Le crisi rivoluzionarie spingono le donne in primo piano e la rivoluzione del marzo 1917 in Russia non fa eccezione. La marcia organizzata per la giornata internazionale della donna fu la scintilla che spinse le masse di Pietrogrado all’insurrezione del 23 febbraio 1917 – la Russia zarista seguiva infatti il calendario giuliano, che era indietro di due settimane rispetto a quello gregoriano adottato negli altri paesi.
Dopo la dichiarazione di guerra dell’impero zarista all’Austria-Ungheria, i popoli della Russia furono coinvolti nell’immane tragedia della Prima Guerra Mondiale. Volin, in “La Rivoluzione Sconosciuta”, descrive così la situazione della Russia alla vigilia della rivoluzione di febbraio:
“abbastanza rapidamente, gli avvenimenti presero un corso imprevisto. Cominciò la serie delle sconfitte, e con esse tornarono le inquietudini, le delusioni amare, il profondo scontento e la collera del popolo. La guerra costava molto cara, in denaro e sopratutto in uomini. Milioni di vite umane dovettero essere sacrificate senza nessuna utilità, senza il minimo compenso. Di nuovo il regime dimostrò apertamente la sua incapacità, la sua corruzione, il suo fallimento.”
La guerra, intanto, aveva profondamente cambiato la condizione della donna. Mentre milioni di uomini combattevano al fronte, il numero delle donne impiegate nell’industria è salito ad oltre un milione; in particolare più di 250mila donne sono entrate a far parte della forza lavoro fra il 1914 e il 1917. Anche nelle campagne le donne hanno assunto altri ruoli, sostituendo nei lavori agricoli gli uomini al fronte. La mutata condizione sociale delle donne durante la guerra ha influenzato il loro ruolo nella prossima rivoluzione, mettendo in crisi l’oppressione patriarcale che, con la feroce repressione e la riduzione degli operai e dei contadini a “schiavi senza voce e senza diritti” (Volin) caratterizzava il regime zarista. Ancora Volin così descrive la situazione alla vigilia della Rivoluzione di febbraio:
“Ciò che spinse le masse del popolo alla esasperazione e che fece traboccare il vaso, fu soprattutto la disorganizzazione completa della vita economica – cioè della vita stessa – all’interno del paese. L’impotenza del governo zarista e gli effetti disastrosi della sua condotta, in un campo di così vitale importanza, imposero alle masse un’azione urgente e decisiva. (…) Ogni giorno tutti si rendevano conto, nell’esercito come nell’interno del paese, non solo del totale fallimento dello zarismo, ma anche della presenza di elementi pienamente capaci di sostituirlo e della maniera ignobile con cui il regime agonizzante, timoroso di questi elementi, ostacolava la loro azione, trascinando il paese intero verso la catastrofe. (…) Alla fine di febbraio, era assolutamente e definitivamente impossibile per il paese – dal punto di vista materiale e da quello morale – di continuare la guerra. Ed era altrettanto assolutamente e definitivamente impossibile per il popolo lavoratore delle città di procurarsi dei viveri. (…) Le cose erano a questo punto, quando, brutalmente, scoppiò l’esplosione di febbraio.”
Così Trotzkji descrive l’inizio dell’insurrezione di febbraio a Pietrogrado:
“Il 23 febbraio era la ‘giornata internazionale della donna’. (…) Ancora alla vigilia, nessuno si sarebbe sognato che questa ‘giornata della donna’ potesse inaugurare la rivoluzione. Non una sola organizzazione aveva preconizzato uno sciopero per quel giorno. Di più, un’organizzazione bolscevica tra le più combattive, il comitato del rione essenzialmente proletario di Vyborg, sconsigliava qualsiasi sciopero. (…) nonostante tutte le direttive, gli operai tessili abbandonarono il lavoro in molte fabbriche e inviarono delegazioni agli operai metallurgici per chiedere il loro appoggio nello sciopero. ‘Di malavoglia’ scrive Kajurov, i bolscevichi si misero in movimento, seguiti dagli operai menscevichi e socialrivoluzionari, (…) Il numero degli scioperanti, uomini e donne, fu quel giorno di circa 90.000. Lo stato d’animo combattivo si tradusse in manifestazioni, comizi, scontri con la polizia. Il movimento si sviluppò prima nel rione di Vyborg, dove si trovavano le grandi fabbriche, e arrivò poi al sobborgo di Pietrogrado. (…) In vari quartieri comparvero bandiere rosse e cartelli le cui scritte dimostravano che i lavoratori esigevano pane e non volevano più saperne dell’autocrazia e della guerra. La ‘giornata della donna’ era riuscita, era stata piena di slancio e non aveva causato vittime. Ma di che cosa fosse gravida, in serata nessuno ancora sospettava. All’indomani il movimento, lungi dal calmarsi, raddoppia di energia: circa la metà degli operai industriali di Pietrogrado sono in sciopero il 24 febbraio. (…) La parola d’ordine ‘pane’ è lasciata cadere o è soffocata da altre: ‘Abbasso l’autocrazia! Abbasso la guerra!’” “la rivoluzione di febbraio fu scatenata da elementi di base che superarono la resistenza delle loro stesse organizzazioni rivoluzionarie e l’iniziativa fu presa spontaneamente da un settore del proletariato oppresso e sfruttato più di tutti gli altri – i lavoratori tessili – tra cui indubbiamente si contavano non poche mogli di soldati” (da “Storia della Rivoluzione russa”).
La lotta delle donne ebbe quindi un ruolo fondamentale nell’insurrezione che rovesciò la tirannia zarista. Il 27 febbraio i soldati di stanza a Pietrogrado ed i marinai della flotta del Baltico, di stanza nella base di Kronstadt, si ammutinarono e si unirono ai rivoltosi; tre giorni dopo lo zar Nicola II abdicò ed il potere fu assunto da un governo provvisorio. Intanto sempre il 27 febbraio si era ricostituito il Soviet di Pietrogrado, cioè il consiglio dei delegati degli operai e dei soldati rivoluzionari. I soviet, che rapidamente si diffusero in tutte le città e in parte anche nelle campagne, erano più forti perché erano espressione dei ceti popolari e divennero sempre più forti per l’incapacità dei governi provvisori che si succedettero fino all’ottobre, di recepire le richieste dei lavoratori, degli operai, dei contadini, dei soldati.
La rivoluzione di febbraio fu una tappa importante anche per il movimento delle donne: dopo la rivoluzione furono riconosciuti i diritti politici alle donne e fu abolita ogni subordinazione nel codice civile.
Fra la fine del 19° secolo e l’inizio del 20° anche in Russia era molto diffusa l’opinione che le donne fossero inferiori agli uomini e che i ruoli sociali fossero rigidi e immodificabili. I Russi vedevano le donne come arretrate e superstiziose; anche fra i marxisti era diffusa l’idea che le lavoratrici fossero lo strato più arretrato del proletariato, incapaci di sviluppare una coscienza rivoluzionaria senza la guida del partito.
Con la rivoluzione di febbraio la specificità femminile e le questioni riguardanti i rapporti fra i sessi si conquistarono uno spazio autonomo all’interno del movimento rivoluzionario.
Tiziano Antonelli