Kill the police bill

La violenta repressione della veglia per Sarah Everard, rapita e uccisa dal poliziotto Wayne Couzens, ha innescato una più ampia protesta contro le violenze della polizia. Una recente inchiesta ha rivelato che ben 600 uomini delle forze dell’ordine inglesi si sono resi protagonisti di reiterati episodi di molestie tra il 2012 e il 2018.
La capa della polizia metropolitana Kressida Dick, la prima donna alla guida della polizia londinese, ha cercato di minimizzare l’episodio ed ha respinto le richieste di dimissioni, facendo leva sul suo essere donna, come elemento di prevenzione. Una dichiarazione dal sapore decisamente agre.
Un’altra donna, Priti Patel, Segretaria di Stato agli affari interni, ha promosso il “Police Crime, Sentencing and Courts Bill”, una riforma che rischia di limitare seriamente la libertà di manifestare in Gran Bretagna.
Se passasse, questa legge darebbe all’Home Office e alla polizia un ampio margine di repressione delle proteste, anche quelle non violente, rendendo di fatto permanenti le restrizioni ora in vigore per il Coronavirus. Nella riforma è previsto anche il contrasto agli «accampamenti non autorizzati», misura presente nel manifesto Tory del 2019 i cui destinatari sono le comunità rom. Ma non solo. In Gran Bretagna molte persone, per scelta o per necessità, vivono in accampamenti informali di furgoni e camper.
Il Police Bill rinforza sensibilmente i poteri delle forze dell’ordine di disperdere anche le manifestazioni autorizzate.
Secondo la normativa vigente, la polizia britannica può infatti imporre restrizioni a una manifestazione soltanto se è in grado di dimostrare l’intenzione di provocare gravi disordini pubblici, danni alla proprietà o serie interruzioni della vita della comunità.
Con la Police Crime, Sentencing and Courts Bill le forze dell’ordine avrebbero invece il potere di criminalizzare manifestazioni che possano rappresentare “un fastidio pubblico”, fissando limiti di tempo e di rumore per i raduni. Inoltre, i manifestanti che non seguono restrizioni di cui “dovrebbero” essere a conoscenza, pur non avendo ricevuto ordini diretti da un agente, potrebbero essere sottoposti a procedimenti giudiziari.
In altri termini le street parade ed ogni altra manifestazione dove ci sia un’amplificazione con musica e interventi, potrebbe essere vietata dalla polizia. Non solo. Il concetto di “disturbo pubblico” è così vago, che qualunque tipo di manifestazione potrebbe essere bloccata in base all’umore politico delle forze dell’ordine.
Il Police Bill mira a colpire i movimenti più radicali, anarchici, femministe, black lives matter, extintion rebellion. Alcuni nuovi reati, per i quali sono previste pene severe, sono cuciti su misura su alcune pratiche di movimento, come la distruzione e imbrattamento di monumenti, per cui sono previste condanne a 10 anni di carcere. Immediato è il riferimento ai monumenti distrutti la scorsa estate, come quelli dello schiavista Edward Colston di Winston Churchill.
A Londra ed in varie città dal 13 marzo in poi si sono susseguite le manifestazioni contro la brutalità della polizia e contro la nuova legge.
Il 18 marzo a Bristol, uniti dallo slogan “kill the bill”, centinaia di persone hanno percorso per ore la città per poi dirigersi verso il commissariato di Bridewell.
L’appuntamento, lanciato informalmente tramite i social, era alle 13,30 a College Green. Inizialmente la polizia ha provato ad intimidire i primi arrivati, ma quando la folla è cresciuta, si sono ritirati.
Un corteo festoso con canti e balli, come di consueto a Bristol, ha attraversato il centro cittadino per ore. Verso la fine molti si sono accampati nel parco del castello. É stato a questo punto, mentre ma manifestazione si stava spontaneamente sciogliendo, che la polizia ha permato e portato via un manifestante.
Erano ormai le 18. Il corteo si è ricompattato, dirigendosi verso il commissariato centrale della città, Bridewell.
La protesta è stata inizialmente pacifica: circa duecento manifestanti, in maggioranza giovani donne, si sono sedute per terra di fronte all’edificio, gridando slogan, mentre il resto dei manifestanti restava in piedi sul marciapiede di fronte. I poliziotti erano pochissimi e in assetto di difesa, ma nessuno li ha attaccati, nonostante il rapporto di forza fosse in netto sfavore dei poliziotti.
Quando nell’area sono confluiti i rinforzi, la polizia ha attaccato i manifestanti con truppe a cavallo e spintoni, cercando di dividere e spezzare la manifestazione. I manifestanti hanno cercato di resistere e qualche pietra ha colpito una camionetta della polizia vuota e abbandonata. La polizia ha lanciato contro i manifestanti le unità cinofile e caricato violentemente, una ragazza è stata pestata mentre era seduta con le mani alzate. I manifestanti si sono difesi dagli spray al peperoncino e dai manganelli ed hanno contrattaccato. Le finestre del commissariato sono andate in pezzi, due mezzi della polizia sono stati incendiati. Gli scontri sono durati ore.
Le iniziative contro la repressione e contro il Police bill sono state promosse principalmente da collettivi femministi, ma anche dai movimenti antirazzisti, da ecologisti e ambientalisti, organizzazioni della sinistra radicale, gruppi anarchici. Ora, anche grazie alle proteste, l’iter del disegno di legge è stato sospeso, le prossime letture in Parlamento e la votazione sono state rimandate a dopo Pasqua.

Tratto da www.anarresinfo.org

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