Stato, non stato

Un dubbio…

Di ritorno dall’estero dopo alcuni mesi ho spulciato i numeri arretrati di Umanità Nova perché speravo di trovare dei commenti ad un articolo di Lorcon apparso il 25/6/17: Rigurgiti antisemiti.

Mi aveva colpito lo scritto in quanto l’autore per sostenere la sua teoria sulla “fiammata complottistica” antisraeliana arrivava a delle conclusioni a dir poco paradossali.

Tralascio le definizioni pudiche della più feroce dominazione coloniale del XXI° secolo: situazione israelopalestinese per soffermarmi su un concetto che mi sembra molto importante. Egli afferma che la creazione di uno stato palestinese significa “legittimare l’oppressione dei lavoratori a vantaggio di chi detiene il controllo dei mezzi di produzione” e anche “legittimare qualsiasi tipo di dominio statale”. Questo significa che le lotte anche sanguinose che sono state praticate (che i più anziani della sinistra abbiamo condotto) soprattutto dopo la seconda guerra mondiale, in quel processo di emancipazione e di liberazione per l’indipendenza di tutta l’Africa e di mezza Asia, erano sbagliate? Che non si dovevano disturbare le potenze coloniali che per secoli hanno oppresso intere regioni?

Ancora continuare ad identificare Palestina con Hamas e gli arabi coi Fratelli Musulmani, errore anche di certa sinistra libertaria, fa lo stesso gioco di chi spesso confonde gli ebrei cogli israeliani, sì è proprio speculare. Aspetto con impazienza, dopo l’interessante articolo sull’Iran dell’8 ottobre scorso, un altro reportage di Enrico Voccia, questa volta sul mondo arabo per poterlo conoscere meglio senza stereotipi pregiudizialmente antipatizzanti.

Infine l’autore afferma che non si può parlare di imperialismo israeliano perchè “gli israeliani non coincidono in toto col loro governo”. Gli storici quando scrivevano/ scrivono dell’imperialismo inglese, francese,ecc. sapevano/sanno che esso non coincide con tutti i cittadini francesi, inglesi, almeno un lustrascarpe di Londra era estraneo a quel sistema, l’anarchico francese lo combatteva e pur tuttavia continuiamo ad utilizzare questi concetti che hanno fino ad oggi una validità accademica e generale.

Spero che ci sia qualche contributo a questa nota

con i migliori auguri per il Giornale

Toto Lucchesi

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E alcune precisazioni

Approfitto dell’occasione per chiarire alcune questioni. Intanto non mi sono mai riferito a nessuna “ondata complottista antisraeliana” ma a un ritorno, o forse sarebbe meglio dire un riafforamento di un fiume carsico, delle paranoie antisemite. È una questione che non può e non deve essere assolutamente sottaciuta e bene hanno fatto i nostri compagni di Le Monde Libertaire ad aprire un dibattito in merito all’antisemitismo oramai strutturale di certi pezzi della sinistra d’oltralpe (ma non solo). Altro problema nasce dall’uso improprio del termine “sionismo”. Fissarsi sul sionismo nel 2018 è illogico come sarebbe illogico fissarsi sui Mazziniani o sui Garibaldini per quanto compiuto negli ultimi 150 anni dallo stato italiano. Chiamiamo le cose con il loro nome: imperialismo e nazionalismo israeliano. E lasciamo in pace il sionismo che ha concluso la sua ragion d’essere da decenni e che è stato un movimento assai più variegato e composito di come si è soliti rappresentarselo. Non esiste nessuna eccezionalità israeliana, né in positivo né in negativo, i morti ammazzati dai cecchini dell’IDF a Gaza sono morti uguali a quelli ammazzati da un qualche bombardamento russo, americano, turco in Siria. Sono la stessa cosa dei morti fatti dalle guardie di frontiera spagnola quando pochi anni fa, a Ceuta e Meilla, si divertirono con il tiro al bersaglio sui migranti. Gli stati, tutti, sono per loro natura l’organizzazione della violenza per il bene della classe dominante, o per lo meno questo è uno dei loro principali caratteri strutturali. Israele non fa eccezione così come non fanno eccezione le strutture del proto-stato palestinese. È proprio questo presunto eccezionalismo israeliano che denunciavo come pernicioso e foriero di grave confusione ideologica: quando si parla dei crimini commessi dal governo israeliano si sentono spesso pesanti anatemi contro l’intera popolazione israeliana. Come se un proletario israeliano fosse ontologicamente differente rispetto a un proletario di qualsiasi altro paese.

Hamas rappresenta gli interessi di una frazione della borghesia palestinese e ha il suo squallido interesse nel mantenere in una condizione di assoggettamento feroce i proletari palestinesi, sono guardie interne di quell’immensa prigione a cielo aperto che è la Striscia di Gaza. Hamas, al pari di altri, si è avvalsa di pratiche terroristiche, gli attacchi indiscriminati con autobombe e quanto altro, che non la rendono affatto diversa rispetto al governo israeliano che rade al suolo le case di contadini palestinesi o bombarda Gaza. Così come parliamo di Hamas potremmo, per altro, parlare della stessa OLP. È nella natura dello stato e di chi vuole diventare stato agire in questo modo.

Le stesse lotte per la liberazione nazionale hanno ben mostrato dove sono andate a parare. Gli stati nati dalla frammentazione degli imperi coloniali hanno agito da stati: han mandato al macello milioni di uomini, donne e bambini nelle loro guerre, hanno attivamente partecipato alla logica dei blocchi, hanno rappresentato gli interessi delle borghesie locali e hanno garantito il drenaggio delle risorse dalla periferia al centro del sistema-mondo. C’è chi si illudeva che la parola d’ordine della “liberazione nazionale” sarebbe stato il preludio all’edificazione del socialismo. Non è stato così e non poteva essere così. Certamente era necessario opporsi alle guerre coloniali, sia quelle di conquista che quelle di retroguardia e di conservazione, ed era necessario farlo appunto perché “nostra patria è il mondo intero”, perché la solidarietà internazionalista e il sano classismo che sono propri del nostro movimento ci portano a riconoscere in uno sfruttato un nostro eguale con il quale costruire processi di emacipazione. Questo è quello che fecero gli anarchici, non sostenere la nascita di questo o quello stato sulle ceneri di questo o quello impero.

lorcon

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