria bellica aerospaziale è il motivo forte intorno al quale si è sviluppato un percorso di lotta ben più ampio, che si è concretato nella partecipazione attiva al corteo di delegazioni di compagnә provenienti da molte località italiane, dove sono nate assemblee e coordinamenti di lotta.

C’erano i No Muos, i No Tav, i No F35, il Coordinamento contro le missioni militari all’estero di Livorno, l’Assemblea antimilitarista di Reggio Emilia, attivistә dalle lotte contro la base di Aviano e la militarizzazione delle frontiere. Ma non solo. Alla manifestazione c’erano spezzoni della Cub, di Alternativa Libertaria, dell’USI, di Rifondazione Comunista, di Sinistra Anticapitalista, della rete Freek Pride, del Barocchio e del Mezcal Squat con il camioncino dei “mercanti d’armi”, i compagnә della Federazione Anarchica da svariate città della penisola. Lә ballerinә e percussionistә della Murga hanno dato slancio comunicativo al corteo con suoni, danze e slogan.

A Porta Palazzo dove la gente ha ascoltato con attenzione e partecipazione attiva si è parlato di militarizzazione delle periferie, guerra allә poverә, lotta ai CPR, gentrification di un quartiere dove la presenza militare è costante.

Alla partenza e lungo il percorso si sono susseguiti interventi sull’Aerospace and Defence Meetings, sulla lotta contro le antenne assassine di Niscemi e la base di Sigonella, sull’occupazione militare a Chiomonte e San Didero in difesa di una linea ad alta velocità destinata a divenire anche corridoio militare.

A Porta Susa è stato deposto un mazzo di fiori alla lapide che ricorda lә martiri della Camera del lavoro, massacrati dalle squadracce fasciste di Brandimarte. Un’occasione per ricordare la lunga e durissima lotta della classe operaia torinese contro la guerra ed il militarismo a partire dal 1917, in piena guerra mondiale, quando uno sciopero generale con barricate e scontri durissimi paralizzò la città contro la fame e la guerra. Le lotte di ieri sono un filo che continuiamo ad intrecciare con quelle di oggi, nella consapevolezza che la trasformazione dei rapporti sociali passa, non secondariamente, dall’opposizione ad eserciti e produzioni belliche.

Al mercato di corso Valdocco un intervento ha posto l’accento sul costante aumento delle spese militari, ben 70 milioni di euro al giorno, di fronte alla riduzione di servizi importanti come trasporti di prossimità, ospedali, scuole, assistenza ad anziani e disabili.

Di fronte alla scuola di applicazioni militari e agli alti comandi si è parlato delle missioni militari all’estero in difesa degli interessi dell’ENI e per l’esternalizzazione della guerra allә migranti.

A Porta Nuova, dove i militari attuano un controllo etnicamente mirato per bloccare lә migrantә diretti al confine in Val Susa, si è parlato di lotta alle frontiere ed al controllo militare del territorio.

In chiusura tuttә hanno rilanciato la lotta al militarismo in ogni dove, sottolineando l’importanza di allargare l’assemblea antimilitarista nata a Milano in ottobre, per rendere più incisive le lotte locali contro le basi militari, i poligoni di tiro, le missioni militari, la spesa di guerra, il mercato delle armi.

La manifestazione del 20 è stata un momento importante per l’opposizione al militarismo e alla guerra, una tappa di un lungo percorso.

 

Il 30 novembre parte l’ottava edizione dell’Aerospace and Defence Meetings.

Via i mercanti d’armi da Torino!

Appuntamento all’Oval alle 12,30 di martedì 30 novembre

Assemblea antimilitarista – Torino

Qui una galleria di immagini

Video prima parte

Video seconda parte

 

Di seguito il volantino distribuito per le strade durante il corteo:

Le armi italiane, in prima fila il colosso pubblico Leonardo, sono presenti su tutti i teatri di guerra. Le armi che uccidono civili in ogni dove, sono prodotte non lontano dalle nostre case.

Dal 30 novembre al 2 dicembre si terrà all’Oval di Torino “Aerospace & Defence Meetings”, mostra-mercato internazionale dell’industria aerospaziale di guerra.

La convention è riservata allә addettә ai lavori: fabbriche del settore, governi e organizzazioni internazionali, esponentә delle forze armate e compagnie di contractor. Alla scorsa edizione parteciparono 600 aziende, 1300 tra acquirentә e venditorә ed i rappresentanti di 30 governi. Il vero fulcro della convention sono gli incontri bilaterali per stringere accordi di cooperazione e vendita: nel 2019 ce ne furono oltre 7.500.

Settima nel mondo e quarta in Europa, con un giro d’affari di oltre 16.4 miliardi di euro, l’industria aerospaziale è un enorme business di morte. In Piemonte ci sono: Leonardo, Avio Aero, Collins Aerospace, Thales Alenia Space, ALTEC. Producono cacciabombardieri, missili balistici, sistemi di controllo satellitare, elicotteri da combattimento, droni armati per azioni a distanza.

Le truppe del Belpaese fanno la guerra in Niger, Libia, Golfo di Guinea, stretto di Ormuz, Iraq, nel Mediterraneo…

Le avventure neo-coloniali delle forze armate italiane costano un miliardo e 200 milioni di euro: 9.449 lә militarә impiegati. In Africa sono concentrate 18 delle 40 missioni tricolori.

Mandata in soffitta la retorica delle missioni umanitarie ora il ministro Guerini mette direttamente in campo la “difesa degli interessi italiani”.

Le bandiere tricolori sventolano accanto a quelle gialle con il cane a sei zampe dell’ENI, la punta di diamante del colonialismo italiano in Africa.

La guerra per il controllo delle risorse energetiche va di pari passo con l’offensiva contro le persone in viaggio, per ricacciare lә migrantә nelle galere libiche, dove torture, stupri e omicidi sono fatti normali.

Guerra esterna e guerra interna sono due facce della stessa medaglia.

Nel nostro paese lә militarә, ormai promossi a poliziotti, sono nei CPR, dove vengono rinchiusi i corpi in eccedenza da espellere, nei cantieri militarizzati e per le strade delle nostre periferie, dove la guerra allә poverә si attua con l’occupazione e il controllo etnicamente mirato del territorio, per reprimere sul nascere ogni possibile insorgenza sociale.

Provate ad immaginare quanto migliori sarebbero le nostre vite se i miliardi impiegati per ricacciare uomini, donne e bambinә nei lager libici, per garantire gli interessi dell’ENI in Africa, per investire in armamenti fossero usati per casa, scuola, sanità, trasporti.

Per fermare la guerra non basta un no. Occorre incepparne i meccanismi, partendo dalle nostre città, dal territorio in cui viviamo, dove ci sono caserme, basi militari, aeroporti, poligoni di tiro, fabbriche d’armi, uomini armati che pattugliano le strade.

Bloccare le missioni all’estero, boicottare l’ENI, cacciare lә militarә dalle nostre città, bloccare la produzione e il trasporto di armi, contrastare la mostra mercato dell’industria aerospaziale di guerra sono concreti orizzonti di lotta.

 

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