Macerata, sabato tre febbraio duemiladiciotto, il tempo del raccolto è giunto. Dopo avere accuratamente seminato il campo in una lunga estate calda all’insegna della preparazione della guerra razziale, la diffusione scientifica delle menzogne sulle ONG, su come i perfidi migranti economici attacchino il reddito dei proletari e della classe media depauperata, su come ci sia il grande complotto giudaico dietro le migrazioni, il frutto è arrivato a maturazione ed è stato colto.
L’attacco condotto da un militante, ed ex candidato, della sezione locale della Lega Nord, personaggio dalle esplicite simpatie naziste, è la replica di quanto già accaduto a Firenze pochi anni fa con la strage, compiuta questa volta da un militante di Casa Pound, di ambulanti senegalesi.
Di nuovo i media si rifiutano di chiamare quanto accaduto con il suo nome: terrorismo fascista. Non ce ne è da stupirsene: da anni il padronato italiano ha deciso che i fascisti possono avere un ruolo politico maggiore in funzione del loro storico ruolo antiproletario. Gli attrezzi vecchi sono stati rispolverati e gli è stata data una lucidata per renderli più accattivanti. Sono stati legittimati pubblicamente dai principali media, anche quelli di sinistra.
Servono per attaccare i lavoratori in sciopero, come più volte è successo nell’ultimo anno. Servono per diffondere la propaganda razzista necessaria per fare riversare l’odio dei proletari contro altri proletari. Servono per attaccare l’opposizione sociale. Servono, alla sinistra elettorale ed al centrosinistra, per fare appelli antifascisti in nome della costituzione e della legalità per risaldare le proprie fila, per tentare di stoppare l’emorragia di voti verso l’astensione degli ultimi anni in nome del “o votate noi o arrivano i nazisti” e per rinsaldare la fiducia del proprio elettorato deluso nello stato democratico fondato sui valori repubblicani. Niente di nuovo sotto il sole: è un trucco vecchio di decenni anche questo.
Non è necessario che abbiano un grande incremento elettorale, i fascisti. Al netto che non abbiamo la sfera di cristallo e non sappiamo quanto prederanno alle elezioni politiche in programma per il mese prossimo se verrà confermato il trend attuale dell’aumento del tasso d’astensione avranno un aumento relativo dei voti ma in termini assoluti cresceranno ben poco. Per la Lega il discorso è differente: è una forza già in parlamento e che punta a una posizione di forza verso Berlusconi.
Si confermeranno come le organizzazioni, i fascisti e la loro variante leghista, in grado di mobilitare in senso reazionario settori della popolazione, come accadde con il movimento dei Forconi, dai figli della medio alta borghesia che appoggiano Casapound come in passato facevano con la destra extraparlamentare ai figli della piccola borghesia depauperata a qualche proletario. La Lega continuerà a rappresentare la piccola borghesia e la classe padronale delle piccole medie imprese del nord Italia, classi sociale, queste, destinate ad essere schiacciate dalla concentrazione di capitale e che, per quanto riguarda lo sfruttamento della manodopera, italiana o migrante, sono campioni indiscussi.
Cosa è stata la legge Bossi-Fini, il gioiello legislativo della Lega Nord anni duemila che ha reso ancora più ricattabili i lavoratori di origine straniera, se non il più grande regalo a questa classe di padroni e padroncini che dello sfruttamento intensivo della manodopera campano? Ovviamente questi padroncini sono in crisi in quanto non possono reggere la logica della concentrazione di capitale ed allora si rifugiano nei miti sovranisti e identitari, spacciandosi come i buoni padroni italiani contro i cattivi padroni globalisti; di questi miti hanno materialmente bisogno per potere comprimere ancora di più il costo del lavoro diffondendo menzogne tra i lavoratori stessi, dividendoli. Ma un padrone è sempre un padrone, e i suoi servi sono sempre i suoi servi.
Quando questi attrezzi antiproletari serviranno meno verranno riposti. È stato così a cavallo tra gli anni settanta e ottanta quando il neofascismo aveva esaurito il suo compito e venne represso dagli stessi che se ne erano serviti contro l’insubordinazione delle classi popolari fino al giorno prima. È stato così in Grecia pochi anni fa quando Alba Dorata tirò troppo la corda e venne rapidamente condotta a più miti consigli dallo stato greco, che ovviamente continua ad usarla ancora oggi contro l’opposizione sociale. Se domani sarà comodo essere liberali antifascisti gli stessi che oggi foraggiano il fascismo non esiteranno ad esserlo. La reale differenza tra un liberale e un fascista la possiamo chiedere a quelle decine di scioperanti ammazzati dalle forze dell’ordine dell’Italia repubblicana e antifascista a inizio anni cinquanta o alle decine di migliaia di algerini, indocinesi, indiani, africani ammazzati dal colonialismo liberale delle antifasciste Francia e Inghilterra. O ai lavoratori massacrati a Berlino e Budapest negli anni cinquanta dall’antifascismo stalinista dell’URSS.
I mandanti del terrorismo fascista sono coloro che gli hanno preparato il terreno. Non serve nemmeno più che l’utile idiota sia individualmente eterodiretto: i semi dell’odio in terreno fertile crescono bene senza particolari cure. Ora vediamo gli stessi fomentatori dell’odio razziale scaricare la colpa sui social network, quando abbiamo alle spalle più di un decennio di campagna del terrore a mezzo stampa agita dai principali gruppi editoriali, cartacei e online, regionali e nazionali. Le ondate di bufale sul web sono le ultime arrivate, sono l’effetto e non la causa profonda.
A sconfiggere l’odio razziale non sarà il paradigma multiculturale. Non sarà l’antirazzismo morale, e spesso moralistico. All’epoca delle grandi migrazioni interne degli anni del boom il sentimento di razzismo contro i meridionali era forte. Non venne sconfitto da una qualche campagna di stampo progressista fatta da un qualche ministro. Venne incrinato dal mutuo riconoscersi come sfruttati in lotta tra operai meridionali migrati a nord e operai settentrionali. Venne incrinato dal riconoscersi come classe portatrice di interessi comuni al suo interno e particolari e opposti rispetto alle altre classi.
Certo, non siamo in una fase espansiva del capitale, anzi. Le lotte sul lavoro ora sono molto settoriali e faticano a trovare una dimensione unitaria e la crisi è oramai strutturale e sistemica. Ma dobbiamo avere ben chiaro che il fascismo è solo una faccia del terrorismo del capitale, uno dei suoi strumenti che, avendo sia la capacità di reprimere il dissenso e le organizzazioni di classe che di creare consenso ed egemonia nella popolazione intorno a temi interclassisti, il capitale usa quando valuta opportuno farlo.
A Macerata vi è stato un nuovo raccolto dei frutti dell’odio razziale. Fermarlo tocca alla mobilitazione diretta e agita in prima persona da quelli che, italiani o migranti, si sono trovati affibbiati il ruolo di vittime designate. Fermarlo sta a noi.
lorcon