Il seguente testo, apparso con firma PG a dicembre 2016 sul sito di CrimethInc, importante network anarchico americano, analizza l’identità politica di Donald Trump e della sua cricca. La tesi principale del testo è che la presidenza Trump non rientra nei canoni del fascismo storicamente inteso ma rappresenta l’affermazione dei valori della whiteness, l’identità bianca che attraversa una forte crisi dovuta all’evoluzione del sistema sociale della cui la whiteness stessa è stata garante: il sistema di dominio democratico e capitalista negli Stati Uniti d’America. Ne presentiamo la traduzione, a cura di Luca Phi e Lorcon, in quanto è un testo estremamente interessante che permette di muovere una critica da posizioni rivoluzionarie a quel filone di pensiero che relega tutte le politiche di destra nella macro-categoria del “fascismo”, a-storicizzando questo termine e contemporaneamente, seppure spesso in buona fede, fornendo un paravento all’ideologia democratica intesa come combinazione tra stato di diritto e sistema economico basato sulla merce e l’accumulazione di capitale. Il termine whiteness è stato reso in italiano con “identità bianca” ma è un termine di difficile traduzione in quanto dentro di esso si annida un intero mondo: prendendo spunto dai temi dei cultural studies della seconda metà del ventesimo secolo ci si è cominciato a porre il quesito di come un insieme di popolazioni, di origine e cultura eterogenee, siano arrivate ad auto-identificarsi come “bianchi” e di come questa autodefinizione sia legata alle condizioni materiali, di come, insomma, sia storicizzabile il concetto di identità bianca. (qui la seconda parte: http://www.umanitanova.org/2017/04/02/fascismo-identita-bianca-parte2/)
Il fascismo è obsoleto, l’identità bianca è qua per restare
Da ben prima della recente vittoria elettorale di Donad Trump si è levato un coro crescente di voci su di un possibile ritorno del fascismo. Per quanto il Trump sia terrificante è importante non livellare qualsiasi critica nei suoi confronti e, nonostante il suo epiteto favorito, “assolutamente disgustoso”, gli si adatti come un guanto l’accusa di fascismo è inappropriata.
Dal momento in cui siamo interessati a produrre analisi che permettano di costruire una resistenza effettiva e non solamente a polemizzare in modalità Twitter, è nostro compito esaminare quale modello del pensiero di destra Trump stia seguendo.
La mia ipotesi è che il fascismo è stato reso definitivamente irrilevante dalla Seconda Guerra Mondiale e dal periodo immediatamente successivo in cui è stato completamente assorbito dalla democrazia capitalista. Dal 1945 in poi, ovvero da quando le armate alleate smantellarono lo stato nazista e reclutarono gli elementi nazisti considerati come utili, il fascismo non è stato niente altro che una retroguardia in un sistema che è intrinsecamente definibile come democratico. Il futuro, ovviamente, può essere pieno di sorprese ma è necessario ben altro di una vittoria di Trump per rendere il fascismo necessario in un paese al centro dell’ordine mondiale capitalista come gli Stati Uniti d’America.
Uno dei pochi partiti contemporanei realmente neo-fascisti che è apparso sulla scena nell’ultimo decennio è Alba Dorata in Grecia. Fedeli al modello originario dei partiti fascisti Alba Dorata combina una struttura partitica con una struttura paramilitare presente nelle strade, recluta i suoi uomini tra la polizia e i militari per creare strutture fedeli al partito, si connette con la frazione capitalista della borghesia e con la criminalità organizzata con l’obiettivo di creare un doppio potere in grado di attuare sia intimidazioni che di superare il sistema di bilanciamenti istituzionali delle istituzioni democratiche e dei media di massa. In molti hanno pensato che Alba Dorata avrebbe potuto prendere direttamente il potere e hanno di conseguenza immaginato un ritorno del fascismo. Alba Dorata prediceva lo stesso scenario, nella sua ignoranza del proprio stesso ruolo all’interno di un sistema democratico. Fin quando il partito neofascista ha agito nel senso di spingere l’opinione pubblica a destra, creando capri espiatori per la crisi sociale greca, uccidendo immigrati e attaccando anarchici e altri rivoluzionari è stato tollerato.
Ma dal momento in cui il partito ha rivelato la propria sincerità nei mezzi scelti per accedere al potere e ha dimostrato la propria volontà di usare la violenza verso elementi non marginali della società[1] il potere democratico è entrato in campo: la dirigenza del partito è stata arrestata e il partito stesso è stato parzialmente escluso dai dibattiti che definiscono quale è il discorso pubblico accettabile. Il fascismo non ha nessuna possibilità nei confronti degli stati democratici e una qualsiasi gang di neo fascisti che non riesce a comprendere che il suo ruolo è solo quello di essere uno degli strumenti disponibili nella scatola degli attrezzi del potere democratico è destinata a fallire.
In Spagna, un altro dei paesi europei maggiormente colpiti dalla crisi, i partiti neo-fascisti o critpo-fascisti sono collassati negli anni recenti e in Italia e Regno Unito l’estrema destra ha seguito un modello che appoggia sulla partecipazione ai meccanismi democratici. Da un punto di vista strutturale il partito progressista e populista SYRIZA ha più in comune con il modello fascista di quanto non abbia in comune il Partito Repubblicano di Trump: connessioni organiche con gruppi extraparlamentari con una grossa capacità di mobilitazione, unificazione di discorsi di estrema destra ed estrema sinistra, una visione socialista-nazionale, patriottismo e militarismo.[2] Non è definibile come fascista qualsiasi visione di destra. Il fascismo è un fenomeno complesso che vede la mobilitazione di un movimento popolare sotto la direzione gerarchica di un partito mentre vengono create connessioni con le strutture poliziesche e militari, con l’obiettivo di conquistare il potere con mezzi democratici o militari. Di seguito vengono aboliti le procedure elettorali con lo scopo di garantire la continuità di un sistema a partito unico, viene creato un nuovo contratto sociale con la classe lavoratrice nazionale, da un lato inaugurando standard di vita più alti rispetto a quelli garantiti nel precedente sistema liberal-capitalistico e dall’altro garantendo ai capitalisti una rinnovata pace sociale. Vengono poi eliminati i nemici interni che sono stati accusati di avere destabilizzato il precedente regime. Trump ha dimostrato disprezzo per le convention democratiche minacciando di intimidire gli elettori e suggerendo che potrebbe non accettare una sconfitta elettorale ma il suo modello di conservatorismo non abolisce in nessun modo i meccanismi fondamentali della democrazia.
Da qua a quattro anni saremo soggetti a un nuovo circo elettorale. Trump ha fatto appello soprattutto a poliziotti e guardie di confine ma non ha cercato di portare la polizia in una struttura paramilitare e parastatale per cementificare il proprio potere. Ha strizzato l’occhio al movimento delle milizie e solleticato il Ku Klux Klan ma non ha fatto nulla per centralizzare questi gruppi in un forza paramilitare sotto il suo stesso controllo. Ha promesso un nuovo contratto sociale per i lavoratori ma non farà mai passi in quella direzione e, qualsiasi siano le sue intenzioni, si dimostrerà impossibilitato nel garantire alla classe dominante pace sociale. Renderà più difficile la vita per quelli che identifica come nemici della società, musulmani e immigrati, ma non li eliminerà.
Nei fatti non c’è nulla di fascista in Trump
L’ascesa al potere di Trump è legata a una forza sociale che ha predato il fascismo e lo ha superato. Rimane da capire esattamente quale tra i modelli di conservatorismo che l’insolente egomaniaco vorrà implementare ma il suo incoraggiamento per l’identità bianca come meccanismo reazionario per il controllo sociale è assolutamente chiaro. Nei secoli intercorsi tra Cristoforo Colombo e George Washington nei laboratori delle piantagioni irlandesi e brasiliane, nelle deportazioni di massa operate dalla Spagna nella riduzione in schiavitù delle masse africane, l’idea di razza bianca è stata creata per categorizzare e controllare i soggetti di un ordine mondiale che si stava globalizzando.
Di fronte alle insurrezioni che vedevano gli schiavi africani, gli europei soggetti a impauperimento costretti a migrare oltre Atlantico e gli indigeni sotto attacco combattere insieme contro i propri comuni nemici il potere coloniale ha emanato leggi tese alla creazione di un cerchio concentrico di barriere religiose, culturali, economiche, giudiziarie, istituzionali e biologiche per rompere la solidarietà tra gli oppressi.[3] L’identità bianca è diventata la proiezione dei valori dell’Illuminismo Europeo, la nuova normatività e coloro che non rientravano in questa definizione sono stati sottoposti a un processo di razzializzazione e forzati a occupare gli scalini più bassi della gerarchia sociale. Coloro che non accettavano il loro posto nel nuovo ordine-del-mondo sono stati fatti sparire, in un modo o nell’altro. Storicamente il razzismo è un fenomeno globale unitario ma è stato usato differentemente in differenti angoli del mondo. Nelle colonie che poi sono divenute gli Stati Uniti d’America l’identità bianca ha avuto un ruolo paramilitare vitale fin da subito.
Una piccola minoranza di proprietari fondiari che ha brutalmente sfruttato la propria forza lavoro e portato avanti una costante guerra genocida nei confronti delle popolazioni native ha dato ruolo a una strato medio della popolazione, povero ma privilegiato, di combattere le proprie guerre e di rimanere costantemente vigile verso rivolte e sconfinamenti.
I privilegi, a seconda del punto di vista, erano insignificanti o fondamentali. Questi privilegi includevano il privilegio psico-sociale di essere considerati umani, che non era male per dei poveri provenienti da un’Europa dove l’aristocrazia non aveva mai utilizzato la categoria di “umanità” e raramente, se non mai, ha cercato di stabilire un’identità comune con i propri subordinati, diversamente da quanto fece la nozione di identità bianca.
Un altro importante privilegio è stato quello del diritto ad avere proprietà. Per la maggior parte dei bianchi questo significava una o due cose: avere il diritto di vendere la propria forza lavoro in cambio di un salario o avere il diritto ad accedere alle terre rubate ai nativi dove avrebbero potuto creare fattorie per pochi anni prima di cadere nella spirale del debito per poi vendere la propria terra ai grandi proprietari fondiari, migrare verso ovest e ripetere il processo. Descrivere questo processo non ha l’obiettivo di generare simpatia per i “bianchi” ma di illustrare come facilmente, ieri come ora, le masse possono essere illuse. Economicamente non era considerabile un grande affare per la maggior parte dei bianchi ma lo diventava se si considerano le forme di sfruttamento e dispossessamento riservate per gli africani e i nativi americani. Il diritto astratto alla proprietà raramente si è trasformato in un reale arricchimento personale ma garantiva il diritto di non divenire proprietà di qualcun altro e di non avere la proprie intera comunità dispersa e obliterata in un atto di conquista. Roxanne Dunbar-Ortiz ha documentato il ruolo chiave dei rangers bianchi che è stato giocato nella costante e totale guerra contro i nativi nel suo Indigenous Peoples’ History of the United States e il ruolo dei bianchi poveri nelle pattuglie che sorvegliavano gli schiavi africani[4] e davano la caccia ai fuggitivi, pattuglie che si sono poi evolute nelle moderne forze di polizie, è esposto in libri quali Our Enemies in Blue.
Simultaneamente i poveri di origine europea che rompevano con l’idea di identità bianca per combattere in modo solidale con gli altri oppressi venivano puniti con tutta la forza della legge e qualsiasi forma di meticciamento tra bianchi e altri veniva scoraggiato se non criminalizzato.
L’identità bianca odierna continua a svolgere il suo ruolo paramilitare in un modo diffuso, informale, completamente differente rispetto a quanto potrebbe manifestare un movimento fascista.
La diversità ideologica – alcuni direbbero confusione – e le molte contraddizioni del movimento delle milizie riflette la mancanza di un’organizzazione centralizzata.
Quello che è più chiaro di questi gruppi di cittadini armati – che definiscono alternativamente gli immigrati di origine latino americana, i musulmani o il governo federale come il proprio principale nemico – è che molti cittadini appartenenti alla classe medie e alla classe lavoratrice si sentono chiamati a proteggere e a servire [slogan delle forze di polizia in molti stati, n.d.t.]. Chi gli abbia esattamente dato mandato non è chiaro ma quasi unanimemente si identificano come bianchi o, nel caso di pochi neri e latini presenti nel movimento, con la propria americanità, una forma di identità che è fin dalle sue origine una forma maggiormente inclusiva di identità bianca [pensiamo ai famosi house niggers denunciati da Malcom X n.d.t.].
La questione dell’identità razziale ha giocato un importante ruolo nella vittoria di Trump. Al di là del fatto che un numero sproporzionato di bianchi voti repubblicano, gli studi hanno dimostrato come l’identificarsi come bianchi e il sentirsi minacciati da altri gruppi [razziali n.d.t.] sia stato un fattore decisivo per quelle persone a maggiore probabilità di origine europea nell’esprimere il proprio supporto elettorale per Trump.[5] Nonostante la narrativa della vittimizzazione impostata dal miliardario Trump – che i media hanno ampiamente diffuso – sia francamente patetica l’identità bianca negli Stati Uniti è certamente di fronte una crisi. È in crisi non perché “i bianchi stanno diventando una minoranza” o altre fanta-paranoie suprematiste ma perché negli ultimi decenni la funzione paramilitare dell’identità bianca è stata largamente assorbita dal crescente potere che il governo può dispiegare con giudici, prigioni e le burocrazie che governano lo sviluppo urbano. Quello che ieri doveva essere fatto con una folla di linciatori ora può essere ottenuto con la burocrazia e, paradossalmente, un uomo nero [Obama, n.d.t.] può avere la responsabilità di tutto l’apparato.
Non penso che la presidenza Obama abbia cambiato la situazione per la popolazione afroamericana negli Stati Uniti eccetto che da un punto di vista psicologico che io, in quanto bianco, non sono nella posizione di considerare. È chiaro comunque che i razzisti dell’intero paese siano usciti dall’armadio nel momento in cui Obama ha preso l’incarico alla Casa Bianca. I media hanno spesso suggerito che gli appelli di Trump ai bianchi siano stati efficaci a causa della situazione economica: la classe lavoratrice bianca si è sentita minacciata dal momento in cui la sua posizione sociale e i suoi privilegi declinano, e così la storia procede.
Ma il gap razziale nella ricchezza e negli standard di vita sono cresciuti dall’inizio della crisi.[6]. Se i parametri economicisti fossero la causa reale i bianchi americani si dovrebbero sentire maggiormente sicuri dopo la presidenza di Obama. Il privilegio razziale continua, in questo senso, a distribuire dividendi.
È mia opinione che è la funzione paramilitare costitutiva dell’identità bianca che è in crisi e questo ha mobilitato un gran numero di voti dei bianchi per Trump. Il fatto che gli afroamericani siano diventati più poveri sotto la presidenza Obama ha fatto si che una parte degli afroamericani stessi si sia tenuto lontano dalle urne.
Le milizie di frontiera [formazioni paramilitari autonome che pattugliano il confine con il Messico n.d.t.] sono un’espressione della mentalità paramilitare. Un’altra espressione, il movimento pro-polizia che si è diffuso dopo l’insurrezione di Ferguson, contiene un istruttivo paradosso: la resistenza contro le violenze poliziesche è stata fonte di grande instabilità per il governo statunitense e ha anche messo in discussione lo storico diritto sacralizzato della polizia di uccidere gli afroamericani. I reazionari bianchi hanno risposto alla chiamata alle armi per difendere un sistema oppressivo e, in generale, questi attivisti pro-polizia sono stati associati con il campo trumpista. Hanno condotto attacchi contro i manifestanti di Black Lives Matter e hanno provato a
ricostruire l’immagine rovinata della polizia. Sono però anche entrati in conflitto con la polizia stessa. Al contrario di quanto sostenga il white-washing pacifista di alcuni supposti, sedicenti e autonominatisi leader di Black Lives Matter, sparare ai poliziotti è sempre stato parte della resistenza urbana degli afroamericani, prima, durante e dopo Ferguson. Per quanto i media parlino di Martin Luther Kings e non di Robert Williams [organizzatore del movimento per i diritti civili in Nord Carolina che aveva creato delle milizie di autodifesa delle comunità nera, n.d.t.] la resistenza afroamericana negli ultimi trecento anni ha spesso avuto una tendenza orientata all’autodifesa e all’autonomia più che verso l’integrazione democratica e le tensioni tra queste tendenze possono essere viste ancora oggi tra i differenti strati sociali delle comunità afroamericane.
D’altra parte è pur sempre vero che sono di più i poliziotti coinvolti in scontri a fuoco con bianchi[7] e che vi è stato un incremento delle imboscate contro la polizia da parte di bianchi di destra. Spesso coloro che hanno organizzato questi agguati hanno espresso il desiderio di difendere tramite i loro attacchi i valori tradizionali e l’America. Molti reazionari che difendono l’identità bianca sono convinti che vi sia un governo sempre più autoritario che gli impedisce di svolgere il loro compito storico. Quando la società americana sembrava stabile e i “valo
Nei fatti non c’è nulla di fascista in Trumpri americani” trionfanti a livello globale, alla fine della guerra fredda, l’apparente obsolescenza dell’identità bianca provocava ben poca preoccupazione. Ma con l’aumento della precarietà economica, le grandi proteste di afroamericani, latinoamericani e popolazioni indigene che si diffondono in tutto il paese e l’instabilità sistemica che generano una crescente ansia la popolazione bianca si trova ad aspettare una chiamata alle armi che non arriva. I tradizionali portavoce di entrambi gli schieramenti dell’élite politica – i reazionari vecchi maniera nostalgici della segregazione razziale così come i progressisti illuminati con la loro muta di cavalieri bianchi – non parlano di questa crisi. Nei fatti i liberali al governo possono anche pensare di disarmarli, talmente obsoleti sono diventati.
Per quanto i conservatori parlino ancora favorevolmente a proposito del possesso privato di armi è passato molto tempo dall’ultima volta che sono stati mobilitati i cittadini a causa di minacce, interne o esterne. I bianchi sono in crisi non perché stanno perdendo i loro privilegi economici ma a causa del crescente potere delle strutture statali che usurpa le funzioni paramilitari, storicamente loro prerogativa.
Per finire, i reazionari che osservano la realtà tramite le lenti distorte delle proprie fantasie razziali deluse non sono aiutati dal fatto che il simbolo di questo dispiegamento di potere statale, Obama, è stato probabilmente il più autoritario presidente di sempre se misurato in termini di programmi di sorveglianza, omicidi tramite droni, deportazioni, persecuzione di whisteblower [coloro che hanno divulgato segreti di stato, come Chelsea Manning, n.d.t.] con gli strumenti giudiziari dell’Espionage Act del 1917, informatori dell’FBI, il supporto a film che ritraggono la tortura come necessaria nella così detta Guerra al Terrore, protezione delle prigioni segrete della CIA dalla supervisione giudiziaria eccetera. Per quanto lo stato non detenga al momento il monopolio dell’uso della forza per sua natura aspira a conquistarlo. Un governo che deve controllare una società volatile. Nei fatti non c’è nulla di fascista in Trump in cui le più gravi contraddizioni sono interne – per esempio l’avere colonie interne in luogo che esterne – coloro che sono al potere non esiteranno a mobilitare parte della popolazione come paramilitari.
Ma come le istituzioni crescono in potere e risolvono le contraddizioni che precedentemente le minacciavano lo stato tenderà a disarmare la popolazione e a trasformare i linciaggi in questioni burocratiche.
I cittadini avranno sempre meno possibilità di partecipare alla democrazia, e per quanti i cinici possano considerare gli omicidi e il vigilantismo come una forma di attivismo civico, la storia delle democrazie da Socrate a Birminghan confermano questa visione. Il servizio militare che, al di là di qualsiasi eufemismo, significa uccidere i nemici dello stato è sempre stato il marchio più evidente del cittadino. Così come le grandi aziende hanno adottato metodi dal movimento cooperativo con lo scopo di creare salariati più felici i governi, talvolta, lasciano che i propri cittadini giochino a fare poliziotti e boia se questo li fa sentire maggiormente potenti. Ma più il potere diventa razionalistico, più difficile diventa gestire la partecipazione di non specialisti che non hanno avuto un’istruzione che permetta loro di padroneggiare gli strumenti della burocrazia e per i bianchi patriottici che affrontano il Tramonto dell’America e si immaginano come i discendenti dei pionieri, cavalieri a fianco delle polizie questo è un fallimento. Questa è la natura della crisi dell’identità bianca. Prima di Trump il movimento del Tea Party ha iniziato a parlare di crisi dell’identità bianca ed è stato premiato con un certo supporto elettorale. Trump ha semplicemente indicato in modo più esplicito questa ansia e le ha dato una piattaforma più ampia. Che i repubblicani o altri provino ad organizzare questi cittadini paramilitarizzati per aiutare lo stato a vincere l’attuale fase di instabilità è tutto da vedere, nonostante il cinismo dei politici democratici ci faccia pensare che il presidente non è affatto sincero nei suoi discorsi di odio fatti durante la campagna elettorale. Continuerà a incoraggiare il bigottismo ma difficilmente incoraggerà o permetterà ai suprematisti bianchi di coalizzarsi in un potere parallelo a quello dello stato. I crimini d’odio razziale aumenteranno ma coloro che li commetteranno rimarranno disorganizzati.
Se vi sarà una crescita o una centralizzazione dei gruppi paramilitari coloro che negli USA non vogliono vivere in una società razzista basata sui vigilantes dovranno seriamente riflettere sulla questione dell’autodifesa. La soluzione del Partito Democratico – evitare il conflitto diretto, affidarsi alla polizia e sperare per un cambiamento elettorale dopo quattro anni – non è affatto una soluzione. È una soluzione dalle gambe corte in quanto quattro anni sono un tempo troppo lungo per rimandare questioni quale la sopravvivenza e la dignità, perché l’idea di un’amministrazione democratica che renda migliori le cose è sinceramente questionabile e perché gli stessi poliziotti che teoricamente dovrebbero proteggerci e contenere i supporter di Trump spesso hanno legami con il movimento delle milizie.
In ogni caso anche se i repubblicani avessero perso le elezioni Ferguson ha reso evidente che la questione dell’autodifesa è ancora fondamentale[8] soprattutto per gli afroamericani, ma anche per tutti i non bianchi, per i poveri e per coloro che vogliono resistere al potere dello stato.
Un suprematista bianco potrebbe facilmente chiedersi: “A che cosa servono le folle di linciatori quando ci sono i poliziotti?”. Questo non vuol dire volgarizzare e sminuire le pratiche terroriste che i paramilitari e i vigilantes implementano con crescente frequenza ma illustrare come il razzismo non viene da gruppi marginali della società ma è la base e il cemento delle istituzioni che ci controllano. L’autodifesa è la questione cruciale che i media e i politici si rifiutano di prendere in considerazione e che noi dobbiamo con urgenza trasformare in una pratica naturale.
Una risposta di massa alla vittoria di Trump ha bisogno di prendere in considerazione il tema dell’identità bianca. Deve essere chiaro che dopo cinquanta anni dalla supposta vittoria del Movimento per i Diritti Civili la proposta progressista di un’identità bianca sensibile e tollerante non è una soluzione ma solo un modo per posporre il problema.
L’identità bianca deve smascherata per quello che è ed estirpata, ma questo è qualcosa che nessun partito politico può fare. Quale politico potrebbe vestirsi culturalmente con il mantello di George Washington sapendo che questi era il più grande proprietario di schiavi del suo tempo, l’architetto della campagna genocida verso le Sei Nazioni, che lo nominarono il “distruttore di città”?
L’identità bianca è stata creata per distruggere la solidarietà tra gli oppressi e per incoraggiare la lealtà verso i padroni. Nelle lotte di mezzo secolo fa l’identità bianca ha operato sia a destra sia a sinistra. Tra i conservatori significava indossare lenzuola bianche e per i progressisti significava controllare l’agenda politica dei riformisti del Movimento tramite finanziamenti e copertura mediatica selettiva. Con l’ondata dell’insurrezione che si è accesa a Ferguson i costumi sono cambiati ma i ruoli sono gli stessi. L’industria del counseling per bianchi con sensi di colpa è l’armata degli alleati passivi, dei rinforzi dell’identità bianca. Nelle strade di Ferguson e di altre
città abbiamo visto come si completi la funzione paramilitare di disarmare le persone di colore e prevenire che i bianchi prendano direttamente parte alle ribellioni dove le divisioni razziali tendono a scomparire.
Nei giorni precedenti alle elezioni in molti si sono dati alla frenetica attività sui social media dicendo che i bianchi che hanno assunto posizioni astensioniste lo hanno fatto in base a una posizione privilegiata in quanto la vittoria di Trump avrebbe danneggiato principalmente le persone di colore.
Questa non è stata niente altro che una vergognosa manipolazione fatta in favore del Partito Democratico ed è stata svelata dallo stesso risultato elettorale: le stesse persone di colore non si sono sentite motivate dai potenziali e supposti benefici di una possibile vittoria della Clinton e in moltissimi non hanno votato.
Gli attivisti da social network – in larga maggioranza bianchi con una buona educazione che hanno avuto accesso al potere dichiarandosi alleati di gruppi di oppressi supposti omogenei – non rappresentano le comunità di non bianchi. Così come chiunque altro loro parlano solamente per sé stessi, in linea con i propri interessi, e i risultati delle elezioni dimostrano che i loro sensi di colpa da bianchi sono una parte fondamentale del loro discorso politico. Chi annuncia una preferenza elettorale in base ai propri sensi di colpa, tesi a rafforzare la propria identità, è chi era nelle strade di Ferguson a lavorare fianco a fianco della polizia per restaurare l’ordine. Sono gli stessi che erano sui social media a promuovere un Partito Democratico elitista.
La natura della loro partecipazione ai conflitti sociali va espressa chiaramente prima che mobilitino nuovamente la loro potente e paralizzante retorica. I bianchi possono compiere il loro compito storico senza usare un linguaggio razzista e quando un suprematista bianco parla per bocca di un capo della polizia afroamericano o tramite un sindaco afroamericano, dicendo alle persone di abbandonare le proteste e tornare a casa questi sta riproducendo un sistema basato sul razzismo.
L’identità bianca è una questione di guerra. Ci sono migliaia di possibili forme di ammutinamento ma tutte si basa sul riconoscere che è in corso una guerra.
Crimethinc
NOTE
[1] https://jailgoldendawn.com/2015/09/24/the-murder-of-pavlos-fyssas-a-political-anatomy/
[2] http://xupolutotagma.squat.gr/files/2016/04/xupoluto-tagma-greek-militarism-in-the-age-of-Syriza-04-2016.pdf
[3] http://www.maskmagazine.com/the-alien-issue/work/interview-saralee-stafford-neal-shirley
[4] https://www.bloomberg.com/view/articles/2015-10-29/policing-and-oppression-have-a-long-history
[5] http://phys.org/news/2016-10-white-americans-donald-trump-presidential.html
[6] http://www.pewresearch.org/fact-tank/2014/12/12/racial-wealth-gaps-great-recession/
[7] http://www.nydailynews.com/news/national/king-conservatives-blame-iowa-cops-deaths-article-1.2855639
[8] https://theanarchistlibrary.org/library/peter-gelderloos-learning-from-ferguson