Intervista Redazionale
Pubblichiamo di seguito un’intervista realizzata alla Segreteria dell’Unione Sindacale Italiana. Alla fine di settembre l’USI vedrà il suo congresso triennale, con il rinnovo degli incarichi. In questi ultimi tre anni l’USI si è trovata a dover affrontare la difficile situazione del mondo del lavoro alla luce dell’attacco alle libertà sindacali e alle condizioni materiali dei lavoratori inaspritosi con la pandemia. Tre anni che hanno visto il proseguire di un percorso di rilancio dell’organizzazione già in corso da quasi una decina di anni. Ne abbiamo parlato con la Segreteria uscente.
Umanità Nova – d’ora in poi UN: Con il congresso dell’USI che si terrà a fine settembre a Massenzatico (Reggio Emilia) si andrà verso il rinnovo della Segreteria e degli altri incarichi dell’Unione. Sono stati i tre anni successivi alla fondazione della nuova Internazionale, la CIT, e tre anni che pongono l’anarcosindacalismo davanti a nuove sfide, dato l’attacco ai lavoratori che si prepara. Quali sono stati i punti salienti dell’azione dell’USI in questi tre anni? In quali settori è riuscita ad affermarsi?
Segreteria Uscente U.S.I. – d’ora in poi SU: In questi tre anni abbiamo cercato di consolidare la riorganizzazione interna dell’organizzazione, che sotto alcuni aspetti (bandiere, tessere, statuto, regolamento congressuale, ecc) era ferma da anni. Soprattutto, abbiamo cercato di migliorarci nell’intervento sindacale propriamente detto, cercando di fare tesoro di quelle esperienze in essere che potevano rappresentare modelli concreti di riferimento e dando aiuto concreto ai lavoratori che si rivolgono a noi. È fondamentale, come organizzazione anarcosindacalista, abbandonare una certa retorica e porci sul terreno concreto del conflitto di classe, con i nostri metodi e idee, che non prevedono i sindacalisti di mestiere, a favore di un metodo autogestionario del conflitto. I settori dove più siamo stati presenti sono la Sanità, come sempre (in varie realtà del milanese, a Trieste, a Firenze, Pisa, Parma, ecc) e Coop. Sociali (pensiamo soprattutto a Parma, ma non solo).
UN: A livello di rapporti internazionali come sta andando la CIT? Hanno aderito anche organizzazioni che storicamente hanno le loro differenze con l’anarcosindacalismo “euro-mediterraneo” – penso all’IWW-NORA – ma che sono in forte crescita da anni. Come si stanno dando i rapporti a livello internazionale?
SU: I rapporti a livello internazionale sono proseguiti con costanza e la CIT rappresenta una realtà effettivamente presente laddove abbiamo sezioni: per noi la scelta all’epoca fu quella di abbandonare la logica dei gruppettini di rappresentanza di poche unità, delle bandierine presenti ovunque ma insignificanti, e concentrarci su quelle organizzazioni realmente presenti. È notizia delle ultime settimane l’adesione dell’IWW dei paesi britannici, che si aggiunge all’IWW nordamericana. Abbiamo lanciato campagne in appoggio al popolo siriano, curdo, birmano, bielorusso, venezuelano, ecc tanto per fare un esempio, anche assumendo posizioni non sempre popolari nel mondo della sinistra cd. “antagonista”, in alcuni settori ancora abbagliata da falsi miti di regimi supposti rivoluzionari e ancora in balia di logiche anni ’50.
UN: Gli ultimi scioperi generali sono stati spesso tacciati di essere stati simbolici; questo anno si sta andando verso un nuovo appuntamento, l’11 ottobre. È in atto una ricomposizione del sindacalismo di base intorno a un “programma minimo”? Come sono i rapporti con le altre organizzazioni?
SU: È uno degli obbiettivi che ci eravamo prefissati tre anni fa: tornare a scioperi del sindacalismo di base veramente unitari, a differenza degli scioperi degli ultimi anni in cui sembrava che la priorità, soprattutto delle sigle più grandi, fosse farsi i dispetti a vicenda. Non possiamo dimenticare, comunque, che quando alcuni sindacati di base hanno sottoscritto l’accordo del 10 gennaio, in cui si rinunciava a diritti rivendicativi in cambio della “rappresentanza”, per coerenza abbiamo scelto di indire scioperi generali assieme a quei sindacati non firmatari. Questo sicuramente ne ha ridotto l’efficacia, ma ha consentito la continuità del conflitto. Dobbiamo rendere merito alla nostra stessa capacità di apertura di essere stati tra i primi a fare appelli per arrivare a scioperi unitari di tutto il sindacalismo di base e conflittuale, pur nel rispetto delle singole differenze. Poi, l’assassinio di Adil è stata la spinta finale che ne ha maturato le condizioni. I nodi – di atteggiamento, contenuti, scelte – sono rimasti, ma ugualmente è un segnale molto importante che si possa arrivare ad una data unitaria. I rapporti con le altre sigle sono un po’ più costanti, non condividiamo magari alcune scelte ma è normale che vi siano differenze: l’importante è il rispetto reciproco. In questi ultimi anni senz’altro è aumentata la credibilità che abbiamo nel rapporto con le altre sigle. A nostro avviso, ripresa della contrattazione prevedendo salari più alti, sicurezza sul lavoro, diritto ad una libera ed effettiva rappresentanza sindacale sono, tra i vari, i temi più urgenti da affrontare.
UN: L’USI, negli ultimi anni, ha sviluppato anche un’azione nel campo dell’autogestione, cosa inusuale per una struttura sindacale. Che significato ha questo per un’organizzazione sindacale che si vuole basare sul protagonismo in prima persona dei lavoratori, sul rifiuto delle burocrazie e del principio di delega?
SU: Effettivamente, in USI da qualche anno è nata questa esperienza, Solidarietà Autogestita, che non solo è stata attiva nel fornire aiuti concreti in periodo di pandemia ma si propone di essere presente in caso di calamità naturali, oltre a essere attiva in diversi progetti solidale a livello territoriale e non solo: pensiamo alla distribuzione di pasti e altro materiale nel periodo della chiusura causa covid, agli aiuti ai terremotati, all’aiuto dei compagni/e di Firenze alle esperienze di mensa popolare a Città del Messico, ad esempio e potrei continuare.