A distanza di un secolo dal sequestro e dall’assassinio di Giacomo Matteotti, partendo da quel drammatico fatto, vogliamo ricordarlo con una mostra-evento che prenda in esame il lungo esilio antifascista in Europa e nelle Americhe. Senza dimenticare la prima resistenza, a partire dagli anni ’20, davanti al fascismo montante da parte dei partiti di sinistra, dei sindacati, delle organizzazioni operaie come Case del Popolo, Circoli di Cultura e Cooperative e, soprattutto, del movimento degli Arditi del Popolo.
Con l’affermazione fascista, sancita prima dallo squadrismo nei confronti del movimento operaio e poi dall’introduzione delle leggi eccezionali che abolirono le libertà individuali e associative, le opposizioni furono messe fuori legge e costrette ad espatriare. L’esilio antifascista fu un periodo difficile e drammatico per i nostri esuli, perseguitati dall’OVRA, la polizia politica di Mussolini, e sottoposti, anche nei paesi democratici, a forti pressioni abbinate a processi di espulsioni richiesti dal regime.
Anche fuori dall’Italia l’opposizione democratica, socialista, repubblicana e libertaria trovò, nonostante le differenze, in Giacomo Matteotti un simbolo unificante nel cui nome furono costruite manifestazioni internazionali, eventi di solidarietà e costanti richiami sulla stampa italiana ed estera, diventando un punto di riferimento nella battaglia antifascista.
Basti pensare che, già alla fine di giugno 1924, in Francia venne formato un Comitato d’Azione antifascista composto da anarchici, socialisti e repubblicani, che proponeva la costituzione delle legioni garibaldine da inviare in Italia per rovesciare il regime. Per i socialisti facevano parte di questo Comitato Gino Solmi, Luigi Campolonghi, Ernesto Caporali e Francesco Ciccotti; per gli anarchici Alberto Meschi, Armando Borghi e Ugo Fedeli e per i repubblicani Aurelio Natoli e Alceste De Ambris.
Daremo conto del ruolo dei Partiti Socialisti, del Partito Repubblicano Italiano nelle sue varie componenti, dei Gruppi Anarchici, dei movimenti che si costituirono nell’esilio con la Concentrazione Antifascista, Giustizia e Libertà e la Lega per i Diritti dell’Uomo. Un discorso a parte meriterebbe il Partito Comunista d’Italia che fu la forza più consistente, ma anche quella meno disponibile sul piano delle convergenze antifasciste, almeno fino alla strategia dei Fronti Popolari, interrotta con il patto tedesco-sovietico del 1939 e ripresa solo dopo l’aggressione tedesca all’URSS del 1941.
Cercheremo di evidenziare alcuni passaggi significativi dell’esilio antifascista: nel 1926 si ricostituirono a Parigi – dove dal 1922 era attiva la Lega Italiana dei Diritti dell’Uomo (LIDU), diretta da Luigi Campolonghi e Alceste De Ambris e preposta all’assistenza agli esuli – i partiti socialisti; nel 1927 si costituirà la Concentrazione Antifascista della quale faranno parte tutte le forze politiche ad esclusione dei comunisti. Nel 1929, dopo l’evasione da Lipari di Rosselli, Lussu e Nitti, si formò l’originale movimento di Giustizia e Libertà e, nel 1930, si registrerà l’unificazione dei partiti socialisti sollecitata dall’Internazionale Operaia Socialista. Nel 1932 ci fu la scissione del Partito Repubblicano operata da Rossetti e Schiavetti. Nel 1934 si delineò il Patto d’Unità d’Azione fra Socialisti e Comunisti che avvierà la stagione dei Fronti Popolari e nel 1935 ci sarà il Convegno d’Intesa a Parigi degli anarchici italiani fuoriusciti nei vari paesi europei che definirà un nuovo programma per l’insurrezione contro il fascismo.
L’esilio fu un grande laboratorio dove, mentre si continuava ad analizzare il fenomeno fascista anche nei suoi risvolti internazionali, si preparavano vari progetti, collegati spesso con la Resistenza clandestina in Italia per abbattere il regime. Ogni organizzazione cercò di portare avanti i propri programmi costruendo alleanze, fronti popolari, piani di azione antifascista denunciando le politiche coloniali e di guerra del fascismo e i pericoli di un conflitto europeo scatenato dai regimi totalitari.
Vi fu anche un grande impegno internazionalista in difesa della repubblica spagnola, aggredita dal franchismo, che stava realizzando un processo di trasformazione sociale di segno egualitario e libertario. “Oggi in Spagna, domani in Italia” sarà l’indicazione con la quale giellisti, anarchici e antifascisti costruiranno la prima colonna italiana che arrivò nell’estate del 1936 in Spagna, seguita successivamente dal Battaglione Garibaldi, guidato da Randolfo Pacciardi e di cui facevano parte i partiti socialista, comunista e repubblicano.
L’esperienza spagnola, segnata dalle profonde trasformazioni sociali sviluppate dal movimento anarchico, terminò nel 1939, davanti alla crisi europea che portò alla Seconda Guerra Mondiale, anche per il disinteresse delle democrazie occidentali, preoccupate di non alterare gli equilibri politici, mentre il fascismo italiano e il nazismo tedesco sostenevano il franchismo con un massiccio intervento militare, in un contesto, fra l’altro, che vedeva forti contrasti nello schieramento antifascista.
Buona parte degli antifascisti italiani ripiegarono in Francia dove nel 1940, con l’invasione nazista, si forma la repubblica di Vichy che procederà all’espulsione dei profughi consegnandoli al governo fascista che li invierà nelle carceri o al confino politico. Proprio quel confino politico che aveva ospitato nel centro sud e nelle isole ben 15.000 deportati dal fascismo e che avrà un ruolo importante nel preparare la Resistenza in quanto assumerà in larga parte l’esperienza dell’esilio antifascista.
La mostra si occuperà anche di questo periodo cruciale che vide il rientro in Italia dei partiti e delle organizzazioni che, seppur nelle loro diversità, daranno vita alla lotta di Liberazione con le Formazioni Autonome, le Formazioni libertarie, le Brigate Garibaldi, le Brigate di Giustizia e Libertà e le Brigate Matteotti, legate al Partito Socialista di Unità Proletaria e terze per consistenza numerica dopo quelle Garibaldi e di Giustizia e Libertà.
Tra la Resistenza e i primi decenni del secondo dopoguerra si è potuto parlare di una “oscurata memoria di Matteotti”, alla quale hanno contribuito la scissione socialdemocratica del gennaio 1947 ma anche le vicende processuali degli assassini. La revisione del processo-farsa degli esecutori dell’omicidio a Chieti (marzo 1926), richiesta dallo “Avanti!” già nel giugno 1944, e l’amnistia Togliatti del 1946 avrebbero portato al proscioglimento della maggior parte degli imputati.
ANPI REGGIO EMILIA
ARCHIVIO FAI REGGIANA
CIRCOLO ARCI CUCINE DEL POPOLO
ISTORECO REGGIO EMILIA
Aderisce: COMITATO ANTONIO PICCININI