Uso della forza e violenza del potere

I lavori pubblicati nel libro “Piombo con piombo” ci permettono di osservare l’evoluzione del dibattito nel movimento anarchico sul tema della forza; cioè della forza che le classi subalterne o individui e gruppi che ne fanno parte devono usare per difendersi dalla violenza del governo e delle classi privilegiate.

“Piombo con piombo”: il 1921 e la guerra civile italiana, a cura di G. Sacchetti, riporta i lavori di una trentina di studiosi, presentati in due convegni scientifici; numerose le parti dedicate specificatamente al movimento anarchico.

L’ascesa del fascismo, garantita dall’impunità concessa dalle istituzioni del regno d’Italia alle violenze squadriste, assieme all’attentato al teatro Diana di Milano, che provocò 21 morti (1921), stimolò nel movimento anarchico una riflessione sull’uso della violenza politica, ampiamente riportata nei lavori contenuti nel volume.

La corrente comunista anarchica organizzatrice, che nel 1920 aveva dato vita all’Unione Anarchica Italiana (UAI), riprese gli argomenti usati nella polemica contro il ravacholismo tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900, per porre fine all’isolamento del movimento rispetto alle grandi masse sfruttate, alla confusione di idee e alla disorganizzazione.

La figura di Gigi Damiani è esemplare da questo punto di vista. Militante anarchico fin dalla prima giovinezza, a lungo perseguitato e per questo costretto all’esilio, prima dalla reazione crispina e poi dal fascismo, Gigi Damiani è stato uno dei più influenti esponenti della tendenza cosiddetta antiorganizzatrice, ebbe la vicedirezione di “Umanità Nova” quotidiano e ne assunse la direzione al suo ritorno in Italia nel 1946 fino alla morte.

Riprendendo quanto scritto in un precedente lavoro di Gigi di Lembo, Elena Papadia definisce Damiani come il portavoce degli individualisti su Umanità Nova. In merito all’attentato del Diana e alla posizione espressa da Enrico Malatesta sull’attentato, Damiani così si esprime “se interrogato in tempo mi sarei rifiutato di sottoscrivere quel piagnisteo di perfetto sapore tolstoiano che, in quest’ora di tormenta, mi sembra anche un inutile atto di debolezza. Scopriamoci di fronte ai poveri morti del Diana ma non chiediamo i Fioretti di San Francesco, lo stile mellifluo per le omelie sulla pace sociale“. Occorreva piuttosto riaffermare “la nostra volontà rivoluzionaria, la rivoluzione intera non soltanto come organizzazione accademica ma come opposizione di forza a forza, di violenza a violenza“. Il lavoro di Pietro di Paola ci restituisce un pensiero di Gigi Damiani più evoluto, sotto la pressione delle violenze fasciste. Così si esprime Damiani presentando il programma di “Fede!“: “i facinorosi che ieri erano venuti a noi per praticare la violenza per la violenza, non sono più con noi. Insieme a quelli che erano a noi per sfruttare l’ingenuità, e non soltanto l’ingenuità nostra, onde farsi un nome e valorizzarsi presso il nemico, essi se ne sono andati nelle fila di chi ricostruisce la ricchezza nazionale incendiando e persuade che siamo tutti fratelli a randellate “. Nel 1924 rispondendo a una lettera di Nella Giacomelli sempre su “Fede!”, concorda in merito all’esagerazione compiuta dal Movimento anarchico, o da parte di esso, “dando diritto di cittadinanza anarchica alla Corte dei Miracoli, soltanto perché questa rappresentava una sorgente a getto continuo di insofferenza di malcontento e di ribellione“. Cosicché molti erano passati poi al fascismo “perché nella loro coscienza non vi era mai stata la nostra fede. Ma vi era solo il pretesto per essere violenti, per fare della violenza. E si spiega perché sotto il pretesto nuovo, e con garanzia di successo questi facinorosi siano passati entusiasti al fascismo ed abbiano massacrati i compagni di ieri ai quali rimproveravano le violenze “inutili e bestiali” da essi, ieri compiute”.

Non fu il solo Damiani ad abbandonare le precedenti posizioni illegaliste, basti pensare ad Ugo Fedeli e a Giuseppe Mariani. Ugo Fedeli, nel primo dopoguerra membro della redazione di “Nichilismo” e fondatore della rivista “L’individualista”, passò poi su posizioni classiste e organizzatrici. Giuseppe Mariani, condannato all’ergastolo per l’attentato al Diana, pubblicherà la sua autobiografia con l’eloquente titolo di “Memorie di un ex-terrorista”. Come Fedeli, aderirà alla Federazione Anarchica Italiana.

Periodicamente, per il movimento anarchico si pone il problema di fare chiarezza nei confronti di chi, professandosi anarchico ed eccitato dall’idea di scandalizzare i benpensanti, si dipinge più cattivo di quello che è, formulando paralogismi che vanno di sbieco e arricchendo gli scaffali di cattiva letteratura.

Tiziano Antonelli

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