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Reggio Emilia: un mare di carta per tanti lettori

Reggio Emilia: un mare di carta per tanti lettori

I settanta titoli elencati per la mostra Le riviste della contestazione 1966-1976, allestita con i materiali presenti nell’Archivio Storico della FAI Reggiana (ASFAR) rappresentano uno spaccato significativo e, concedetemi, sorprendente della vivacità culturale e politica di quel decennio e non solo. Infatti si può dire che già a cominciare dagli anni Cinquanta, riviste e giornali a periodicità varia furono gli strumenti principali utilizzati da chi criticava la sinistra tradizionale nel nome dell’anarchismo, dell’azionismo e del socialismo terzoforzista, laico, anticlericale, fino a correnti eretiche vecchie e nuove del comunismo. Da allora fino a tutti gli anni Settanta riviste e giornali accompagnarono e favorirono la partecipazione critica di una generazione alla politica e all’impegno nelle varie forme associative, sviluppando una ricchezza editoriale che si esplicitò attraverso centinaia e centinaia di riviste della nuova sinistra, di cui le settanta sopra nominate rappresentano un campione significativo. Le righe che seguono tentano di ricomporre a grandi linee quel percorso politico e culturale, con opportuni riferimenti ai contesti, senza aver la pretesa di esaurire e contenere tutta quella ricchezza editoriale, impresa ardua ma in buona parte condotta a termine dalle ricerche di Attilio Mangano1.

Introduzione

Una critica di sinistra, anarchica, anticapitalistica, antistalinista e antiriformista, ha caratterizzato la storia della sinistra italiana di area comunista e socialista. La partecipazione alla lotta armata contro il nazifascismo aveva contribuito alla ripresa del movimento anarchico italiano e alla sua riunificazione nel Congresso di Carrara del settembre 1945 con la nascita della Federazione Anarchica Italiana (FAI), che riprendeva come organo di stampa Umanità Nova, il giornale anarchico fondato nel 1920. Così nell’immediato dopoguerra la FAI, già vaccinata contro lo stalinismo e lo statalismo in genere, molto critica verso il sistema sociale sovietico, «rappresentava una tradizione di classe piuttosto consistente, con una propria tradizione ancora viva, di lotte, di sacrifici, di milizia rivoluzionaria e antifascista»2.

Nel dopoguerra non mancarono i tentativi di superamento degli aspetti più ambigui del togliattismo intrapresi, con intenzioni ed esiti diversi, dal gruppo che si formò attorno a Valdo Magnani e Aldo Cucchi, dopo l’espulsione dal PCI nel 1951, a quello di Azione Comunista. Rilevanti erano anche le esperienze culturali e politiche che si consumavano attorno alla rivista Il Politecnico, quelle di settori provenienti dal disciolto Partito d’Azione, il gruppo di Unità Popolare, fino al Partito Radicale e a riviste che negli anni Cinquanta avevano cercato di stimolare la cultura marxista bloccata nel suo sviluppo dalla pressione congiunta dello zdanovismo e dello storicismo crociano.

Nel decennio che va dal 1950 al 1960, intellettuali che si collocavano in una posizione critica rispetto alle culture ufficiali dei partiti di sinistra, si riunivano nei comitati di redazione di alcune riviste. Esse svolsero una funzione di stimolo nei confronti di una cultura marxista che peccava di boria storicistica e di provincialismo. Nel 1949 la biblioteca Feltrinelli iniziava le pubblicazioni della rivista di storia e bibliografia Movimento Operaio, che rovesciava l’impianto metodologico della ricerca storica e politica in uso tra gli intellettuali dei partiti della sinistra italiana. Poi vennero altre riviste: Opinione, Ragionamenti, Passato e Presente e La Rivista Storica del Socialismo. L’intreccio tra culture politiche “vecchie” e “nuove” era rilevante e trasbordava dai confini ristretti del marxismo-leninismo. Sia d’esempio quanto scrivevano i promotori di una rivista, caratterizzante la cultura politica della nuova sinistra post-1956, qual è stata «Quaderni Piacentini», ricordando le loro origini: eravamo «dei radical-marxisti, dei terzaforzisti, anticlericali, antistalinisti»3.

Negli anni Sessanta si assisteva a un proliferare di nuove riviste, vere e proprie fucine di idee politiche e culturali della nuova sinistra in formazione. Vedevano la luce Quaderni Rossi, Classe Operaia, Quaderni Piacentini, Classe e Stato, Giovane Critica, Nuovo Impegno, Che fare, Vento dell’Est, Lavoro Politico, La Sinistra, Quindici, Ideologie, Contropiano, Il Potere Operaio, Monthly Review (in edizione italiana dal 1968), Nuova Unità, Falcemartello, e altre ancora.

Parallelamente cresceva una generazione di giovani suggestionata da avvenimenti interni (la lotta contro il governo Tambroni nel luglio del 1960, i fatti di Piazza Statuto a Torino nel 1962, la ripresa delle lotte operaie) e internazionali (rivoluzione algerina, cubana, manifestazione contro la guerra nel Vietnam, morte di Che Guevara in Bolivia nel 1967, rottura Cina-Urss, rivoluzione culturale cinese). Contemporaneamente, sul piano dei comportamenti e di costumi, si stava verificando una rottura generazionale che recepiva le suggestioni provenienti dal movimento giovanile americano, dai campus universitari, si nutriva della musica rock e beat, introduceva la contestazione del conformismo e del perbenismo piccolo borghese da parte dei “capelloni”. A Milano, già nel 1965, esisteva un’area beat abbastanza radicata e presente che diede vita nel 1966 alla rivista ciclostilata Mondo Beat. Sulle pagine del giornale si assisteva a una mescolanza culturale tra anarchismo, filosofie orientali, rivolta esistenziale, lotta contro il razzismo; ma soprattutto emergeva l’idea che la lotta politica e rivoluzionaria non poteva essere disgiunta dal bisogno profondo di trasformare “qui e ora” la vita quotidiana: «quelli che parlano di rivoluzione e di lotta di classe senza riferirsi esplicitamente alla vita quotidiana, senza comprendere ciò che c’è di sovversivo nell’amore e di positivo nel rifiuto delle costrizioni […] costoro si riempiono la bocca di un cadavere»4.

Lo stesso movimento anarchico si rinnovava nell’incontro, non privo di contraddizioni, tra questa nuova generazione militante in formazione e quella precedente. Nel 1960 nasceva la Federazione Anarchica Giovanile Italiana (FAGI) che aveva tra le sue intenzioni quella di favorire una rilettura critica dell’anarchismo confrontandolo col marxismo e con l’analisi dello sviluppo del capitalismo e dell’imperialismo. Grazie alla FAGI venivano stretti legami con i Provos olandesi, i Beats e i giovani contestatori in genere attraverso incontri comuni a livello europeo. Inoltre iniziavano i primi interventi tra gli studenti universitari e nelle fabbriche, si rinnovava l’impegno antimilitarista, contro l’armamento nucleare, per la tutela dei diritti civili e della libertà sessuale. Tali iniziative consentivano una ripresa e una crescita del movimento anarchico con relativo aumento della tiratura del settimanale Umanità Nova.

L’intervento operaio dava vita, come nel caso della rivista Democrazia Diretta del 1961, a un confronto tra anarchici, marxisti critici francofortesi, collaboratori dei Quaderni Rossi, aderenti ad Azione Comunista. L’immissione di nuove energie e di nuove progettualità nell’ambito della FAI determinavano parallelamente un processo di crescita e di rottura. Al Congresso di Carrara del 1965 l’ala «anti organizzatrice e aclassista», estromessa dagli incarichi di direzione della FAI e del giornale, dava vita ai Gruppi di Iniziativa Anarchica pubblicando il giornale L’Internazionale5.

Il dissenso critico di sinistra si sviluppava dentro lo stesso PCI e, in particolare, fra i giovani della Federazione Giovanile Comunista col settimanale Nuova Generazione, il quale ebbe un certo ruolo nell’affrontare e nel proporre certe tematiche: dalla solidarietà con la rivoluzione algerina e cubana, ad articoli di riflessione sull’URSS, su Stalin e lo stalinismo e sulla Cina.

Gli anni del “boom”

Avanzava una domanda di “sapere politico” che costringeva alcune riviste letterarie degli anni Sessanta a trasformarsi in riviste politiche e ad aumentare le tirature. Quaderni Piacentini passava da una tiratura di quattromila copie del 1967 alle undicimila del 1968; similmente, Giovane Critica, nata come rivista di critica cinematografica, nel 1967 inaugurava la rubrica Classe-Partito-Teoria; Nuovo Impegno, sorto come periodico di letteratura, cessava nel 1967 di occuparsi di metodologia letteraria per aprirsi alle tematiche del movimento studentesco.

Non va dimenticato infine il ruolo che nella contestazione studentesca ebbero gli studenti e i giovani provenienti dall’area del dissenso cattolico. In questo contesto va ricordato il ruolo svolto dalle seguenti riviste di area cristiano-cattolica: Quest’Italia, Adesso, Gallo, La Rocca, Testimonianze, Nuovi tempi poi Com-Nuovi Tempi, Alternativa del Movimento politico dei lavoratori. Proprio in quel periodo cominciarono a formarsi le Comunità di Base, punto di riferimento non solo per il dissenso cattolico, ma anche per diversi movimenti spontanei a esso contingenti. Nel 1967 erano oltre mille i gruppi di estrazione cattolica che operavano, agivano e discutevano, affiancandosi ai meno numerosi di tendenza marxista e libertaria.

Notevole anche la pubblicistica dell’area marxista-leninista declinata maoista. Una parte del movimento giovanile vide, o meglio credette di vedere, nella Cina di Mao la realizzazione concreta delle proprie aspirazioni rivoluzionarie e antiburocratiche. Le parole d’ordine delle guardie rosse furono fatte proprie dagli studenti italiani: “ribellarsi è giusto”, “sparare sul quartier generale”. L’invito a criticare aspramente i dirigenti coincideva con la polemica antiburocratica e antiautoritaria degli studenti. La critica al produttivismo, al socialismo inteso unicamente come sviluppo delle forze produttive, la riscoperta della politicità dei rapporti di produzione, l’indicazione del primato soggettivo della volontà politica, apparivano come novità anche nel campo della riproposizione della teoria marxista.

Nel 1969 i vari partiti e gruppi dell’area marxista-leninista stampavano complessivamente circa decine di migliaia di copie di periodici, organi delle rispettive organizzazioni. Nuova Unità, settimanale del Partito Comunista d’ Italia (m-l), Rivoluzione Proletaria, mensile del Partito Rivoluzionario marxista-leninista d’Italia, Servire il Popolo, prima mensile, poi quindicinale e infine settimanale dal 1969 dell’Unione dei Comunisti Italiani, Stella Rossa, Il compagno e altre ancora.

Nell’arco di tre anni l’area della nuova sinistra, per iniziativa di singole organizzazioni, si dotò di tre giornali quotidiani sostenuti dall’autofinanziamento, dalle vendite in edicola e militanti. Il 28 aprile 1971 uscì Il manifesto, un anno dopo, l’11 aprile 1972, Lotta Continua, due anni dopo, il 26 novembre 1974, fu la volta del Quotidiano dei lavoratori. Nel mese di febbraio del 1979, come scrive Eros Francescangeli, «un simpatizzante della sinistra rivoluzionaria, giunto in edicola, poteva scegliere tra ben cinque quotidiani di area»6: infatti, ai tre elencati si erano aggiunti Ottobre, curato dal Partito Comunista d’Italia (marxista-leninista) e La Sinistra, edito dal Movimento Lavoratori per il Socialismo. Di quest’ultimo uscirono circa cento numeri, mentre l’esperienza del primo si consumò in breve tempo.

Ai primi tre quotidiani occorre aggiungere una miriade di pubblicazioni periodiche di propaganda politica e teorica, settimanali, quindicinali, mensili, promosse da altri gruppi extraparlamentari minori appartenenti alla vecchia o nuova sinistra rivoluzionaria. A testate storiche, come quelle dei bordighisti, (Programma Comunista e Battaglia comunista), dei trotskisti (Bandiera Rossa e Quarta Internazionale), dell’omonimo gruppo Lotta Comunista, degli anarchici (Umanità nova, L’internazionale, Volontà, la novella A Rivista anarchica) si aggiunse un numero elevato di nuove pubblicazioni. Nel 1969 usciva La Classe, il 18 settembre si dava alle stampe il primo numero del settimanale Potere Operaio. Il Pdup, costituitosi nel 1972, dopo lo scioglimento del Psiup, pubblicava un quindicinale dal titolo Unità Proletaria, Fronte Popolare dal 1973 era l’organo del Movimento Studentesco della Statale di Milano. Spesso pubblicazioni teorico-politiche dei gruppi affiancavano la stampa di propaganda, quali Politica Comunista, pubblicato da Avanguardia Operaia, Praxis, Rassegna Comunista e Rosso giornale dentro il movimento, entrambi pubblicati dal Gruppo Gramsci, e tanti altri ancora, frutto della costruzione pubblicistica di gruppi locali, centri studi e associazioni culturali di vario genere. Il movimento del Settantasette segnò una cesura e un rilancio dell’attività pubblicistica con nuove riviste e giornali di movimento, sostenuta anche dall’area dell’autonomia che poté contare su diverse pubblicazioni periodiche come, ad esempio, Senza Tregua, e Rosso, nonché A/Traverso.

Diego Giachetti

1Cfr., A. Mangano, Le culture del Sessantotto, Pistoia, Centro di Documentazione di Pistoia, 1989 e Le riviste degli anni Settanta, Massari editore-Centro di Documentazione di Pistoia, Bolsena-Pistoia, 1998. Altri riferimenti si trovano in G. Becchelloni, a cura di, Cultura e ideologie nella nuova sinistra, Milano, Comunità, 1973, R. Luperini, Marxismo e intellettuali, Padova, Marsilio, 1974, Gli anni delle riviste (1955-1969), in «Classe», n. 17, giugno 1980.

2D. Montaldi, Bisogna sognare, scritti 1952-1975, Milano, Colibri, 1994, p. 492

3 P. Bellocchio e G. Cherchi, A partire dai piacentini, intervista di G. Fofi, «Ombre Rosse», n. 24, 1978

4Citato da N. Balestrini, P. Moroni, L’orda d’oro, Milano, Sugar Edizioni, 1988, p. 46

5Cfr. la voce Federazione Anarchica Italiana in Il sessantotto. La stagione dei movimenti (1960-1979), cit. Vedi anche Che cosa sono i GIA, Carrara, Edizioni del CDA, 1976

6 E. Francescangeli, “Un mondo meglio di così”, La sinistra rivoluzionaria in Italia (1943-1978), Viella, Roma 2023, p. 13

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