Giovedì 27 novembre il Comitato per il Politeama di cui il Gruppo Germinal-FAI è stato fondatore circa trent’anni fa, è stato invitato ad un tavolo istituzionale per parlare delle sorti del palazzo.
Tranquillizziamo compagne e compagni: non siamo diventati palazzinari, ma per quanti non lo sapessero, siamo stati invitati perché il palazzo, costruito nel 1899, ospita un teatro e il grande salone ottocentesco, che è il ridotto del teatro, è stato assegnato agli anarchici dal CLN per l’apporto alla lotta di Resistenza e alla Liberazione.
Proprio in questo teatro, il 19 settembre 1945, è nata la F.A.I. e in quel salone ha sede il nostro gruppo e ha trovato spazio l’Archivio Germinal, che raccoglie pubblicazioni e materiale di varia natura inerente al movimento anarchico.
Il palazzo è privato, ma il teatro è vincolato ad un interesse pubblico e il ridotto è di proprietà del Comune.
A seguito della speculazione edilizia che dalla fine degli anni ’80 del XX secolo ha afflitto il teatro e si è spinta, con l’accondiscendenza delle amministrazioni comunali, a costruire appartamenti fin quasi sul palco, il teatro è stato prima ridotto a 100 posti di capienza (ne aveva 2400) poi ha chiuso e poi hanno iniziato a cedere i pilastri sotto il peso delle sopraelevazioni e delle gettate utili a lucrare anche sui centimetri quadrati, fino ai veri e propri crolli, il tutto sempre documentato e messo in piazza dal Comitato.
Il palazzo ora è pericolante e sotto sequestro e proprio all’indomani dell’ultima prevedibile compromissione di un pilastro la sindaca ha convocato il Comitato, assieme a condomini, amministratori dei condomini e ai rappresentanti della Caprice, la ditta responsabile dello scempio sempre avallato dal Comune.
La nostra prima reazione, quando abbiamo ricevuto l’invito, è stata di sorpresa, perché negli anni non siamo mai stati presi in considerazione dalle istituzioni quando si sono trovate a dover trattare il tema fatti salvi due momenti: quando il tribunale valutò di mettere agli atti il nostro primo video “Storia d’amore e d’anarchia” che senza false modestie riteniamo essere ancora la spiegazione più chiara e fruibile in circolazione riguardo all’origine del problema (e il sequel “Catene e cappelli” entrambi reperibili su Youtube), e quando il sindaco Zubbani istituì una commissione di monitoraggio di cui facevamo parte ma che si rivelò presto essere un contentino senza alcun valore.
Siamo stati quindi molto felici di partecipare a quel tavolo, perché riteniamo che in vicende che riguardano direttamente la vita di una comunità è indispensabile la presenza delle orecchie, degli occhi e della voce di chi la vive fuori da logiche utilitaristiche, che riguardino il profitto o il consenso politico.
Il fatto che la Caprice, che di questa vicenda è un attore importantissimo, abbia ufficialmente deciso di non partecipare proprio a causa della nostra presenza, ma che al contempo sia stata presente nella stanza a diverso titolo con alcuni dei suoi rappresentanti, ci chiarisce il fatto che a loro il confronto con la cittadinanza non interessa, e probabilmente questo dipende dal fatto che da sempre abbiamo il vizio di smontare le loro tesi e i loro proclami senza artifici retorici o populisti, ma attraverso fatti, correlazioni e alle volte con un banale ragionamento logico in due passaggi.
Ma loro sostengono sia semplicemente astio e rancore nei loro confronti…che in effetti sarebbero decisamente gratuiti e immotivati, no?
Comunque, dall’incontro siamo usciti soddisfatti, ma non rasserenati.
Soddisfatti del fatto che finalmente un’amministrazione comunale ha compreso che non si può agire sull’emergenza del momento accontentandosi di qualche puntello e due sacchi di stucco perché il Politeama è un sistema unico, che ad oggi presenta problemi strutturali su tre lati, e che come tale va affrontato; siamo soddisfatti del fatto che è finalmente palese che il problema della sicurezza pubblica relativo ad un mastodonte azzoppato in centro città, peraltro in zona di mercato, non si può sottovalutare come finora è stato fatto, e che in questa direzione l’Amministrazione abbia deciso di intraprendere un percorso di “forza” facendo valere il suo mandato, cosa che per altro chiediamo da un paio di decenni, pare senza ricadute definitive sulle casse comunali perché l’onere è privato; siamo soddisfatti che l’Amministrazione abbia riconosciuto che quel che resta del teatro all’interno dell’edificio vada mantenuto e riaperto (è chiaro da tempo che non potrà mai più essere quel che era, ma tant’è); siamo soddisfatti che l’Amministrazione abbia chiarito che la parte di condominio in suo possesso (il ridotto e alcuni locali attigui), una volta ripristinato il tutto, tornerà nelle disponibilità degli anarchici e continuerà ad ospitare l’Archivio Germinal.
Insomma, la sindaca ha dichiarato che siamo all’anno zero, che per noi è il 36 d.C (dopo Caprice) e non possiamo che decidere di crederle.
Dice…ma allora cos’è che non vi rasserena?
Non ci rasserena la placida accondiscendenza ad accollarsi tutte queste spese della Caprice (che a quel tavolo non c’era ma vigilava, non ascoltava, ma ha detto la sua, non c’era ma esisteva), perché il nostro non è rancore, ma la consapevolezza del fatto che sfogliando i faldoni del nostro archivio i proclami della Caprice sono sempre andati in quel senso, ma non si sono mai concretizzati anzi, sono sempre stati tesi a non arrivare alla resa dei conti: “ridaremo un teatro alla città” appare come titolo a quattro colonne in un articolo di giornale del 2006.
Non ci rasserena il fatto che sappiamo che le amministrazioni comunali, al di là degli impegni presi sull’onda emotiva e per rassicurare gli elettori e mettere a tacere le opposizioni, trovano quasi sempre conveniente piegarsi alle logiche capitaliste di cui la Caprice è rappresentante chiarissima.
Detto tutto questo abbiamo un nuovo appuntamento a Febbraio, in cui ne sapremo un po’ di più e vedremo quanto sarà lungo il passo fatto e se sarà in avanti, di lato o indietro, aspettando che la Caprice decida di diventare adulta e di assumersi le proprie responsabilità, smettendo di essere il fantasma che aleggia in un Teatro che esiste ma non c’è.
Riteniamo che questa storia, oltre a riguardarci direttamente, sia un emblema della longa manus della depredazione del pubblico ad uso del privato e stiamo organizzando una chiamata alla cittadinanza, che troppo spesso si addormenta nel lungo periodo, per provare a battere il ferro mentre è caldo e far sì che da lì venga quella spinta al cambio di prospettiva che è l’unico vero motore sociale di ogni conquista sociale.
Pro.Zac.