Se qualcuno credeva che la ‘sensibilità istituzionale’ per la quale Renzi ha ringraziato la procura milanese, fosse dovuta all’assenza di indagini sul malaffare legato ad Expo nel periodo della manifestazione, si è dovuto prontamente ricredere dopo gli arresti dei giorni scorsi nei confronti di un gruppo di giovani.
Infatti cosa si è voluto dimostrare con lo spettacolo offerto da polizia e magistratura nello sbandierare filmati, fotografie, metodi di indagini basati su DNA, se non quello di sviare l’attenzione della pubblica opinione dall’autentico scandalo rappresentato da Expo con i suoi buchi di bilancio colossali, con le sue speculazioni immobiliari, con i suoi funambolismi numerici, con la assenza di contenuti che non fossero quelli legati agli interessi dell’agroalimentare?
Chiuso Expo, esportato il suo modello a Roma dopo la defenestrazione di Marino, la ‘sensibilità istituzionale’ che ha fatto si che per tutto la durata dell’evento si fosse praticato il ‘non disturbare il manovratore’, e che le forme di repressione dell’opposizione sindacale e sociale assumessero forme ‘soft’ (sgomberi in sordina, precettazione degli scioperi, ecc.), presenta oggi il suo conto. E lo fa nella maniera più dura: accusando un gruppo di giovani pescati nel mucchio e rovesciandogli contro il reato di ‘devastazione e saccheggio’, un reato da codice Rocco dell’epoca fascista, costruito appositamente per stroncare ogni possibile opposizione, grazie al ‘concorso morale’ che definisce di per se stesso la presunzione di colpevolezza al di là dell’accertamento delle eventuali responsabilità personali.
Il messaggio che si vuole inviare è molto chiaro: l’emergenzialismo che è stato alla base di Expo, come lo è di tutte le Grandi Opere, e che scardina, esautorandole, le usuali regole del gioco politico in funzione sempre più autoritaria, deve diventare prassi comune. Scioperi, manifestazioni, forme varie di opposizione devono rientrare in questo nuovo quadro normativo, pena il loro sostanziale annichilimento.
La ripresa della narrazione dei fatti del Primo maggio – oscurata per mesi per non spaventare i possibili visitatori della grande fiera – è funzionale a questo ennesimo tentativo di regolamentare ed irregimentare l’opposizione attuale e futura; così come lo sbandieramento delle indagini basate sulla ricerca e la comparazione del DNA è del tutto interno a questa operazione, evocando una presunta capacità di controllo totale sulle relazioni, sui movimenti, in sostanza sulla vita di ogni individuo.
Per questo la repressione che ha iniziato a colpire giovani manifestanti, italiani e greci, del Primo maggio, è un fatto che ci riguarda, come riguarda tutto il movimento di opposizione a questo sistema di sfruttamento e di oppressione, portatore di guerra e di morte, di sofferenza e di gerarchia; un sistema sempre più intollerabile, che piega il valore della vita al disvalore della merce.
Occorre riprendere l’iniziativa, dopo l’invasività di Expo nelle nostre vite, se non vogliamo che il suo modello di attualizzazione delle politiche capitalistiche diventi permanente e che i disastri che provoca e provocherà non continuino a ricadere sulla società per il privilegio ed il benessere di pochi.
Non dimentichiamo i fatti del Primo maggio, con le sue ambiguità e i suoi errori, ma sappiamo benissimo che non si possono comparare con gli orrori che ogni giorno registriamo con i morti e i feriti per incidenti sul lavoro, gli sfratti di intere famiglie indigenti, gli annegati in mare, i reticolati e i muri contro profughi ed esuli, le vittime di guerra, le aggressioni alla natura e al territorio: la violenza quotidiana del potere economico, politico e clericale.
‘Devastazione e saccheggio’ sono patrimonio di chi sfrutta ed opprime, non di chi esprime la propria insofferenza esistenziale, la propria rabbia, la propria frustrazione in atti di rigetto e di danneggiamento di quella merce e di quel capitale che, nel ripetitivo rito del consumo, vuole dominare la nostra vita. Atti che si possono condividere o meno, criticare o meno, ma che vanno presi per quel che sono. Per questo vogliamo la liberazione degli arrestati, per questo vogliamo riaverli per confrontarsi con loro sul terreno concreto della lotta quotidiana, ovunque si manifesti la barbarie del sistema di oppressione e sfruttamento.
M.V.