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La bancarotta di Gentiloni

La bancarotta di Gentiloni
Il presidente del consiglio Gentiloni, in un intervento pubblico tenuto domenica 20 agosto, ha delineato, fra l’altro, la prossima legge di bilancio.
Prendendo spunto dai recenti dati sul Prodotto Interno Lordo, ha affermato che la crescita economica è tornata, rivendicando tale risultato alla politica del governo di Matteo Renzi, che il governo Gentiloni avrebbe continuato. La prossima sfida sarà la “qualità della crescita in termini di lavoro e di contrasto all’esclusione sociale”; in quest’ottica la prossima legge di bilancio conterrà limitate misure per la crescita, con interventi mirati a favorire le assunzioni, con incentivi permanenti e stabili alle assunzioni e un impegno straordinario per le politiche attive del lavoro.
Si tratta evidentemente di un intervento propagandistico, con cui il governo mira in primo luogo a disorientare gli sfruttati, cassaintegrati, in mobilità, disoccupati, che aspettano il rinnovo degli ammortizzatori sociali, promettendo un inserimento nel mondo del lavoro impossibile a tutti gli effetti.
Sono centinaia di migliaia i lavoratori coinvolti in crisi aziendali, molte delle quali senza sbocco e per cui si sono ormai esauriti i meccanismi ordinari di tutela del reddito, a fronte anche di una progressiva riduzione ed eliminazione di alcune misure decisa dal Governo.
Mentre i lavoratori occupati sono sostanzialmente stabili, l’Italia è uno degli ultimi paesi dell’Unione Europea a non aver ancora recuperato i livelli di Prodotto Interno Lordo antecedenti alla crisi del 2007, nonostante i tagli e i sacrifici sopportati dai ceti popolari.
A dieci anni dallo scoppio della crisi economica sono aumentate disoccupazione e miseria, sono diminuiti e peggiorate le pensioni, la scuola, la sanità, le varie forme di assistenza sociale. Decine di miliardi di euro sono stati sottratti ai redditi più bassi, senza sapere che fine abbiano fatto. La gestione dissennata dei governi, da quelli di centro destra, a quelli di centro sinistra, passando per quelli “tecnici” è sotto gli occhi di tutti: non ci troviamo di fronte ad un fallimento, ci troviamo di fronte ad una bancarotta: i soldi prelevati dai lavoratori, dai pensionati, dai disoccupati e che dovevano servire a garantire un minimo di sicurezza sociale sono stati dirottati a favore dei grandi gruppi industriali e finanziari, dei circoli militari, dell’apparato clericale.
Di fronte all’evidente fallimento e al rischio di una rivolta sociale, a partire dal malcontento dei lavoratori delle aziende in crisi, Gentiloni cerca di appiopparci l’ennesima sola, l’ennesima promessa di nuova occupazione, che si tradurrà nell’ennesimo finanziamento a pioggia a favore dei capitalisti, nell’ennesimo taglio del salario. Il suo scopo è solo quello di arrivare, senza troppe scosse, alla fine della legislatura; poi, la patata bollente passerà a qualcun’altro.
Eppure sarebbe possibile recuperare soldi per i servizi sociali, per l’assistenza, le pensioni, il reddito di cassaintegrati e disoccupati tagliando le grandi opere che non finiscono mai, tagliando le spese militari, i finanziamenti e le esenzioni fiscali alla chiesa cattolica, tagliando gli interessi passivi, facendo della riforma fiscale uno strumento di riequilibrio sociale ritornando all’imposizione diretta fortemente progressiva. Sarebbero misure che un governo riformista, un governo di sinistra, potrebbe far sue senza contraddizioni, e incontrando probabilmente anche il favore degli elettori. Ma ogni governo non può fare a meno di fare gli interessi dei propri primi sostenitori, le classi privilegiate e sfruttatrici.
Ecco perché la condizione degli sfruttati non potrà che peggiorare, finché non si porrà fine all’arroganza del governo, finché non si porrà mano all’eliminazione degli sfruttatori, attraverso l’esproprio generalizzato dei mezzi di produzione.
Tiziano Antonelli

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