L’industria bellica italiana partecipe nella corsa agli armamenti
I rombi funesti della guerra si sentono sempre più chiari e vicini al nostro Paese. Lo scontro, attualmente ancora indiretto, fra le vecchie potenze imperialiste occidentali a guida nordamericana e il nuovo e rampante blocco imperialista guidato da Cina e Russia rischia di far convergere in un unico scontro i numerosi fronti di guerra aperti in diverse parti del Pianeta, facendo apparire come un pericolo sempre più concreto la deflagrazione di un unico conflitto globale.
L’Italia si trova in una posizione strategica nel quadro dell’Alleanza Atlantica, specialmente dopo lo scoppio del conflitto russo-ucraino. La guerra in Ucraina coinvolge tutta la Comunità Europea, mettendo in forse la sicurezza e la stabilità politica ed economica di tutto il Continente. Questo in un quadro dove non sono stati spenti i focolai di guerra prossimi al nostro Paese: dal Nord Africa, al Caucaso, ai Balcani, al Medio Oriente, al Libano, alla Palestina. Va messo in evidenza che in tutti questi caldi fronti c’è sempre la presenza di armi e tecnologie avanzate provenienti dall’industria bellica italiana.
La posizione strategica dell’Italia all’interno della NATO sta favorendo il rafforzamento del dispositivo bellico nazionale. Il clima di militarizzazione si avverte in modo palese in tutto il Paese. La presenza dei militari con propri stage nelle scuole; il ripristino, il 4 novembre, in pompa magna della giornata delle forze armate; il ddl 1660 che ha lo scopo palese di reprimere il dissenso e controllare più meticolosamente il territorio, sono chiari segni che il Governo si sta attrezzando per sostenere un conflitto bellico generalizzato. Tutto questo corroborato dalle inequivocabili prese di posizione del Ministro degli Esteri Tajani e del Ministro della Difesa Crosetto che pongono l’Italia come strettissimo alleato del regime sanguinario e genocida israeliano e dell’Ucraina di Zelensky.
Il governo Meloni, mentre aumenta di soli tre euro le pensioni minime, mentre apporta tagli economici allo stato sociale, alla scuola e alla sanità pubblica, impegna decine di miliardi di euro per il rafforzamento del potenziale bellico italico.
Già abbiamo registrato il notevole sforzo economico impiegato nell’ammodernamento della flotta da guerra italiana, che ha visto nel 2023 la ristrutturazione radicale della sua ammiraglia, la portaerei Cavour. Attualmente impegnata in un’operazione militare nell’Indo/Pacifico in osservanza alla dottrina del Mediterraneo allargato, che estende la presenza della Marina italiana verso l’Estremo Oriente, la Cavour è stata ammodernata per potere ospitare i nuovissimi, costosissimi e micidiali aerei da caccia F35B, in sostituzione degli ormai vetusti Sea Harrier. Entro la fine del 2024 entrerà in servizio anche la modernissima portaerei multiuso Trieste. Queste moderne unità da combattimento sommate alla vecchia portaerei Garibaldi (che presto sarà ammodernata come unità porta droni) portano a tre il numero di portaerei in servizio nella marina da guerra italiana, disegnando il quadro di una Marina Militare aggressiva, super dotata, adatta a combattere anche in mari lontani. La flotta militare italiana è una delle marine più potenti all’interno della NATO, composta da ben 52 navi, organizzate in 2 gruppi da battaglia con capacità d’altura e almeno 3 gruppi di spedizione anfibia.
Oltre ai mezzi navali già in servizio attivo sono attualmente in costruzione: 2 fregate, 3 pattugliatori d’altura, 4 sottomarini, 4 pattugliatori polivalenti PPX, 1 unità (SDO-SURS), 2 unità ausiliarie (MTC/MTF), 1 A 5336 Atlante nave di supporto logistico, 1 Nave Idrografica Oceanografica Maggiore (NIOM), 4 unità per tirocinio di manovra, 4 rimorchiatori di supporto.
Un paradosso, per un Paese che con l’articolo 11 della costituzione repubblicana “ripudia la guerra”, il dotarsi di una forte e aggressiva Marina Militare super dotata e adatta per combattere anche in mari lontani, una marina che funga da gendarme imperialista, con la sua presenza costante (oltre che nel Mediterraneo) nel mar Rosso, nel Golfo Persico, nell’Oceano Indiano.
In previsione di un conflitto globale è in corso anche l’ammodernamento di tutto l’apparato bellico italiano. È previsto il potenziamento e l’ammodernamento totale del parco dei mezzi corazzati. La nostra industria bellica si sta attrezzando allo scopo. Nell’ottobre del 2024 la Leonardo spa ha siglato l’accordo con la tedesca Rheinmetall per la creazione di una nuova joint venture, con l’obiettivo di dar vita a un nuovo gruppo europeo per lo sviluppo e la produzione di veicoli militari da combattimento.
Il programma è ricostituire l’intera flotta cingolata delle FFAA italiane, composta sia da nuovissimi veicoli leggeri Ifv per sostituire il Dardo, e da un potente carrarmato pesante, il Main Battle Tank. Il Panther KF51 della Rheinmetall sarà la base per il nuovo carrarmato da combattimento, che sostituirà il carrarmato Ariete. La nuova piattaforma Lynx risponderà alle esigenze del programma Armored Infantry Combat System. Entrambi i mezzi saranno italianizzati, con il 60% delle attività sviluppate in Italia. La Rheinmetall e la Leonardo spa hanno in programma di sviluppare tecnologie all’avanguardia a livello internazionale. Si pensa già alla commercializzazione delle nuove macchine di morte verso tutti i Paesi “alleati” ed “amici”. Ma non finisce qui: la Leonardo spa e la Rheinmetall prevedono lo sviluppo e la produzione di altri veicoli da guerra, come veicoli da recupero, da ingegneria e da posa ponti.
Il programma italiano dell’Aics prevede l’acquisizione futura di oltre 1.000 sistemi di combattimento corazzati in 16 varianti. Oltre al classico veicolo da combattimento di fanteria, ci saranno versioni antiaeree, da ricognizione e anticarro.
La Rheinmetall senza peli sulla lingua dichiara: “Stiamo creando un nuovo peso massimo nella produzione europea di carri”, “Ci rivolgiamo, in prima istanza, al mercato italiano, ma ci rivolgeremo anche ad altri paesi partner che in futuro avranno bisogno di modernizzare i loro sistemi di combattimento. Rheinmetall possiede le tecnologie perfette per le esigenze dell’Italia”. Le guerre generano profitti miliardari per le fabbriche di morte.
Il miele dei profitti facili attira tanti calabroni affamati di denaro. Nel novembre 2024 in questa avventura di produzione di macchine di morte è entrato anche John Elkann, con un accordo siglato fra Iveco Defence vehicles (Idv), la divisione dei veicoli militari del gruppo controllato da Exor, con Leonardo spa per partecipare come sub fornitore alla commessa per i nuovi carri dell’esercito italiano per la neo costituita joint-venture tra la Leonardo spa e Rheinmetall. Iveco Defence Vehicles sarà fornitore di Leonardo spa nella produzione dei cingolati dell’Esercito. Il valore delle commesse in ballo ammonta a circa 23,2 miliardi di euro.
Ma in Italia non ci sono solo la Leonardo spa e la Iveco a fare lucrosi profitti con le guerre in corso. Oltre ai mezzi corazzati l’industria bellica italiana si pone all’avanguardia di micidiali armi leggere. Nelle attuali guerre tecnologiche in corso protagonisti sono i micidiali piccoli droni che piombano come falchi su uomini e mezzi, seminando morte e distruzione. Per arginare gli attacchi micidiali dei droni nasce in Italia il primo fucile antidrone, un’arma leggera destinata a diventare protagonista in tutti i teatri bellici attuali e futuri. Il fucile antidrone è prodotto dalla Benelli di Urbino (Gruppo Beretta Holding) ed è la prima arma leggera antidrone destinata a diventare protagonista in tutti i teatri bellici. Si chiama “M4 AI Drone guardian”. La Benelli, leader nei fucili da caccia, è anche in grado di fornire armi di ultima generazione destinate alle forze dell’ordine e agli eserciti. La Benelli/Beretta ha già ricevuto richieste di acquisto da diversi Paesi: Stati Uniti, Francia, Germania, Giappone, Ucraina. La Benelli/Beretta produrrà circa 30 mila esemplari già il primo anno.
Fra i compiti prioritari del movimento contro la guerra, per fermare i signori della guerra, per ostacolare la catastrofe globale, c’è quello di organizzare l’opposizione alle politiche militariste e di riarmo del Governo, continuare la pressante campagna per la riconversione dell’industria bellica in industria di pace, il boicottaggio e il sabotaggio della produzione bellica, il sostegno a tutti i disertori (ucraini, russi, israeliani), il sostegno a coloro che rifiutano di prendere le armi contro altri uomini che hanno solo il torto di stare sotto una bandiera di diverso colore.
Renato Franzitta