In un recente comizio elettorale, uno dei possibili candidati alla presidenza degli USA ha candidamente dichiarato: “Stiamo perdendo molte persone per colpa di Internet e dobbiamo fare qualcosa. Dobbiamo andare a parlare con Bill Gates e con altre persone che capiscono davvero cosa sta succedendo. Dobbiamo parlare con loro e forse, in certe aree, dobbiamo chiudere questa Internet in qualche modo.” [1] La dichiarazione ha suscitato una ondata di commenti, principalmente ironici, visto che il personaggio in questione somiglia più a un imbonitore televisivo di bassa qualità piuttosto che a un fine politico, dimenticando che negli Stati Uniti sono arrivati a diventare governatori di stati importanti e persino presidenti anche attori poco dotati. Ma questa, come si dice in certi casi, è un’altra storia, visto che ci sono pericoli molto più consistenti e magari più vicini riguardante la libertà di comunicazione che ancora, almeno in parte, viene garantita dalla Rete.
Non è certo la prima volta che la Commissione Europea, composta da pericolosi burosauri, si sveglia e lancia delle proposte che rischiano di diventare molto più concretamente dannose delle intemperanze di un aspirante presidente. Dalla fine del mese di settembre è stato pubblicato su web un sondaggio [2], di quelli che vengono chiamati “consultazioni” per chiedere l’opinione del pubblico a proposito di argomenti che riguardano il funzionamento delle “piattaforme”, vale a dire di servizi comunemente usati su Internet (“youtube”, “twitter”, ecc…) e sui dati che vi transitano.
Il questionario è abbastanza lungo (più di 40 pagine stampate) e alcune delle domande non sono facili anche per chi quotidianamente utilizza la Rete ma, leggendole, sembrano mirate più a questioni che riguardano le norme sui diritti di autore e la responsabilità dei vari servizi nei confronti dei contenuti che vengono pubblicati dai loro utenti. Vari governi stanno provando da tempo a considerare le società che gestiscono servizi in Rete colpevoli per i materiali che sono messi on-line dai loro utilizzatori. Per esempio fare in modo che, se viene pubblicato un film su un sito, ad essere perseguito dalla legge sia chi gestisce il server sul quale il sito si appoggia e non solo chi ha materialmente messo a disposizione materiale protetto dal diritto di autore.
La sezione della “consultazione” dedicata a questo genere di argomenti ha un titolo che è già tutto un programma: “Contrasto ai contenuti illeciti e la responsabilità degli intermediari online”. Per prima cosa viene chiesto se la situazione attuale, regolata dalla Direttiva sul commercio elettronico nell’UE, ha funzionato o influenzato in modo negativo il mercato. Poi se il concetto di “mero intermediario tecnico” è abbastanza chiaro e interpretato omogeneamente e se le ultime tendenze, tipo quella del “cloud hosting”, non richiedano qualche aggiustamento normativo. E infine che rapporto ci debba essere, tra chi mette a disposizione un contenuto e chi gli fornisce le strutture tecniche per farlo, riguardo la legalità del materiale pubblicato. Appare evidente, anche senza continuare nell’elencazione delle domande, quale sia lo scopo finale di questo sondaggio, vale a dire quello di saggiare l’opinione di chi risponde prima di proporre una normativa che preveda la responsabilità solidale tra chi pubblica materiale illegale e chi glielo consente. Queste norme si tradurrebbero, per forza di cose, in un controllo preventivo di tutto quello che si vuole pubblicare on-line da parte del fornitore del servizio. Una legge del genere però difficilmente potrebbe essere applicata da un giorno all’altro a tutti i servizi e quindi, probabilmente, verrebbero colpiti per primi alcuni di quelli maggiormente controllabili e, solo successivamente, tutti gli altri.
Quello che i ben pagati funzionari dell’UE non sanno o fingono di non sapere e che, un certo contenuto, può essere illegale in un paese e legale in un altro ma che la Rete si vede allo stesso mondo in tutto il mondo. Già questo genere di problemi si è presentato quando, sempre a livello europeo, hanno deciso che “Google” doveva rimuovere, a richiesta, dalle pagine dei risultati i link a notizie ormai cadute nell’oblio. L’unico risultato di questa stupida norma è che ci si deve ricordare di usare la versione del motore di ricerca internazionale e non quella del proprio paese per continuare ad avere a disposizione tutti i risultati della ricerca senza omissioni. Ma di questo genere di contraddizioni non ci si deve meravigliare, nel “questionario” citato c’è anche una sezione sulla portabilità dei servizi on-line e una sul copyright, argomenti che sono l’oggetto di una proposta di legge sempre della stessa Commissione, pubblicata il 9 dicembre [3], quando ancora non erano scaduti i termini per rispondere alle domande sugli stessi temi.
Il rischio più grande è che in futuro i fornitori di servizi diventino i giudici di come, quando e quanto si possa esercitare la libertà di espressione. Un rischio che sarebbe ben peggiore della “chiusura” di Internet.
Pepsy
Riferimenti
[1] http://www.forbes.com/sites/ericmack/2015/12/08/donald-trump-thinks-he-can-call-bill-gates-to-shut-down-the-internet/
[2] https://ec.europa.eu/eusurvey/runner/6906074f-1cca-44ea-aed7-e3fa659e645e?draftid=d83a0e0e-6fcc-4800-a78d-bbb805d371ea&surveylanguage=IT&serverEnv=
[3] http://europa.eu/rapid/press-release_IP-15-6261_en.htm