Mi fa piacere che il mio articolo ““Transumanesimo” e “Sovrumanismo” - Tecno-Fascismo ed Eugenetica nell’Era della Bio-Cibernetica”, pubblicato sul numero 37 di Umanità Nova, abbia subito suscitato, fuori e dentro la redazione, qualche dibattito e, prima ancora di rispondere, ad alcune sollecitazioni ricevute voglio ringraziare Enrico Voccia, membro della redazione, e Giovanni Stile, coordinatore del NTI (Netwok dei Transumanisti Italiani) per i loro contributi. Di quello di Voccia i lettori potranno prendere visione in questa stessa pagina; di quelli di Stile, con cui ho avuto un, per me utile, scambio di opinioni e al quale a nome della redazione tutta rinnovo la disponibilità ad ospitare, ove volesse, un suo intervento, cercherò di riportare qualche punto saliente.
Iniziando proprio da quest’ultimo, vi è un’obiezione di Giovanni che ho sostanzialmente accolto: la seconda parte del mio articolo, dando risalto quasi solo alla componente fascista del transumanesimo italiano (sovrumanismo) rischiava di offrire l’errata impressione che tutto il movimento transumanista in Italia fosse schierato su analoghe posizioni. Impressione che non era affatto mia intenzione suscitare. Ritengo invece opportuno si sappia che, come lo scambio con Stile mi conferma, proprio l’apertura dell’AIT (Associazione Italiana Transumanisti) a personaggi di estrema destra, primo tra tutti Stefano Vaj, e la loro ascesa ruoli dirigenziali all’interno di tale associazione, è stata, dal 2008 in poi, tra le cause di una frattura all’interno del movimento, che permane tuttora, e ha portato, o contribuito, alla nascita del NTI. Resta, naturalmente, il fatto che sono i sovrumanisti a dichiararsi transumanisti ed è l’AIT, non certo il sottoscritto, a legittimarli come tali.
Anche altri due possibili equivoci Stile mi segnalava: un accostamento, a suo dire fuorviante, fra transumanesimo liberista e sovrumanesimo. Accostamento che, tuttavia, nella mia lettura non alludeva affatto ad eventuali identificazioni tra due componenti che tutti sappiamo essere ideologicamente diverse limitandosi a sottolineare le implicazioni autoritarie in entrambi presenti e il fatto, di suo indiscutibile, che l’accento posto dai transumanisti su nuove, attuali e futuribili, forme di eugenetica è certamente stato uno dei fattori che ha attratto una parte del movimento neofascista, principalmente ma non esclusivamente italiano, verso le loro tesi. Infine, l’eventualità che il mio articolo spingesse a pensare che l’intero movimento transumanista è su posizioni liberiste. Più che il mio contributo, mi sembra che sia gran parte della produzione stessa, francamente, a offrire questa impressione. La maggior parte del primo paragrafo del mio articolo discuteva, tuttavia, le posizioni di Bostrom che, oltre ad essere ampiamente rappresentative, mi appaiono molto prossime a quelle dell’ala “liberal”, “progressista” o “democratica”, del trans umanesimo, ispirata da Julian Hughes.
Vengo con ciò ai commenti e alle riflessioni di Enrico che, direi, mi trovano sostanzialmente quasi pienamente concorde, al punto di non vedere sollevato in essi, propriamente, un contenzioso nei confronti dei miei. Ho innanzitutto trovato utili la contestualizzazione storica che Voccia propone e la messa a fuoco del problema della progressiva “proletarizzazione delle classi e dei ceti medi” le cui competenze intellettuali, un tempo non meccanizzabili, sono state e vengono sempre celermente risucchiate dall’informatizzazione. I passaggi relativi alle connessioni tra i colossi dell’informatica e della comunicazione digitale e la ricerca orientata in senso transumanista rimandavano anche a questi nodi e problemi. “Se si giungerà o meno al transumano, non lo si dovrà certamente ai cantori del trans umanesimo” scrive Enrico, certo, ma i dati e testi cui rimandavo, l’articolo di Fondi, il libro di Manzocco, mostrano che qui non si tratta tanto di “cantori” ma di istituti situati nella Silicon Valley che, già oggi, stanno ricevendo ingenti finanziamenti da tutti o quasi i “giganti” di cui sopra. Per far cosa? Non certo solo per tessere lodi. Naturalmente, lungi da me voler “confondere industrializzazione e capitalismo e, in generale, tecnologia e capitalismo”, sulla distanza da qualsiasi atteggiamento di anatema nei confronti della tecnologia “in sé” (che volentieri lasciamo a certi discepoli di Heidegger) con Voccia ci siamo sempre ritrovati.
Qualche perplessità mi suscita invece il passaggio riferito all’introduzione del panno di lino: “Con le tecnologie di quella che potrebbe essere la quarta fase della Rivoluzione Industriale sarà assai probabilmente la stessa cosa: ciascuno di noi le utilizzerà per sé e per i suoi cari, specie di fronte all’alternativa della morte – e sarà una cosa buona, come è stata una buona cosa il panno di cotone a basso prezzo”. Innanzitutto, e penso Enrico concorderà, sul fatto che i vincoli che il regime capitalistico impone alla ricerca, alle sue direzioni, all’uso effettivo dei suoi prodotti fanno sì che questi vengano usati sempre, in misura assai maggiore, e purtroppo con effetti assai più su larga scala, a danno delle popolazioni, e a favore di ristrette minoranze che vi lucrano, e solo in piccola parte. L’esempio della scoperta di una delle più imponenti evoluzioni tecnologiche del Novecento, la scomposizione del nucleo atomico, che portò a Hiroshima e Nagasaki, alle passate e attuali corse agli armamenti, ai disastri delle centrali nucleari e alle loro tragiche conseguenze mi sembra emblematico. Inoltre, i casi in cui la tecnologia prodotta dal capitalismo è progredita grazie a scoperte che rendevano più efficace una produzione, senza aggravare già con la sola loro introduzione le condizioni dei salariati, rappresentano, e hanno rappresentato nella storia del capitale, solo una percentuale modesta a fronte di quelle che invece hanno consentito un loro sfruttamento sempre brutale. Oggi tutti compriamo oggetti di produzione cinese, non certo perché frutto di tecnologie innovative, ma perché i loro basti costi dipendono dalle condizioni prossime alla schiavitù dei lavoratori che le producono.
Così ritengo parzialmente scorretto asserire: “La battaglia politica e sociale va fatta sulla gestione di queste tecnologie”. La battaglia, sono certo anche su questo in realtà Enrico concordi, va fatta anche per scegliere quali tecnologie sviluppare e quali no.
Infine, quanto al rilievo “c’è una differenza radicale tra transumanisti e sovrumanisti”, non posso che rispondervi come già all’altro interlocutore: è l’Associazione Italiana Transumanisti, non certo il sottoscritto a legittimare come transumanisti i sovrumanisti. Né ritengo sia necessariamente “solo un paravento” il dirsi transumanisti di questi ultimi. Certo, come ho già chiarito, il fatto che alcuni fascisti si dicano transumanisti non implica certo la conseguenza che tutti i transumanisti lo siano, Né, ripeto, era mia intenzione suggerirlo. Penso piuttosto essa segnali, e su questo mi pare di con Voccia ci sia piena sintonia, che sia rispetto al sistema capitalistico vigente e ai suoi modelli di sviluppo che la prospettiva transumanista riveli un’immanenza in ultima analisi acritica. Non sono però neanche convinto che la convergenza di alcuni settori dell’estrema destra verso le ideologie transumaniste possa essere liquidata come semplice “paravento”. Credo sia invece segnale di nuove forme e risorgenze dell’autoritarismo nazi-fascista, naturalmente pronte, come sempre nella loro storia, se se ne desse occasione, a mettere poi da parte pregiudiziali varie e allearsi con qualunque potere forte e reazionario dovesse prendere, o stia già prendendo, in Occidente, il sopravvento, forze e risorgenze che dovremo attrezzarci a rintuzzare e combattere.
Marco Celentano