In questi pochi mesi il governo Draghi ha mostrato chiaramente la sua natura e il suo scopo.
Finora il cosiddetto “governo dei migliori” non ha fatto nulla di diverso dal precedente, ma questo non può certo costituire una sorpresa. Questo governo infatti non è altro che il garante verso l’Unione Europea e verso la classe dominante italiana dell’allocazione dei miliardi del recovery fund, che solo le anime candide pensano siano destinati al miglioramento di sanità e scuola, o all’aiuto per le persone colpite dalle pesanti ricadute economiche e sociali della pandemia. Il fatto è che questi fondi sono debiti, che prima o poi dovranno essere ripagati. E di sicuro investire nella sanità e nella scuola (o trasporto pubblico, o qualsiasi altro servizio di pubblica utilità) sarebbe sì benefico per la popolazione ma non produrrebbe utili in grado di ripianare gli enormi debiti del recovery. Pertanto, il recovery verrà speso per dare impulso ai settori chiave dell’economia futura in grado di assicurare profitti, cioè digitalizzazione e economia “verde”, nei quali l’Europa e in particolare l’Italia sono in netto svantaggio in confronto a USA e Cina, anche per gli enormi ritardi dell’Europa nell’uscita dall’emergenza pandemica. Solo un settore non dovrà aspettare per ricevere fondi, quello legato alla difesa e alla produzione di armi: l’industria militare non ha mai smesso di lavorare a pieno ritmo, nemmeno nei mesi del lockdown più duro della scorsa primavera. Continua ad assorbire miliardi (pubblici) e a distribuire utili (privati), fornendo armi sempre più sofisticate a una vasta platea di clienti, fra cui vari regimi dittatoriali che le usano tranquillamente con particolare accanimento anche sui civili.
Resta da vedere in quale misura Draghi sarà in grado di controllare tutti i partiti che sono saliti sul suo carro in attesa di potersi ritagliare una fetta di quei miliardi per alimentare le proprie clientele. Quello che è certo però è che la ristrutturazione industriale in chiave digitale-green lascerà sul campo numerosissimi cadaveri di aziende tradizionali che non sono state in grado di riconvertirsi e soprattutto una marea di disoccupati. Purtroppo sappiamo bene che per questo non si dovrà attendere la riconversione industriale: la devastazione sociale e culturale è già iniziata con la perdita di un milione di posti di lavoro, e peggiorerà in modo drammatico quando -a breve- finirà il blocco dei licenziamenti, che il padronato continua a chiedere a gran voce.
Quello che sta facendo il governo è continuare la guerra alle classi popolari e ai poveri, sia a quelli che già lo sono che a quelli che presto lo diventeranno. Hanno già messo le mani avanti. Per affrontare una possibile insorgenza sociale collegata alla perdita di tanti posti di lavoro -e anche della casa con la probabile fine della moratoria sugli sfratti- il governo non ha previsto tutele per le persone colpite, ma sta agendo quasi esclusivamente sulla via della repressione. Il nuovo capo della polizia ha costruito la sua carriera nella squadra politica, e il suo predecessore si trova ora sottosegretario all’interno con delega ai servizi. Anche i provvedimenti presi “per arginare il contagio” vanno in questa direzione: resta permesso solo affollare i posti di lavoro, mentre gli spazi culturali e di socialità sono ancora drasticamente compressi. Per non parlare poi delle manifestazioni e delle iniziative dei movimenti di lotta come i no tav o i lavoratori e le lavoratrici della logistica che vengono represse a furia di cariche e lacrimogeni.
I posti chiave del governo sono andati a personaggi che non lasciano spazio a dubbi come il ministro alla transizione ecologica Cingolani, ex dirigente del colosso industrial-militare Leonardo. Una commistione fra politica, imprese e forze armate segnata anche dal passaggio in Leonardo dell’ex ministro dell’interno Minniti, quello che a suo tempo inventò gli hotspot e ingaggiò i libici per dare la caccia ai migranti e chiuderli nei lager del deserto prima che arrivassero in Italia. Politica proseguita poi da tutti i suoi successori. Commistione di ruoli segnata anche dalla nomina del generale Figliuolo che, è bene ricordarlo, ha comandato la missione di guerra in Afghanistan, a commissario per l’emergenza, militarizzando ulteriormente l’intera gestione della pandemia.
Oltre un anno di stato di emergenza lascia più di centomila morti, causati dai continui tagli alla sanità e dalle scelte governative che hanno anteposto la crescita del Prodotto Interno Lordo alla tutela della salute. Questi mesi hanno dimostrato l’incapacità dell’organizzazione gerarchica e dei poteri straordinari di rispondere alle esigenze più elementari della popolazione.
Il governo Draghi e le sue politiche autoritarie, militariste e patriarcali non hanno praticamente opposizione, se non di facciata, nell’arco parlamentare. Non hanno opposizione, nemmeno di facciata, da parte dei sindacati di stato che hanno avallato il governo prima ancora che il presidente incaricato ne comunicasse la composizione.
L’unica opposizione reale può e deve venire dal basso.
Le anarchiche e gli anarchici della FAI saranno in tutte le piazze il primo maggio, giornata di lotta internazionale e internazionalista:
-per lottare contro la gestione militare dell’emergenza sanitaria
-per contrastare le spese militari e l’industria bellica
-per riaffermare il nostro impegno nelle nuove forme di mutualismo dal basso
-per sostenere tutte le mobilitazioni dal basso contro il governo
Perché la lotta contro ogni forma di dominio e sfruttamento, per una società di libere ed uguali, è oggi più che mai una necessità ineludibile.
Commissione di corrispondenza della Federazione Anarchica Italiana
federazioneanarchica.org