Martedì 18 ottobre si è svolta un’importante udienza del processo di Ancona che vede imputati due nostri compagni (Gianfranco e Matteo) USI-AIT e “Malatesta”, oltre che 5 esponenti dei Centri Sociali delle Marche (area disobba). L’accusa è relativa a fatti risalenti al 6 febbraio 2014, quando, all’indomani dello sgombero militare di Casa de Nialtri e dopo essere stati respinti davanti al comune da un massiccio reparto della celere, fu “occupata” la sede provinciale/regionale del PD (il partito dell’amministrazione comunale che aveva voluto lo sgombero e la deportazione degli occupanti). La sede del PD sta al terzo piano di uno stabile, al momento non vi era nessuno all’interno. La celere arrivata di corsa chiuse il portone dello stabile impedendo poi ad altri di entrare e isolando chi era già entrato. La porta della sede PD del terzo piano si aprì per magia e bandiere e targhe del partito si “suicidarono” volando di sotto.
Per quei fatti gli imputati rischiano pesanti pene che, se venissero accolte le richieste dell’accusa, vanno da un minimo di un anno e alcuni mesi a un massimo di 6 anni di detenzione.
Da circa un anno è iniziato il processo per quei fatti con vari rinvii e cambio del giudice. Ora finalmente si va verso la conclusione. Una prima considerazione è che attorno al processo vi è come una gabbia di silenzio. Nonostante l’occupazione della sede PD, dopo lo sgombero di Casa de Nialtri, sia stato un evento eclatante per la città, oggi in molti hanno deciso di impedire che se ne parli.
Come USI-AIT e Gruppo “Malatesta”, da quando è iniziato il processo, ci stiamo impegnando per farne una battaglia politica basata sul concetto che la solidarietà non si processa, con un duro attacco contro l’amministrazione comunale e il PD per la loro politica razziale contro i poveri e contro chi non ha nulla. Questo ha portato i nostri due compagni a non riconoscere il processo, non avvalersi di alcun testimone, rifiutare ogni interrogatorio ed esprimere la loro posizione con un comunicato da leggere in aula.
Così alle 13,00 del 18 ottobre, in un tribunale pieno di polizia (sia in divisa che digos) un bel gruppetto di nostri compagni ha accompagnato in aula Matteo e Gianfranco.
Si sono succeduti i testi del pubblico ministero (tutti della digos) confermando le loro dichiarazioni nei confronti degli accusati.
Gli imputati dei Centri Sociali presenti hanno fatto a gara a dissociarsi dai fatti.
Gianfranco e Matteo invece hanno dato lettura in aula del loro comunicato in cui si rivendicava l’azione contro il PD, se ne spiegava le cause e si rifiutava il processo alla solidarietà. Al termine un boato è esploso in aula, pugni chiusi e un lungo liberatorio applauso.
A questo punto il processo che andava verso la conclusione in giornata è stato bloccato dall’avvocato dei Centri Sociali che, non facendo presentare altri due suoi testimoni, ha fatto sì che il giudice rimandasse la loro deposizione e la conclusione del processo ad una successiva udienza prevista per il 7 febbraio del prossimo anno.
La giornata del 18 ottobre ha segnato definitivamente un solco (caso mai ce ne fosse bisogno) tra dignità/coerenza e palude politica.
Resta il fatto che l’esperienza di Casa de Nialtri, pur con tanti limiti, fu un tentativo reale di fare autogestione, di unire gli ultimi della terra provenienti da ogni parte del mondo. Un percorso che avrebbe dato probabilmente risultati importanti, a costo zero per la comunità, se non fosse stata decisa ed attuata l’azione militare dello sgombero. Persone senza nulla riacquistarono forza e dignità, noi non abbiamo ammainato quella bandiera.
Avanti per la nostra strada.
Dichiarazione di Gianfranco Careri e Matteo Carrozza (USI-AIT e Gruppo Anarchico Malatesta), imputati al processo di Ancona per i fatti relativi alla protesta presso la sede PD del 6 febbraio 2014.
Con il presente documento intendiamo in primo luogo dire che in data 6 febbraio 2014 noi c’eravamo e che rivendichiamo quell’atto di protesta e solidarietà.
Il tutto nasce dalla rabbia per l’interruzione militare di una esperienza autogestionaria che ad Ancona non ha precedenti.
Per far fronte al problema ”casa”, che ad Ancona nel freddo invernale del 2013 teneva all’addiaccio tantissime persone, collettivamente si decise di aprire un posto da anni abbandonato e degradato.
Qui inizia un percorso che, a costo zero per la comunità, con la solidarietà di tanta parte della popolazione, garantisce un tetto a chi fino a pochi giorni prima dormiva al freddo in luoghi di fortuna, ma non solo: inizia una esperienza che permette a persone ormai disperate di ritrovare speranza e dignità. Il tutto tra genti di diverse culture e religioni che collaborano collettivamente e costruiscono una nuova comunità, in serenità e in piena simbiosi con il quartiere.
Tutto questo è stato ostacolato dall’amministrazione comunale, e dal PD con il sindaco in prima fila che, rifiutando ogni possibilità di dialogo costruttivo, sono ricorsi all’uso della forza, mettendo in scena una operazione militare senza precedenti nella storia recente di Ancona.
In seguito a questo sgombero, molti occupanti sono stati deportati e quasi segregati a molti chilometri da Ancona. Per questo abbiamo deciso di effettuare una protesta e siamo scesi in piazza, il 6 febbraio.
Dopo il rifiuto del sindaco di riceverci in Comune siamo stati respinti da un ingente schieramento di poliziotti.
Il corteo si è diretto alla sede regionale del PD, siamo entrati.
Qua sono caduti solo dei simboli, che a nostro avviso si sono suicidati dalla vergogna (un classico malore attivo, come quello di Pinelli).
Oggi non siamo in questo luogo per difenderci, dato che per noi la solidarietà non si può processare.
Cento bandiere non valgono un sol minuto della vita di una persona.
I veri accusati devono essere l’amministrazione comunale e il PD, la nostra protesta è stata eticamente e moralmente giusta, e in quanto tale la rivendichiamo.
Gruppo Anarchico “E.Malatesta” -Ancona