Errico Malatesta, commentando l’uccisione del re Umberto I di Savoia, sul numero unico “Cause ed effetti” pubblicato a Londra nel settembre 1900, si soffermava su “l’ira accumulata dai lunghi tormenti (che) scoppia in tempesta e un uomo ridotto alla disperazione o un generoso commosso dai dolori dei suoi fratelli….alza il braccio vendicatore e colpisce dove crede che sia la causa del male” e concludeva affermando che, per quelli che detengono il potere “i colpevoli siamo noi. E’ sempre l’agnello che ha la colpa”. Ma queste sono le conseguenze di una determinata situazione ed è necessario perciò risalire alle vere cause della tragedia.
Il 1897 era un anno particolarmente sfavorevole per la produzione del frumento, non solo in Italia, ma anche in molti altri paesi. Gli speculatori ne approfittavano accaparrandosi grosse quantità di prodotto, provocando un aumento del prezzo del grano e conseguentemente delle farine.
Un governo attento ed all’altezza della situazione, per contenere l’aumento dei prezzi, avrebbe dovuto tempestivamente abbassare i dazi sull’importazione di grano, ma il presidente del consiglio Rudinì decideva tale misura con un ritardo tale da renderla del tutto inefficace in quanto, nel frattempo, la crisi tra Starti Uniti e Spagna per la questione cubana si era aggravata ed aveva provocato un aumento dei noli marittimi e del prezzo del grano sudamericano. L’inevitabile conseguenza era l’aumento del prezzo del pane che saliva progressivamente a 35, 40,45 centesimi al chilo, fino ad arrivare a 50 centesimi, corrispondente alla paga di metà giornata di un bracciante agricolo. La situazione si era fatta pertanto insostenibile ed il malcontento dilagava.
Nel gennaio 1898 ad Ancona la protesta era particolarmente significativa per l’adesione massiccia della popolazione e si estendeva progressivamente ad altre città della regione ed in seguito in Romagna. A Firenze, a Napoli ed infine a Milano le manifestazioni si trasformavano in vere e proprie insurrezioni. Nella città lombarda tutto iniziava il 7 maggio 1898 con uno sciopero spontaneo di alcuni operai della Pirelli che intendevano solidarizzare con coloro che in altre città erano stati caricati, feriti e processati per aver protestato per l’aumento del prezzo del pane.
Dopo, un primo scontro con la cavalleria, molti scioperanti venivano arrestati, la notizia si diffondeva e gli operai di altre fabbriche milanesi entravano in sciopero per solidarizzare con gli arrestati. Il generale Fiorenzo Bava Beccaris, comandante del corpo d’armata di Milano proclamava quindi lo stato d’assedio e pertanto la cavalleria e l’artiglieria nella notte fra il 7 e l’8 maggio prendeva posizione nelle strade sparando alla cieca ovunque si pensasse fossero presenti i “rivoltosi”. Il bilancio dell’operazione vedeva decine di morti e un imprecisato numero di feriti.
Ma l’ordine era stato ristabilito, si rimettevano in funzione i tribunali militari e si procedeva all’arresto di non meno di duemila persone. Congratulandosi per il lavoro svolto, il 6 giugno 1898 il re conferiva a Bava Beccaris la croce di grand’ufficiale dell’ordine militare dei Savoia e si soffermava sul servizio reso alla nazione.
Cause ed effetti sottolineava Malatesta nell’articolo citato all’inizio: le cause sono state, seppur sommariamente, ora descritte, gli effetti si sono visti a Monza il 29 luglio 1900 con l’uccisione del “re buono”.
Italino Rossi