Sono state già da tempo annunciate le Olimpiadi invernali nell’anno 2026 che avranno luogo nel raggio d’azione che va da Cortina a Milano. Nella città di Milano si è costituito il Comitato Insostenibili Olimpiadi (CIO). L’obbiettivo è quello di opporsi soprattutto all’ennesimo espediente di costruire strutture, elargendo soldi pubblici alle speculazioni dei privati, con il consumo di altro suolo pubblico già gravemente compromesso, per poi essere abbandonate, come già avvenuto tristemente in esperienze precedenti.
Tutto questo avviene in una città in cui si tende ad espellere dagli spazi abitativi le classi lavoratrici, fino addirittura ipotizzare progetti di trasferimenti in territorio ligure per venire a lavorare a Milano con treni ad alta velocità. Perché Milano deve sempre più diventare la città per ricchi e dell’alta moda. A questo fine la politica in auge da parte della amministrazione di centro-sinistra, con in testa il sindaco Sala, è quella delle dismissioni delle opere e dei servizi pubblici per darle in pasto alle speculazioni dei privati. Mentre si pensa alla realizzazione dello spettacolo delle Olimpiadi a Milano le dismissioni delle strutture pubbliche sportive non si contano più: Agorà Palazzetto del Ghiaccio, la piscina del Lido, l’ippodromo, la piscina Scarioni, lo stesso stadio di San Siro è messo in vendita, ecc. Tutte strutture pubbliche offerte alle speculazioni dei privati, come il caso di importanti costruttori di piscine che hanno già messo gli occhi per trasformare quelle dismissioni in progetti di privatizzazione a scapito dell’utenza più popolare e un’offerta alle classi più agiate.
Accanto a questi aspetti di fondamentale importanza la critica nei confronti delle Olimpiadi invernali è rivolta anche alla mercificazione dello sport stesso, sempre più mezzo per realizzare profitti e sempre meno usufruibile dalla popolazione con meno possibilità economiche.
Tre giornate di contro-Olimpiadi
Il Comitato Insostenibili Olimpiadi ha organizzato le “Utopiadi” dal 25 al 27 ottobre, tre giornate di mobilitazione e di opposizione al progetto Olimpiadi invernali. Venerdì 25 è stato occupato proprio Agorà, l’ex Palazzetto del Ghiaccio attualmente in abbandono, organizzando una adeguata sistemazione al proprio interno per renderlo usufruibile in quelle giornate alla pratica dello sport popolare, come risposta alle Olimpiadi assegnate. Per cui durante le tre giornate si sono svolte esibizioni e gare da parte dei partecipanti alle palestre popolari di Milano e di molte altre città italiane e dall’estero, in particolare di boxe, calcio, pallavolo, pole dance, yoga, combat sambo, capoeira e rugby. Molto consistente la partecipazione di sportivi, con le medesime caratteristiche, provenienti dalla Francia.
Occupazioni come risposta alla repressione e ai bisogni
Nella stessa giornata, in altro luogo di Milano, viene occupata l’ex piscina Scarioni da lavoratori immigrati. Questi lavoratori e le loro famiglie erano rimasti senza casa dopo che nell’immobile dove abitavano è scoppiato un incendio. Quando hanno manifestato al Comune per la soluzione al loro drammatico problema abitativo hanno ricevuto solo promesse senza seguito. Allora avevano occupato lo stabile di Casa Loca, una struttura che dopo 20 anni di occupazione era stata sgomberata quest’agosto. Ma questo tentativo di rioccupazione ha avuto vita breve, perché dopo pochi giorni sono stati sgomberati e costretti a vivere in un grande tendone nel piazzale Leonardo da Vinci.
Riportiamo il commento di un compagno che si è recato il giorno successivo alla piscina Scarioni per dare il proprio contributo: “Quando sono passato alla Scarioni c’erano molti compagni e tutti lavoratori occupanti. Situazione non bellissima anche se almeno hanno acqua e luce. Molto meglio rispetto all’accampamento del piazzale Leonardo Da Vinci. Ma non ci sono camere e quindi si dormirà o nei cartoni o nelle tende. Come sappiamo il posto è chiuso da due anni ed è stato venduto dal Comune ad un Fondo spagnolo che ha già un progetto di recupero. Vi è, quindi, un duplice aspetto nel rivendicare questa riappropriazione: quello della denuncia della svendita del patrimonio pubblico e del cambio di destinazione, da piscina popolare per tutti a posto per l’élite! Il secondo aspetto è quello di obbligare il Comune prendersi carico del problema abitativo sia generale che nello specifico di cinquanta lavoratori”.
Il programma delle “Utopiadi” in uno spazio occupato
Nelle tre giornate si sono svolte varie iniziative, da quella in solidarietà con il popolo palestinese a filmati a tema, conferenze informative, ma soprattutto tanto, tanto sport popolare. I contenuti sono: ”Milano è la metropoli olimpica e del ‘capitalismo inclusivo’, una città in cui si registrano 300 sfratti esecutivi al mese e la povertà ha raggiunto il picco degli ultimi 10 anni. Ad essere espulsi dalla città sono anzitutto lavoratori dei cantieri edili e della logistica, precari e immigrati, lavoratrici della cura, della ristorazione e dei servizi di base, ma anche educator*, lavoratori nella sanità e nel trasporto locale; studenti locali e fuori sede, deprivati di fatto del diritto allo studio per motivi di censo, a cui è negato un posto letto negli studentati privatizzati. Milano la città della crisi abitativa e del consumo di suolo senza freni, dove il Sindaco Sala e l’assessore alla Casa Bardelli promettono ai padroni del mattone un ‘piano casa’ da 10.000 nuovi appartamenti a canone calmierato, nonostante nei soli confini comunali ci sia un numero equivalente di case popolari vuote e abbandonate. Per le Olimpiadi invernali è previsto un reclutamento di 18mila volontari in favore di un grande evento privato, per lavori da svolgere gratuitamente. Capitale dei Giochi Olimpici mentre si smantella quotidianamente l’accesso allo sport di base e dove si registrano le più alte tariffe d’impianti in Europa; un modello di gestione della crisi sportiva che passa attraverso chiusura, privatizzazione e ‘riqualificazione’. Rispondiamo con la pratica sportiva più autentica e popolare, quella autogestita e dal basso, riprendiamoci la città a cominciare dagli spazi abbandonati. Lanciamo quindi le nostre ‘Utopiadi’ perché l’utopia è un luogo che non esiste ancora, ma che possiamo e dobbiamo costruire tutt* insieme e che stiamo già realizzando con le nostre pratiche collettive quotidiane”.
Nella giornata del sabato, come previsto nel programma delle “Utopiadi”, alle 15,30 ci si è ritrovati sotto il palazzo della Regione dove si sono svolti degli interventi inerenti al tema per poi partire in corteo dietro uno striscione che riportava la scritta “Milano – Cortina 2026/Dalla montagna alla città/Olimpiadi Insostenibili”. Venivano portati cartelli a tema e sventolavano le bandiere rosso/nere delle “Utopiadi”. Durante il percorso, purtroppo sotto la pioggia, si svolgevano interventi incentrati soprattutto contro una politica che sta costruendo una città delle vetrine e del lusso, basata sulle privatizzazioni e sulle speculazioni che emargina lavoratori/ lavoratrici e i ceti popolari. Il corteo è arrivato fino al piazzale della Stazione Centrale dove si è unificato al corteo in solidarietà del popolo palestinese con una partecipazione totale di circa 2500 manifestanti.
Nel pomeriggio di domenica dalle ore 15 si è svolta una assemblea conclusiva da parte dei partecipanti in cui si è fatto un bilancio delle giornate e tracciato una prospettiva per il futuro, tra cui una prossima iniziativa di protesta a Cortina. Si è anche ragionato sulla potenzialità dello sport popolare che attraverso iniziative pubbliche può diventare un utile strumento, assieme ad espressioni musicali, culturali e di gioco, per rivitalizzare la vita sociale nei quartieri popolari. A fine della assemblea si sono smontate tutte le strutture che hanno reso possibile le tre giornate, si sono spente le luci e l’occupazione della struttura è terminata…al momento.
Enrico Moroni