Il richiamo della foresta. Stiamo freschi – Il taccuino della crisi climatica

Il tasso di perdita di foreste nel mondo è preoccupante. Secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), tra il 1990 e il 2020 sono andati persi 420 milioni di ettari di foresta a causa della deforestazione, un’area equivalente a quella dell’UE.

Col termine deforestazione s’intende la distruzione delle foreste, in modo da poter destinare le superfici ricavate ad altri usi. In parallelo bisogna considerare anche il fenomeno del degrado forestale che è determinato dalla perdita, anche temporanea, di aree forestate dovuta allo sfruttamento dei prodotti del legno o della bioenergia. Questi processi avvengono prevalentemente nei tre principali bacini forestali: Amazzonia (Sud America), Congo (Africa centrale) e Sud-est asiatico.

Da sottolineare che ciò che si verifica nell’UE, dove tra il 2000 e il 2021 le foreste sono aumentate del 5,3% in seguito alle politiche di riforestazione, è assolutamente lontano da costituire una compensazione.

L’assorbimento di CO₂ da parte degli alberi (attività che permette di qualificarli come carbon sink / pozzi di assorbimento del carbonio) è un processo fondamentale per la mitigazione dei cambiamenti climatici. La fotosintesi è il processo chimico che permette alle piante di convertire l’energia solare in energia chimica. Con l’energia della luce solare e grazie all’assorbimento dell’acqua, la CO₂ viene trasformata in carboidrati e altre molecole organiche. Il carbonio viene così “fissato” e immagazzinato nella biomassa della pianta (legno, foglie, radici).

La capacità di assorbimento è un elemento molto importante. La quantità di CO₂ che un albero può assorbire varia in base a diversi fattori.

Uno di questi fattori è la specie: alcune specie sono particolarmente efficienti nell’assorbimento, con valori che possono arrivare, in media, a 10 tonnellate per ettaro in un anno o, addirittura, superare la soglia delle 20 tonnellate nel caso delle conifere. Un altro fattore è quello dell’età e delle dimensioni: gli alberi giovani e in rapida crescita assorbono CO₂ a un ritmo più veloce. Gli alberi maturi, pur con un tasso più lento, continuano a immagazzinare grandi quantità di carbonio. Un altro fattore ancora è rappresentato dallo stato di salute: un albero sano e forte assorbe più efficacemente la CO₂ rispetto a uno malato o danneggiato. Infine vi è il fattore ambientale: la disponibilità di acqua, la temperatura, la luce solare e la concentrazione di CO₂ nell’aria influenzano il processo di fotosintesi ma, se una maggior concentrazione di CO₂ nell’atmosfera favorisce l’attività fotosintetica, l’aumento della temperatura e la scarsa disponibilità di acqua sono certamente fattori che influenzano negativamente il processo.

Nell’ambito delle misure per contrastare la crisi climatica sono stati realizzati i cosiddetti progetti nature-based, vale a dire una serie di attività che proteggono, gestiscono e ripristinano gli ecosistemi naturali massimizzando l’assorbimento di CO₂. Prima fra tutte l’attività di riforestazione, ossia la ricollocazione di alberi là dove una foresta è stata distrutta o degradata.

Purtroppo però, secondo le ricerche effettuate da Etifor, società nata all’interno dell’Università di Padova – certificata B Corp e attiva nel settore della consulenza ambientale – anche questa azione di “immagazzinamento” del gas serra più conosciuto viene messa in forse, almeno secondo i dati analizzati. Tra i casi più evidenti quello del Canada dove, dall’analisi su 225 milioni di ettari di foreste, si è registrato un passaggio da un assorbimento annuo medio di 30,5 milioni di tonnellate di CO₂ a emissioni nette di 131,2 milioni di tonnellate, causate da incendi, stress climatico, insetti e degrado forestale. Solo nel 2023 gli incendi hanno bruciato 15 milioni di ettari, il 4% delle superfici forestali canadesi. Questo non è un fenomeno isolato. Anche in Europa le foreste cominciano a cedere: in Finlandia, secondo l’Istituto LUKE, l’assorbimento netto è diventato negativo nel 2021. Le cause principali sono l’aumento dei tagli legnosi e l’incremento delle emissioni del suolo dovute a una più rapida decomposizione della lettiera causata dall’aumento delle temperature. Stessa tendenza in Estonia dal 2020 e in Germania, dove, tra siccità e patologie che colpiscono gli alberi indeboliti, lo stock di carbonio forestale è diminuito di 41,5 milioni di tonnellate dal 2017.

Secondo Davide Pettenella, senior policy advisor di Etifor, non si può più tergiversare: “Abbiamo già perso il treno per gestire correttamente il ruolo delle foreste nelle politiche climatiche quando dovevamo puntare sul loro ruolo temporaneo di mitigazione mentre cambiavamo il nostro modello energetico. Ora, con temperature medie salite di 1,48°, le foreste da opportunità rischiano di diventare parte del problema e devono essere gestite con maggiore cura e attenzione per non aggravare i bilanci di gas a effetto serra”. 

Ancora qualche dato. Si può quantificare un accumulo di carbonio, dalle nuove foreste, di circa 2,5 tonnellate per ettaro per anno, che corrispondono a 9,2 tonnellate di CO₂ equivalente per ettaro per anno). Tenendo conto che le emissioni di un cittadino italiano sono di circa 9 tonnellate per anno di CO₂ equivalente, ne deriverebbe che 1 ettaro di nuova foresta potrebbe compensare le emissioni annuali di 1 cittadino italiano qualora tutta la produzione della foresta fosse destinata unicamente a tale fine. Come termine di paragone ricordiamo che, a fronte di una popolazione di oltre 60 milioni di persone, le foreste sul territorio italiano coprono una superficie totale di circa 9 milioni di ettari. Di là dalla reale possibilità di estendere ulteriormente la superficie coperta da alberi, bisogna considerare che il potenziale assorbimento viene conteggiato, di norma, su un periodo di decadi (30-70 anni), corrispondente al ciclo di sviluppo della foresta. Ne deriva che nei casi in cui vengono “vendute” le quote di carbonio oggi, si sta però calcolando la fissazione che avverrà in futuro. In un intervallo di tempo cosi lungo è possibile che accadano eventi (in termine tecnico si chiamano “disturbi”) che possono danneggiare la foresta e vanificare completamente o in parte l’accumulo di carbonio. Ad esempio si possono verificare incendi, attacchi parassitari, danni da vento, siccità etc. In relazione a quanto scritto sopra, l’efficacia di tali eventi dovrebbe essere valutata nelle ipotesi di rimboschimenti compensativi, molti dei quali, tra l’altro, sono eseguiti in paesi in via di sviluppo, così come prevedono gli accordi di Kyoto. Ovvio che il problema diventerebbe drammatico se fosse confermata la tendenza che vede le foreste trasformarsi, proprio come conseguenza dell’aumento delle temperature, da carbon sink a ulteriori fonti di emissione di CO₂.

MarTa0

Fonti: https://www.greenreport.it/ https://www.scienzainrete.it/ https://www.etifor.com/it/

La tabella riporta la capacità di assorbimento di una foresta di un ettaro per ciascuna specie, nel periodo di un anno solare di sistemi forestali in cui la vegetazione ha raggiunto la maturità.

Tipi di vegetazione

Gestione forestale

Assorbimento annuo a maturità delle  foreste  Ton CO₂/ ha/ anno

Abete

Fustaia

24,20

Larice

Fustaia

24,20

Pino

Fustaia

16,02

Cipresso

Fustaia

16,72

Pioppo

Arboricoltura

9,89

Faggio

Fustaia/Ceduo

9,80/8,49

Cerro

Fustaia/Ceduo

9,41/6,50

Castagno

Fustaia/Ceduo

9,00/8,76

Leccio

Fustaia/Ceduo

8,53/7,97

Bosco misto

Misto

7,74

 

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