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Risultati inquietanti, paragoni stimolanti

Risultati inquietanti, paragoni stimolanti

Nella settimana che precede il ballottaggio del 24 giugno, esponenti più o meno alternativi, più o meno antagonisti, si sono espressi a favore di Serfogli, candidato del PD al Comune di Pisa, per impedire che divenga sindaco il candidato del centrodestra, esponente della Lega.
Certo, i risultati delle ultime elezioni sono inquietanti: l’anno scorso, il centro destra ha conquistato Cascina, che ora ha un sindaco leghista; alle elezioni politiche del 4 marzo l’estrema destra (Lega e Fratelli d’Italia) ha ottenuto 10.966 voti, pari al 16,06 % del corpo elettorale; alle elezioni comunali avanza ancora e ottiene circa 700 voti in più, il 16,6% degli elettori. Il pericolo che un partito dal linguaggio violento e sanguinario conquisti il comune di Pisa è reale, ma vale la pena interrogarsi su quale sia il metodo più efficace per combattere questo partito e il pericolo fascista che molti usano per portare voti ai propri candidati.
Vale la pena interrogarsi su quali nuove misure repressive dovrà inventarsi un sindaco leghista per distinguersi dall’ex sindaco Filippeschi e dalla sua politica di tolleranza zero, vale la pena interrogarsi se sia il miglior modo di combattere il fascismo votare per i candidati di quei partiti che sono i primi responsabili della sua rinascita.
Per capire quali sono i metodi più efficaci per combattere il fascismo ho pensato di comparare la situazione attuale con quella di un’altra grande avanzata dell’estrema destra, precisamente le elezioni del 7 maggio 1972, il giorno in cui Franco Serantini fu lasciato morire in carcere. In quelle elezioni il Movimento Sociale Italiano raggiunge il miglior risultato della sua storia, dopo che già le elezioni a Roma e in Sicilia avevano visto una forte avanzata dell’estrema destra. In quelle elezioni, nel comune di Pisa, il MSI aveva ottenuto 8.230 voti, pari al 10,84% degli aventi diritto al voto.
Allora il MSI dava l’appoggio esterno al monocolore DC guidato da Giulio Andreotti ed i suoi voti erano stati determinanti per l’elezione di Giovanni Leone alla presidenza della Repubblica, ma il suo ruolo non era minimamente paragonabile a quello della Lega nel governo gialloverde. Nei confronti della Lega non esiste alcuna preclusione antifascista, come ancora formalmente esisteva nei confronti del MSI (che era escluso dall’“arco costituzionale”), mentre le forze politiche programmaticamente antifasciste, che avevano fatto parte del comitato di liberazione nazionale, sono scomparse dal Parlamento attuale.
D’altra parte il clima è ben diverso da quello scandito dalle stragi e delle aggressioni fasciste: se Salvini è accusato di essersi appropriato di 49 milioni di rimborsi elettorali, Almirante era accusato di aver pagato gli attentatori di Peteano, dove morirono due carabinieri; rispetto al segretario del MSI, Salvini è solo un povero untorello.
Tante altre cose sono cambiate in questo quasi mezzo secolo che ci separa dalle elezioni del 1972, sul piano sociale, politico e culturale, nazionale e internazionale.
Resta il fatto che quella vittoria in pochi mesi fu rovesciata dall’azione di una minoranza di giovani entusiasti e coraggiosi che, contro le regole del buon senso e dell’analisi scientifica, si gettarono nella lotta antifascista contendendo alla reazione ogni strada, ogni scuola, ogni fabbrica. Sei mesi dopo quelle elezioni, il governo Andreotti fu costretto a rilasciare Valpreda e compagni, grazie ad una legge apposita; nel marzo quel governo cadeva dopo tre giorni di occupazione della Fiat Mirafiori. Il crollo della montatura contro gli anarchici si accompagnava alla sconfitta della strategia della tensione.
Questo è stato il risultato della battaglia contro il fascismo combattuta nelle piazze, a viso aperto, tanto più significativa se si pensa che negli stessi mesi la politica istituzionale di disarmo delle forze rivoluzionarie svolta dal governo Allende portava il Cile al colpo di stato di Pinochet. Dopo la sconfitta dei fascisti in Italia, cadeva la giunta del colonnelli in Grecia (novembre 1973) e il regime di Salazar in Portogallo (aprile 1974).
 
Tiziano Antonelli


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