Un antifascista cubano, che è cresciuto a Cuba prima di venire a vivere in Francia e che conosciamo bene, ci ha inviato le sue opinioni sulla morte di Castro.
“Una dei mie/i amiche/ci mi ha chiesto oggi di scrivere un breve post breve su quello che penso di Castro e di ciò che rappresentava per Cuba. È stufa di vedere dappertutto su FB i messaggi di persone in lutto per la sua morte. Conoscendola, ho il sospetto che la maggior parte dei suoi amici/che siano di sinistra, proprio come i miei. E sì, ho avuto anche la mia parte di messaggi disperati su come Castro era buono per Cuba e per i cubani (scritti spesso con una prosa paternalista).
Ironia della sorte, tutte/i queste/i amiche/i che piangono la fine del loro idolo sarebbero probabilmente finite/i in carcere a Cuba. Un paese dove i sindacati indipendenti ed i partiti politici sono vietati, dove i salari sono più una formalità che una realtà, dove esistono le classi sociali e le cui differenze sono in aumento ogni giorno, dove il sessismo è incoraggiato con la musica promossa dallo Stato allo scopo di deviare i giovani dai problemi reali, dove i neri vengono fermati dalla polizia molto più rispetto ai bianchi, dove i turisti che non sono in grado di trovare un uomo o una donna in Europa si comprano un/a partner esotica/o sul lato opposto dell’oceano… non è un paese comunista. È una forma molto concentrata del capitalismo, che ora sarà disponibile per il business degli Stati Uniti, dopo anni di sacrifici e di antimperialiste/i morte/i.
Poi, la sanità pubblica e l’istruzione non sono di buona qualità. Sono soltanto gratuite. Erano di buona qualità, ma tanti anni senza pagare insegnanti e medici, così come l’ossessione di sviluppare esclusivamente il turismo, hanno distrutto quelli erano due dei più grandi successi di Cuba. Di Cuba, non di Castro.
In quanto ex bambino asmatico, non dimenticherò mai le infermiere che mi hanno curato in una piccola clinica, anche nel cuore della notte, a L’Avana. Non mi hanno mai chiesto soldi, nemmeno il mio nome o l’indirizzo. Mi hanno semplicemente offerto il loro sorriso benevolo. Più tardi, crescendo, ho capito le difficoltà dell’età adulta in un paese del Terzo Mondo. I risultati in materia di sanità e di istruzione sono dovuti alle/agli lavoratrici/ori sottopagate/i. Non allo Stato. Non a Castro.
La rivoluzione cubana è stata una rivoluzione popolare. È iniziata come il rovesciamento riformista di un dittatore, prima di venire impossessata da una piccola élite (nuovamente creatasi). È diventata quindi Castrista, non comunista.
D’altra parte, anticipando coloro che diranno che Cuba adesso diventerà libera e prospera, vorrei ricordare loro gli innumerevoli decessi precoci dei bambini in tutto il mondo a causa della fame (secondo gli studi del Programma alimentare delle Nazioni Unite, tutta l’umanità può essere nutrita) e per malattie curabili. Questo anche nei paesi “liberi”. Gli ricorderò che la democrazia non consiste soltanto nella possibilità di esprimere apertamente le proprie opinioni (senza che il potere intervenga): consiste nel potere farsi carico della propria vita e questo implica programmi di sicurezza sociale, nonché di buoni sistemi sanitari e di educazione pubblica. Le stesse cose che la destra e la sinistra “moderata” attaccano anno dopo anno, riforma dopo riforma. Vale a dire, le stesse persone che oggi invitano Cuba ad essere libera… proprio come Haiti e la sua popolazione impoverita, immagino.
La libertà e l’uguaglianza restano gli obiettivi dell’umanità. Essi non esistono a Cuba, proprio come non esistono in Francia, negli Stati Uniti, in Spagna od in qualsiasi altro luogo nel mondo. Questi obiettivi sono ancora raggiungibili, ma non hanno bisogno di leader per ottenerli, a prescindere dalla loro “grandezza”. Non vi è alcun superuomo. Possiamo contare solo su noi stessi.
Traduzione di Enrico Voccia
NOTE
Il testo è stato originariamente pubblicato sulla pagina FB di Ras l’Front Le Havre il 28 novembre 2016.