L’analisi che segue è stata sviluppata a partire da una discussione che ha avuto luogo davanti al commissariato del Terzo Distretto quando le fiamme guizzavano dalle sue finestre, nel Giorno 3 dell’Insurrezione per George Floyd a Minneapolis. Avevamo raggiunto un gruppo di persone i cui volti, illuminati dal fuoco, irradiavano gioia e stupore per la strada. Persone di etnie diverse sedevano fianco a fianco parlando del valore tattico dei laser, dell’etica “del condividere tutto”, dell’unità interrazziale nella lotta contro la polizia e della “trappola dell’innocenza”. Non vi erano disaccordi: noi assieme, abbiamo riconosciuto i medesimi fattori che ci hanno aiutato a vincere. Migliaia di persone stanno condividendo l’esperienza di simili battaglie, nella speranza che verrà preservata la memoria di come portare avanti il conflitto. Ma l’istante del combattimento e la celebrazione della vittoria non sono commisurabili alle abitudini, agli spazi e ai legami della vita quotidiana e della sua riproduzione. È sconvolgente quanto sentiamo l’evento già distante da noi. Il nostro proposito è di preservare la strategia che si è dimostrata vincente contro il commissariato del Terzo Distretto di Minneapolis.
La nostra analisi si focalizza sulle tattiche e la composizione della folla che ha assediato il commissariato del Terzo Distretto nel secondo giorno dell’insurrezione. L’assedio si è protratto all’incirca dalle quattro del pomeriggio fino alle prime ore della mattina del 28 maggio. Noi riteniamo che la ritirata strategica della polizia dal commissariato del Terzo Distretto nel Giorno 3 sia stata una vittoria dell’assedio del Giorno 2, che ha sfiancato il personale e le riserve del Distretto. Siamo stati presenti al combattimento che ha preceduto l’evacuazione il Giorno 3, siamo arrivati proprio quando la polizia stava andandosene. Eravamo in giro per la città in un’area dove la gioventù si batteva corpo a corpo con la polizia cercando di razziare un centro commerciale – di qui la nostra attenzione incentrata principalmente sul Giorno 2.
Contesto
L’ultima rivolta popolare contro il Dipartimento di Polizia di Minneapolis aveva avuto luogo in risposta all’assassinio da parte della polizia di James Clark, il 15 novembre 2015. Erano state due settimane di tumulti, fino al due di dicembre. Gli assembramenti avevano ripetutamente affrontato la polizia con scambi di proiettili; tuttavia, la risposta alla sparatoria si era coagulata nell’occupazione del vicino Quarto Distretto. Il controllo della piazza era garantito da organizzazioni come il NAACP e la neonata Black Lives Matter; spesso si sono registrati attriti con i giovani più riottosi, non affiliati con nessuna delle organizzazioni, i quali preferivano lo scontro diretto con la polizia. Gran parte della nostra analisi si concentra su come i giovani ribelli afro-discendenti e ispanici (black and brown ndr) dei quartieri poveri e della classe operaia abbiano colto l’occasione di ribaltare questo rapporto. Pensiamo che questa sia stata una condizione determinante dell’insurrezione.
George Floyd è stato assassinato dalla polizia all’incrocio tra la 38esima Strada e la Chicago Avenue fra le 20.20 e le 20.32 di domenica 25 maggio. Le manifestazioni contro l’assassinio sono cominciate il giorno dopo nel luogo del delitto, dove era stata convocata una veglia. Vari convenuti si sono avviati in corteo verso il commissariato del Terzo Distretto a Lake Street all’incrocio della 26esima, dove i ribelli hanno attaccato i veicoli della polizia nel parcheggio.
Questi due siti sono diventati punti di riferimento significativi. Diversi gruppi comunitari, organizzazioni, liberali, progressisti, e gente genericamente di sinistra si sono concentrati sul luogo di veglia, mentre chi voleva lo scontro si è ritrovato intorno al commissariato. Questo ha significato una distanza di due miglia tra i due assembramenti davvero diverse, una divisione spaziale riprodottasi anche in altre aree della città. Chi è andato a fare gli espropri si è scontrato con la polizia in zone commerciali sparse fuori dalla sfera d’influenza delle organizzazioni, mentre molti dei cortei della sinistra hanno escluso gli elementi combattivi con la sperimentata tattica della “sorveglianza pacifica” in nome di un’avversione identitaria al rischio (di tafferugli e scontri ndr).
Il “Soggetto” dell’Insurrezione per George Floyd
Nella nostra analisi, il soggetto non è una razza, né una classe, né un’organizzazione, e neanche un movimento, ma è una folla. Ci concentriamo sul concetto di folla per tre ragioni. Anzitutto, ad eccezione degli street medics,[1] nessun partecipante era precedentemente organizzato. La vittoria è stata ottenuta grazie a individui e gruppi indipendenti che hanno coraggiosamente interpretato ruoli complementari e che hanno saputo cogliere le opportunità che si presentavano loro.
Mentre l’assembramento iniziale è stato convocato da un’organizzazione afroamericana, tutte le azioni che hanno materialmente dato scacco al commissariato, si sono avute dopo la fine di questa dimostrazione e perpetrate da gruppi di persone fuori da qualsiasi affiliazione o sigla. In quel momento, non si è vista nessuna delle solite facce degli autoproclamati leader comunitari e spirituali. La folla ha potuto liberamente trasformare la situazione. Le organizzazioni fanno sempre affidamento sulla stabilità e la prevedibilità al fine di potere mettere in opera strategie che richiedono lunghi tempi di elaborazione. Di conseguenza, i leader delle organizzazioni possono essere minacciati dai cambiamenti bruschi nelle condizioni sociali, che possono mettere all’angolo le loro organizzazioni. Le organizzazioni – anche quelle autoproclamate “rivoluzionarie” – hanno interesse a sopprimere la rivolta spontanea per poter reclutare invece chi è scontento e infuriato. Non importa se si tratti di un eletto, di un leader religioso, di un “organizzatore comunitario” o di un rappresentante della sinistra, il messaggio alla folla indisciplinata è sempre lo stesso: aspettate!
La forza che ha trionfato sul Terzo Distretto è stata una folla e non un’organizzazione, dal momento che i suoi obiettivi, i suoi mezzi e la sua composizione interna non erano diretti da “un’autorità centralizzata”. Questo si è rivelato strategicamente vincente, dal momento che la folla è ricorsa ad opzioni più pratiche, libera di creare inedite relazioni interne per adattarsi al conflitto in atto (analizzeremo di seguito questo aspetto nella sezione titolata “Lo schema della battaglia e la Composizione”).
La forza nelle strade del 27 maggio era concentrata in una folla (e non in soggettività organizzate ndr) perché i suoi componenti avevano poco a che spartire con l’ordine costituito amministrato dalla polizia. Fatto cruciale che fa comprendere il clima, è stata chiamata una tregua tra bande a dopo il primo giorno di sollevazione, neutralizzando, di fatto, le barriere territoriali alla partecipazione. La folla proveniva in gran parte dai quartieri operai e più poveri, afro e ispanici. Questo era particolarmente evidente nei soggetti che hanno bersagliato la polizia e vandalizzato ed espropriato negozi. Coloro che non si identificano come “titolari” del mondo che li opprime sono molto più portati a combatterlo o a saccheggiarlo quando se ne presenta l’opportunità. La folla non aveva interesse a giustificarsi con gli spettatori ed era scarsamente interessata a “significare” alcunché ad alcuno all’infuori di sé stessa. Non c’erano segni o discorsi, solo slogan al servizio dei compiti tattici di “gasarsi” (“Fuck 12!”) e d’interrompere la violenza della polizia esibendo una “innocenza” strategica (“Hands up! Don’t shoot!”).
Ruoli
Abbiamo visto le persone interpretare i seguenti ruoli:
Supporto medico
Esso include gli street medics e i medici che hanno garantito triage e prime cure in centri comunitari riconvertiti a due isolati di distanza dal commissariato. In altre circostanze potrebbero essere attrezzati i locali di una qualche ONG, in magazzini o in luoghi di culto vicini al movimento. Un gruppo di medici potrebbe anche invadere ed occupare un luogo per la sola durata degli scontri. Gli street medics non hanno interferito con le scelte tattiche della folla e hanno curato tutti coloro che ne avevano bisogno.
Controllori dei canali radio (della polizia) e operatori di canali Telegram
Ora è divenuta una pratica comune in molte città degli Stati Uniti, ma le persone che monitoravano i canali radio della polizia prestando orecchio alle notizie importanti hanno giocato un ruolo cruciale nel creare un flusso d’informazioni dalla polizia alla folla. È quasi certo che nel complesso la maggior parte della folla non ha utilizzato in sicurezza l’uso dei canali Telegram. Consigliamo di installare l’app Telegram su telefoni usa e getta per rimanere informati evitando che gli Sting-Ray della polizia (false antenne di telefonia cellulare ndr) traccino i loro dati personali e posizione.
Manifestanti pacifici
Le tattiche non-violente dei manifestanti pacifici hanno supportato due scopi tradizionali ed uno inedito: Hanno creato uno spettacolo di legittimità, intensificato mano a mano che andava scemando la violenza della polizia. Hanno creato una prima linea che bloccava i tentativi della polizia di avanzare quando si schieravano davanti al commissariato. In aggiunta, in una svolta imprevista degli eventi, i manifestanti pacifici hanno addirittura fatto scudo a chi lanciava oggetti contundenti.
Ogni qualvolta la polizia minacciava l’uso dei lacrimogeni o dei proiettili di gomma, i pacifici si allineavano davanti a loro con le mani in alto, scandendo “Hands up, don’t shoot!” (mani alzate, non sparate!). A volte si inginocchiavano, ma in genere solo durante i momenti di calma relativa nell’azione. Quando gli sbirri si schieravano fuori dal commissariato, le loro file si ritrovavano spesso a fronteggiare una linea di manifestanti “non-violenti”. Questo ha avuto l’effetto di stabilizzare temporaneamente lo spazio del conflitto e di offrire agli altri elementi della folla un bersaglio fisso. Per quanto ci siano stati alcuni manifestanti pacifici che hanno rabbiosamente intimato ad altri di non lanciare cose, sono stati pochi e si sono andati calmando nel corso della giornata. Ciò è stato probabilmente dovuto al fatto che la polizia ha cominciato da subito a sparare proiettili di gomma contro chi lanciava oggetti, il che ha fatto infuriare la folla. Da notare che generalmente si è dato il caso inverso – siamo abituati a osservare l’uso delle tattiche di conflitto per proteggere chi pratica la non-violenza (es., a Standing Rock e a Charlottesville). L’inversione di questo rapporto a Minneapolis ha garantito una maggiore autonomia a coloro che adottano tattiche di scontro.
Squadre di lancio
Le squadre di lancio hanno usato bottiglie di vetro, pietre, qualche Molotov e sparato fuochi d’artificio contro la polizia. I lanciatori non agivano sempre in gruppo, ciò li ha protetti dal diventare bersagli dei manifestanti non-violenti che volevano dettare le tattiche alla folla. Le squadre di lancio hanno perseguito tre scopi: (i) hanno allontanato la violenza della polizia dagli elementi pacifici della folla durante i momenti di escalation.; (ii) hanno pazientemente indotto l’esaurimento delle riserve di munizioni antisommossa della polizia; (iii) hanno costituto una minaccia all’integrità fisica della polizia, rendendole più faticosa l’aavanzata. Il primo giorno dell’insurrezione, ci sono stati attacchi su diversi Suv della polizia parcheggiati nel commissariato del Terzo Distretto. Questa attitudine (al lancio di oggetti vari ndr) si è confermata il Giorno 2, iniziando con il lancio di bottiglie di vetro sui poliziotti posizionati sul tetto del commissariato del Terzo Distretto e lungo l’edificio. Dopo che la polizia ha risposto con lacrimogeni e proiettili di gomma, le squadre di lancio a loro volta hanno iniziato a usare sassi. Elementi della folla hanno smantellato la piattaforma in pietra di una fermata d’autobus e usandola per rifornirsi di “proiettili”. Il calar della notte ha visto l’uso di fuochi d’artificio, il che si è poi ripetuto nei Giorni 3 e 4. Alcuni “Boogaloos”[2] avevano usato fuochi d’artificio il Giorno 1, ma da quanto abbiamo visto in seguito si sono per lo più ridotti a guardare seduti dai margini. Infine, va inoltre notato che la polizia di Minneapolis ha usato “marcatori verdi”, pallottole di gomma che esplodevano inchiostro verde per contrassegnare i manifestanti più riottosi ai fini di successivi arresti. Una volta che è diventato chiaro che il dipartimento di polizia aveva limitate capacità di fare fronte alla minaccia e che la folla poteva vincere, coloro che erano stati inchiostrati hanno avuto ogni incentivo a battersi come dannati contro la polizia.
Puntatori laser
Nella grammatica del movimento di Hong Kong, coloro che adoperano i puntatori laser sono chiamati “maghi della luce”. Come nel caso di Hong Kong, del Cile e di altri luoghi nel 2019, alcuni sono arrivati pronti con puntatori laser per aggredire le capacità visive della polizia. I puntatori laser implicano uno specifico rapporto rischi/rendimenti, dal momento che è molto facile tracciare le persone che li usano, anche quando operano di notte in una folla densa e attiva. Coloro che usano i puntatori laser sono particolarmente vulnerabili se mentre operano in piccoli assembramenti cercano di colpire singoli poliziotti o (soprattutto) elicotteri della polizia: ed è lo stesso anche se l’intero quartiere sta conducendo un esproprio in massa (l’uso diurno di laser ad alta frequenza dotati di mirini resta non verificato, almeno per quanto ne sappiamo). Ma il vantaggio dei puntatori laser è immenso: infatti compromettono momentaneamente il visus della polizia sul terreno e possono disabilitare i droni di sorveglianza interferendo con i loro sensori a infrarossi e con le videocamere di orientamento. In quest’ultimo caso, un drone fatto continuativamente oggetto di un puntamento laser può finire per atterrare ed essere distrutto dalla folla. Ciò è accaduto più volte nei Giorni 2 e 3. Se una folla è particolarmente densa e difficile identificare visivamente (qualcuno all’interno di essa ndr), i laser possono essere quindi usati dall’interno per allontanare gli elicotteri della polizia. Questo è stato dimostrato con successo il Giorno 3 subito dopo l’evacuazione del Terzo Distretto da parte della polizia, come pure nel Giorno 4 nei pressi della battaglia del Quinto Distretto.
Barricatori
I barricatori hanno costruito barricate con i materiali a portata di mano, inclusa una impressionante barricata che ha bloccato la polizia sulla 26sima strada poco a nord della Lake Street. In questa occasione la barricata era stata assemblata con un treno di carrelli da supermercato, una postazione di raccolta dei carrelli presa da un vicino parcheggio e con cassonetti e barriere della polizia, infine con pannelli di compensato e materiali per muratura da un cantiere edile. Al Terzo Distretto, la barricata ha fornito una utile copertura per gli attacchi con puntatori laser e i lanci di pietre, servendo anche come naturale punto di riferimento della folla per raggrupparsi. Al Quinto Distretto, quando la polizia è avanzata a piedi contro la folla, decine di persone hanno riempito la strada di più barricate consecutive. Per un verso, questo ha dato il vantaggio di fermare l’ulteriore avanzata della polizia, consentendo intanto alla folla di raggrupparsi fuori dalla portata delle pallottole di gomma. Tuttavia, è diventato rapidamente chiaro che le barricate scoraggiavano la folla dal riprendersi la strada, e sono state parzialmente smantellate in modo da facilitare una seconda pressione sulle linee della polizia. Può essere difficile coordinare difesa e attacco in una sola mossa.
Sound Systems
Casse e motori delle auto hanno fornito una colonna sonora che ha vivacizzato la folla. L’inno del Giorni 2 e 3 era “Fuck The Police” di Lil’ Boosie. Ma una novità inedita è stata quella di usare i motori per potenziare il frastuono e “svegliare” la folla. Ciò è iniziato da un pick-up con una marmitta modificata, parcheggiato dietro la folla. Quando le tensioni con la polizia sono salite ulteriormente ed è stato evidente che gli scontri stavano per ricominciare, il conducente ha spinto i giro del motore al massimo e l’ha fatto ruggire fragorosamente sulla folla. Altre auto modificate simili si sono poi aggiunte, come pure alcune moto.
Espropriatori
Espropriare funziona in tre modi. Primo, libera risorse per curare e nutrire la folla. Il primo giorno, i ribelli hanno cercato di prendere il negozio di liquori proprio accanto al commissariato del Terzo Distretto. Il loro successo è stato di breve durata, gli sbirri sono riusciti a riprenderne possesso. All’inizio della fase di stallo del Giorno 2, un gruppo di persone ha dato segno della propria determinazione scalando fino al tetto l’edificio del negozio per schernire la polizia dal tetto. La folla ha salutato quest’umiliazione, che implicitamente segnava l’obiettivo per il resto della giornata: dimostrare l’impotenza della polizia, demoralizzarla, e spossarne le capacità. Circa un’ora dopo, è iniziato l’esproprio del negozio di liquori e di un Aldi un isolato oltre. Se la maggioranza dei presenti partecipava all’esproprio, era pur chiaro che alcuni si incaricavano di renderlo strategico. Gli espropriati all’Aldi hanno recuperato un’immensa quantità di bottiglie di acqua, bevande sportive, latte, barrette proteiche e altri snaks e accumlato grosse quantità di queste risorse agli incroci stradali nelle vicinanze. Oltre al negozio di liquori e all’Aldi, il Terzo Distretto era vantaggiosamente vicino a un Target, un Cub Foods, un negozio di scarpe, un discount, un Autozone, un Wendy’s, e vari altri esercizi. Una volta che la pratica dell’esproprio è iniziata, tutto questo è divenuto immediatamente parte della logistica dell’assedio della folla al Distretto.
Il secondo luogo, l’esproprio ha sollevato il morale della folla creando solidarietà e gioia in un atto condiviso di trasgressione collettiva. L’atto del dono e lo spirito di generosità sono diventati accessibili a tutti, in un positivo contrappunto agli scontri corpo a corpo con la polizia.
Terzo e più importante, l’esproprio ha contribuito a mantenere ingovernabile la situazione. Nel momento in cui l’esproprio si diffondeva per tutta la città, le forze di polizia si ritrovavano sparpagliate. Il loro tentativo di mettere in sicurezza obiettivi strategici non faceva che rendere liberi gli espropriatori di dilagare in altre aree della città. Come un pugno scagliato contro l’acqua la polizia si è ritrovata frustrata da un avversario che si espandeva ovunque.
La decisione di dare fuoco agli esercizi espropriati può essere considerata tatticamente intelligente. Ha contribuito a limitare le risorse della polizia, dal momento che i vigili del fuoco forzati a estinguere continuamente incendi di strutture in tutta la città richiedevano ingenti scorte di polizia. Questo ha avuto un duro impatto sulla loro capacità di intervenire in situazioni di esproprio in via di svolgimento, rispetto ai quali nella maggioranza dei casi non sono mai intervenuti (ad eccezione dei centri commerciali e del magazzino Super Target sulla University Avenue). Ciò ha funzionato diversamente in altre città, dove la polizia ha optato per non scortare i pompieri. E ciò forse spiega perché i manifestanti sparavano in aria davanti ai veicoli antincendio durante i riot di Watts.
Nel caso del Terzo Distretto, l’incendio di Autozone ha avuto due conseguenze immediate: prima, ha forzato la polizia a scendere in strada e stabilire un perimetro attorno all’edificio per agevolare vigili del fuoco. Se ciò ha diminuito la pressione sul fronte del commissariato, ha però sospinto la folla su Lake Street, favorendo una serie di espropri e una proliferazione degli scontri diffusi su tutto il quartiere. Riducendo l’attrattività della folla nel luogo commissariato, la risposta della polizia all’incendio ha di fatto contributo a fare dilagare la rivolta nella città.
Lo schema della battaglia e la “composizione”
Chiamiamo assedio le battaglie del secondo e del terzo giorno intorno al commissariato perché la polizia è stata di fatto presa per logoramento. Lo schema della battaglia era contraddistinto da una intensificazione costante (degli assalti ndr) contrappuntata da escalation dovute alle controcariche della polizia e dall’espansione del conflitto, tramite l’uso dell’esproprio e di attacchi ad edifici aziendali. La combinazione dei ruoli sopra elencati ha favorito la creazione di una situazione risultata ingovernabile per la polizia, per quanto fosse tenacemente determinata a contenerla. La repressione richiesta da ogni sforzo di contenimento intensificava la rivolta e la sospingeva ulteriormente nelle zone limitrofe. Dal Giorno 3, ogni struttura privata nel dintorni del commissariato del Terzo Distretto era stata distrutta e la polizia non aveva che un “regno di ceneri” da esibire come trofeo dei suoi sforzi. Restava solo il loro commissariato, un obiettivo solitario con risorse erose. I ribelli giunti sul posto il Giorno 3 hanno trovano un nemico ridotto allo stremo. Restava da dare solo l’ultimo assalto.
Il Giorno 2 dell’insurrezione era iniziato con un corteo: i manifestanti erano nelle strade, mentre la polizia si attestava in cima al suo edificio con un arsenale di armi antisommossa. Lo schema dello scontro ha iniziato a prendere forma durante il corteo, quando la folla ha tentato di scalare i muri di recinzione del Distretto per vandalizzarlo. La polizia sparava pallottole di gomma e i portavoce del corteo invitavano alla calma. Dopo un po’, la gente ha tentato ancora. Quando la salva di pallottole di gomma è arrivata, la folla ha risposto con il lancio pietre e bottiglie. Questo ha dato il via ad una dinamica di escalation rapidamente accelerata una volta sciolto il corteo. Qualcuno faceva appello alla non-violenza e cercava di interferire con chi tirava cose, ma la maggior parte delle persone non si è nemmeno sognata di discutere. Per lo più ignoravano (i richiami alla calma ndr) o qualcuno si limitava a dare sempre la stessa risposta: “Questa storia della non-violenza non funziona!”. Va però sottolineato come nessuna delle due posizioni avesse completamente ragione: come il corso della battaglia ha dimostrato, entrambe le parti avevano bisogno l’una dell’altra per realizzare il fatto storico di ridurre il Terzo Distretto in cenere.
È importante notare che la dinamica cui abbiamo assistito il Giorno 2 non implicava l’uso della non-violenza e dell’attesa della repressione per fare degenerare la situazione. Al contrario, un certo numero di persone si sono esposte moltissimo per sfidare la violenza della polizia e provocare l’escalation. Una volta che la folla e la polizia si erano inserite in uno circolo vizioso di intensificazione del conflitto, l’obiettivo della polizia era diventato quello di espandere il suo controllo territoriale tutto intorno al commissariato. Quando la polizia decideva di avanzare, iniziava con il lancio di granate assordanti sulla folla e sparando pallottole di gomma contro chi tirava oggetti, innalzando barriere, e lanciando gas lacrimogeni. L’intraprendenza della folla si è mostrata quando i partecipanti hanno velocemente appreso cinque lezioni nel corso della lotta.
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Primo, è importante restare calmi davanti alle granate stordenti, visto che non provocano danni fisici se si è ad una distanza di più di cinque piedi. Questa lezione si estende ad un principio più generale rispetto allo sbandamento all’interno di un corteo: non entrare in panico, perché la polizia userà sempre il panico contro di te. Si può reagire rapidamente restando più calmi possibile.
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Secondo, la pratica di sciacquare gli occhi infiammati dal gas lacrimogeno si è diffusa rapidamente dagli street medics al resto della folla. Usando bottiglie d’acqua prese dai negozi espropriati, molte persone nella folla erano in grado di imparare e rapidamente eseguire il lavaggio degli occhi. Persone che lanciavano pietre, il minuto seguente potevano essere osservate mettersi a curare gli occhi di altre. La conoscenza medica di base ha aiutato a costruire la fiducia della folla, portandola a resistere alla tentazione del panico e della calca, e così poter tornare sul campo di battaglia.
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Terzo, forse la più importante scoperta tattica della folla è stata che quando si è forzati dal gas lacrimogeno a ritirarsi, si deve riempire il prima possibile lo spazio abbandonato. Ogni volta che la folla ritornava al Terzo Distretto, tornava più arrabbiata e più determinata a fermare la polizia o a farle pagare a varo prezzo ogni passo che facesse.
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Quarto, per usare il linguaggio di Hong Kong, abbiamo visto la folla praticare la massima “Sii acqua”. Non solo la folla era in grado di tornare rapidamente a riempire spazi dai quali era stata costretta a ritirarsi, ma quando era forzata ad allontanarsi, a differenza della polizia non cercava di fissare un controllo territoriale. Quando poteva, la folla tornava negli spazi dai quali era stata forzata a ritirarsi dal gas lacrimogeno, ma quando necessario, scorreva lontano dall’avanzata della polizia come una forza distruttiva torrenziale. Ogni avanzata della polizia sfociava nel risultato di un maggior numero di negozi sfasciati, saccheggiati e dati alle fiamme. Questo ha significato che la polizia era comunque perdente sia che scegliesse di trincerarsi per resistere all’assedio sia che respingesse la folla.
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Infine, la caduta del Terzo Distretto ha mostrato tanto il potere dell’ingovernabilità come obiettivo strategico quanto gli strumenti di azione della folla. Le squadre di lancio possono distrarre il fuoco della polizia da coloro che praticano non-violenza. Gli espropriatori possono aiutare e sostenere la folla e insieme disorientare la polizia. Di converso, coloro che combattono corpo a corpo con la polizia possono generare opportunità per gli espropri. I maghi della luce possono fornire alle squadre di lancio una temporanea invisibilità accecando la polizia e disabilitando droni e videocamere di sorveglianza. Chi pratica non-violenza prende tempo per chi barrica, il cui lavoro allevia poi il bisogno di non-violenza per assicurare la linea del fronte.
Quindi un folla diversificata e complessa è più potente di una folla omogenea. Usiamo il termine composizione per nominare questo fenomeno di massimizzazione della diversità di pratiche complementari. Essa è distinta dall’organizzazione perché i ruoli sono volontari, gli individui possono passare dall’uno all’altro di essi, e non vi sono leader ad assegnarli o coordinarli. Le folle che si formano e combattono attraverso la composizione sono più efficaci contro la polizia, non solo perché tendono ad essere più difficili da controllare, ma anche perché la duttilità che le anima risponde e si adegua alla situazione reale sul campo, anziché in accordo a concezioni precostituite di ciò cui una battaglia “dovrebbe” assomigliare. Non ssolo le folle “composizionali” sono maggiormente in grado di affrontare la polizia in battaglie di logoramento, ma sono maggiormente in grado di avere la fluidità necessaria a vincere.
Come osservazione conclusiva su questo, possiamo contrapporre la composizione all’idea di “diversità di tattiche” usata dal movimento alter-globalista. “Diversità di tattiche” era l’idea che gruppi differenti, nel corso di un’azione, dovessero usare mezzi differenti in tempi o spazi differenti con un obiettivo condiviso. In altre parole “tu fai tu e io faccio io”, ma senza alcuna strategia preordinata su come io possa agire in maniera complementare alla tua e viceversa. Diversità di tattiche è il nome in codice attivistico di “tolleranza”. La folla che si è formata il 27 maggio davanti al Terzo Distretto non ha “praticato la diversità di tattiche”, ma si è messa insieme connettendo tra loro differenti tattiche e ruoli in uno spazio-tempo condiviso che ha messo ogni partecipante in grado di dispiegare ciascuna tattica richiesta dalla situazione.
L’ambiguità di violenza e non-violenza nelle prime linee
Siamo stati abituati a vedere le tattiche conflittuali più incisive usate come scudo per coloro che praticavano la non-violenza, come a Standing Rock e a Charlottesville o nella figura del front-liner ad Hong Kong. Tuttavia, il rovesciamento di questa relazione divide le funzioni del “front-liner militante” (à la Hong Kong) in due ruoli separati: fare scudo alla folla e agire di controffensiva. Ciò non è mai giunto al livello di una strategia esplicita nelle strade; non c’erano appelli a “proteggere i lanciatori”. Nel contesto USA, dove la non-violenza e le narrazioni collegate all’innocenza sono profondamente radicate nelle lotte contro il razzismo di stato, non è chiaro se tale strategia potrebbe funzionare esplicitamente senza squadre di lancio che prendano su di sé il rischio materiale. In altre parole, sembra quasi che unire tattiche balistiche e non-violenza a Minneapolis sia stato possibile grazie ad una percezione tacitamente condivisa dell’importanza del sacrificio nello scontro con lo Stato, che ha forzato entrambe le posizioni a spingersi oltre le proprie paure.
Ma questo percezione del rischio condivisa non va lontano. Mentre i manifestanti pacifici probabilmente hanno guardato ai loro gesti come simboli morali contro la violenza della polizia, le squadre di lancio hanno visto questi stessi gesti in modo indubbiamente differente, anzitutto come protezioni, o come opportunità materiali strategiche. Qui di nuovo, possiamo vedere la forza che la strada della composizione gioca nelle situazioni reali, facendo rilevare come renda possibile che punti di vista completamente differenti sulla stessa tattica, possono coesistere l’una accanto all’altra. Ci combiniamo senza diventare la stessa cosa, ci muoviamo insieme senza comprenderci l’un l’altro, e tuttavia questo funziona.
Vi sono limiti potenziali nel dividere le funzioni di prima linea in questi ruoli. Anzitutto, non si mette in discussione la valorizzazione del sacrificio nelle politiche della non-violenza. In secondo luogo, si lascia nell’ambiguità il valore dello scontro a distanza prevenendo la sua condensazione in un ruolo stabile davanti alla folla. Resta indubbio che il Terzo Distretto non sarebbe caduto senza tattiche balistiche. Tuttavia, siccome la prima linea era identificata con la non-violenza, l’importanza spaziale e simbolica dei lanci era implicitamente secondaria. Questo ci porta a chiederci se non sia stato reso più facile alla contro-insurrezione di farsi strada nel movimento attraverso la “polizia comunitaria” (servizio d’ordine ndr) e i suoi corollari: l’auto-sorveglianza delle manifestazioni e dei movimenti affinché si mantengano nei limiti della non-violenza.
Verifica dei fatti: un necessità cruciale per il movimento
Noi crediamo che il maggiore pericolo che si pone d’innanzi al movimento attuale fosse già presente nella Battaglia del Terzo Distretto, nello specifico, il pericolo delle voci incontrollate e della paranoia. Riteniamo che la pratica del “fact checking” (accertamento del fatto ndr) sia cruciale per il movimento attuale, al fine di ridurre al minimo la confusione sul campo e la sfiducia interna sulla sua stessa composizione.
Abbiamo ascoltato una litania di voci impazzite durante il Giorno 2. Ci veniva detto ripetutamente che rinforzi di polizia erano sulla via di chiuderci in trappola. Venivamo avvertiti da fuggitivi della folla che unità della Guardia Nazionale erano “a venti minuti di marcia”. Una donna bianca accostava con la sua auto vicino a noi e gridava “LE CONDUTTURE DEL GAS NELL’AUTOZONE (store di ricambi ndr) INCENDIATO STANNO PER ESPLODEREEE!!!”. Tutte queste voci si sono rivelate false. In quanto espressioni di un’ansia allo stadio di panico, queste hanno sempre sortito lo stesso effetto: spingere la folla a dubitare della sua forza. Era come se alcuni componenti della folla stessero facendo esperienza di una forma di vertigine al cospetto della forza che stavano comunque contribuendo a forgiare.
È necessario interrompere le voci ponendo domande a chi le ripete. Vi sono domande semplici che possiamo porre per fermare l’espandersi della paura e delle voci che indeboliscono la folla. “Come lo sai?”, “Chi te lo ha detto?”, “Qual è la tua fonte d’informazione?”, “Si tratta di un fatto verificato?”. “Questa conclusione sembra infondata; quali elementi hai per formulare un giudizio?”.
Accanto alle voci, vi è anche il problema di attribuire un’importanza sproporzionata a certe forme del conflitto. Giunti al Giorno 2, una delle storie dominanti era la minaccia dei “Boogaloo boys” che erano apparsi nella giornata precedente. Ciò ci aveva sorpreso poiché non li avevamo incontrati il Giorno 1. Ne abbiamo visti una mezza dozzina il Giorno 2, ma si erano relegati ai bordi di un evento che li sovrastava. A dispetto della loro proclamata simpatia per George Floyd, una coppia di loro più tardi è rimasta a guardia di un esercizio per difenderlo dagli espropri. Ciò ha mostrato i limiti non solo della loro asserita solidarietà, ma anche del loro intuito strategico.
Infine, ci siamo svegliati il Giorno 3 con i cosiddetti “report sui fatti” che provocatori della polizia o agitatori esterni si fossero resi responsabili della distruzione del giorno prima. Target, Cub Foods, Autozone, Wendy’s, e un condominio già per metà realizzato, erano andati tutti in fiamme entro il finire della notte. Non possiamo escludere la possibilità che un certo numero di forze ostili abbiano cercato di screditare la folla accrescendo la distruzione di proprietà. Se fosse vero, tuttavia, sarebbe innegabile che il loro piano ha fallito spettacolarmente.
In generale, la folla guardava a questi superbi incendi con una certa ammirazione e consenso. Anche la seconda notte, quando il condominio in costruzione era completamente collassato, la folla ci si era seduta davanti, sulla 26esima, e lì era rimasta come se fosse riunita intorno a un falò. Ogni incendio di edificio contribuiva all’abolizione materiale dello stato presente delle cose e la riduzione in cenere era diventata il suggello della vittoria della folla. Anziché prestare ascolto alle voci su provocatori e agitatori, troviamo plausibile che gente oppressa per secoli, povera e che raschia di vedere Seconda Grande Depressione, preferirebbe dare fuoco al mondo piuttosto che sopportare la vista del suo ordine. Noi interpretiamo gli incendi degli edifici come significanti il fatto che la folla sa che le strutture della polizia, della supremazia bianca e di classe, si basano su forze ed edifici materiali.
Per tale ragione, riteniamo che dovremmo valutare la minaccia posta da possibili provocatori, infiltrati e agitatori che siano, sulla base di come le loro azioni aumentino o smorzino la forza della folla. Abbiamo imparato che dozzine di edifici in fiamme non sono abbastanza per minimizzare il “sostegno pubblico” al movimento, anche se prima nessuno lo avrebbe mai immaginato. Tuttavia, coloro che filmano componenti di una folla attaccare proprietà o infrangere la legge – non importa se volendo intenzionalmente informare le autorità giudiziarie – costituiscono una minaccia materiale alla folla, dal momento che oltre a diffondere confusione e paura, rafforzano lo stato mettendogli a disposizione informazioni.
Post Scriptum: visioni del(la) Comune
Sin dal testo di Guy Debord del 1965, “Il declino e la caduta dell’economia spettacolare-mercantile”, si è consolidata una ricca tradizione memorialista dell’emergenza di vita sociale comunalista durante i riot. I riot aboliscono i rapporti sociali capitalisti, rendendo possibili nuove relazioni tra le persone e le cose che danno forma al loro mondo. Qui le nostre prove; quando il negozio di liquori è stato aperto, a dozzine ne sono usciti con casse di birra, che spavaldamente hanno messo in terra per chiunque ne volesse. La birra prescelta dalla folla è stata la Corona.
Abbiamo visto un uomo venire con calma fuori dal negozio con le braccia cariche di bottiglie di whiskey. Ne dava una a ciascuna persona che incrociava sul cammino per raggiungere gli scontri. Alcune bottiglie lasciate vuote sulla strada sono state in seguito lanciate contro la polizia. Mentre edifici andavano in fiamme tutt’intorno a noi, un uomo camminava e diceva, senza rivolgersi a nessuno in particolare, “Quella tabaccheria non era male per le sigarette sciolte… oh beh. Che si fottano”. Abbiamo visto una donna spingere un carrello carico di pannolini e di bistecche verso casa. Un gruppo in pausa a rifocillarsi all’incrocio è scoppiato in applauso quando è passata lei.
Dopo che un gruppo aveva aperto l’Autozone, la gente si è accomodata dentro fumando una sigaretta mentre osservava dalla finestra sulla strada la battaglia tra la polizia e i ribelli. La si poteva osservare indicare additando qualcuno di volta in volta tra le polizia e nella folla, parlando e gesticolando col capo. Vedevano le stesse cose che vedevamo noi? Abbiamo fatto shopping di scarpe nel magazzino di un Foot Locker espropriato. Il pavimento era coperto da muro a muro di scatole di scarpe distrutte, fodere e calzature. La gente gridava il numero di piede di ogni paio di scarpe che trovava. Ci abbiamo messo un quarto d’ora per trovarne uno adatto, poi ci ha raggiunto il rumore della battaglia e siamo filati.
Il Giorno 3, i pavimenti di un supermercato parzialmente incendiato erano coperti da alcune dita di acqua e un nauseabondo miscuglio di cibi tirati via dagli scaffali. Nondimeno, si poteva vedere gente in calosce rimestare tra i rimasugli come se stessero scegliendo tra le offerte. I raccoglitori si aiutavano l’un l’altro a scavalcare gli ostacoli pericolosi e dividevano i loro bottini una volta fuori. Quando la polizia si è ritirata, una giovane donna somala vestita in abiti tradizionali ha festeggiato svellendo un mattone dal giardino e tirandolo senza cerimonie nel vetro di una fermata del bus. I suoi amici – anche loro vestiti tradizionalmente – hanno levato i pugni e danzato.
Un uomo incappucciato a torso nudo correva accanto al commissariato in fiamme e agitava i pugni, gridando “COVID IS OVER!” mentre a venti piedi di distanza alcune ragazze si facevano un selfie insieme. Invece di dire “Cheese!” Dicevano “Death to the pigs!”. I laser fendevano il cielo oscurato dal fumo puntando un elicottero della polizia sopra di noi. Stavamo passando davanti a un negozio di liquori in corso di esproprio, allontanandoci dalla migliore festa del pianeta. Una madre e due adolescenti sono scesi dall’auto chiedendo se fosse rimasto qualche buon cicchetto. “A iosa! Prendete qualcosa!”. La figlia ha sorriso a trentadue denti e ha detto “Si va! Ti aiuto io mamma!”. Si sono infilate le mascherine da COVID e sono entrate.
Un giorno più tardi, prima dell’assalto al Quinto Distretto, c’è stato un saccheggio di massa nel quartiere di Midtown. Ci è venuto incontro un ragazzino di non più di sette od otto anni incontro con in mano una bottiglia di whiskey dalla cui collo usciva uno straccio: “Avete da accendere?”. Abbiamo riso e risposto, “A cosa vuoi dare fuoco?”. Ha indicato una pizzicheria amica e gli abbiamo chiesto se non potesse trovare “un obiettivo nemico”. Si è voltato immediatamente verso la US Bank dall’altra parte della strada.
CrimethInc
Note
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I medici di strada, o medici di azione, sono volontari con vari gradi di formazione medica che assistono alle proteste e alle dimostrazioni per fornire assistenza medica come il primo soccorso. A differenza dei normali tecnici medici di emergenza, che prestano servizio presso istituzioni più affermate, i medici di strada di solito operano in modo meno formale e spesso a sostegno di collettivi di volontari locali: https://www.paperrevolution.org/street-medic-guide/
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Il movimento boogaloo, i cui aderenti sono spesso chiamati boys boogaloo, è un movimento estremista americano di estrema destra organizzato in modo informale. I partecipanti generalmente si identificano come cittadini miliziani libertari e affermano che si stanno preparando al “boogaloo”: una seconda guerra civile americana che rovescerà il governo degli Stati Uniti. L’uso diffuso del termine risale alla fine del 2019 e gli aderenti usano il termine (comprese le variazioni, in modo da evitare repressioni sui social media) per riferirsi a violente rivolte contro il governo federale o avversari politici di sinistra, spesso previsti per seguire la confisca del governo di armi da fuoco. Sono ance definiti accelerazionisti del secondo emendamento della costituzione americana, quello sul diritto alla difesa personale e al possesso di armi.