Il “Movimento 5 Stelle” (M5S) sembra proprio essere giunto, alle fine di questo 2024, a un bivio, a un punto di non ritorno. Se fosse una commedia, la si potrebbe dividere per comodità in tre atti.
Il primo inizierebbe portando in scena quei gruppi di persone che agli inizi degli anni 2000 si incontrarono in uno dei primi network sociali che usava una piattaforma chiamata “MeetUp”, creata negli USA nel 2002 e diffusa su tutta la Internet. Il servizio si strutturava a livello geografico permettendo agli utenti di creare gruppi di discussione locali centrati su un interesse comune di qualsiasi genere: dai giochi ai libri, dalla politica alla musica. Qualcosa che non rappresentava una novità e che aveva, in quegli anni, molteplici imitazioni alcune delle quali diventeranno molto più famose. Poco considerato, come al solito per distrazione o ignoranza, dai mezzi di comunicazione tradizionali, questo social farà da incubatore nel quale nasceranno esperienze come gli “Amici di Beppe Grillo” e le “Liste Civiche a 5 stelle” che diventeranno poi la struttura portante del “movimento”.
Facendo un passo indietro, in un vecchio articolo pubblicato su queste pagine si poteva leggere:
“il “popolo” di Grillo sembra essere composto da quegli strati sociali che negli ultimi 20 anni hanno dato vita a movimenti simili, come la cosiddetta “società civile”, “il popolo dei fax” o i “girotondini”. Gruppi trasversali ai partiti tradizionali, che per un po’ di tempo hanno anche avuto accesso alla ribalta mediatica, anche se le contraddizioni interne e la debolezza delle proposte li hanno poi portati ad una silenziosa estinzione. In questo caso il fenomeno potrebbe avere una durata ed un successo maggiore proprio grazie all’effetto supermercato: sul palco di Torino si sono alternati durante lo show un po’ tutti, dai Comitati “No Dal Molin” e “No TAV” agli operai impegnati contro le morti bianche, dai magistrati d’assalto, alle vittime della violenza di Stato, dagli assessori “virtuosi”, ai cantanti famosi. Tutti insieme a portare le loro proposte anche contraddittorie, ma che hanno dato al pubblico la possibilità di scegliere quella che più gli interessa. Salvo portarsi “a casa” anche le invettive contro l’indulto, contro l’invasione dei rom romeni, contro la “casta” o il paragone improponibile tra i partigiani che hanno combattuto contro i nazi-fascisti e i “nuovi partigiani” della democrazia telematica.” (vedi “Vaffaday 2. Al supermarket del grillo”, “Umanità Nova”, n.16 del 04/05/2008).
Il primo atto si chiuderebbe con la partecipazione (usando varie sigle) ad alcune elezioni a livello locale, con la fondazione nel 2012 dell’Associazione M5S e quindi con la decisione di presentarsi alle elezioni politiche del 2013.
Il secondo atto si aprirebbe con il risultato delle elezioni del 24/2/2013 nelle quali il M5S raccolse 9.923.600 voti alla Camera (il 29,28% dei voti), più del PD che ne prese 8.646.034 e di FI che ne prese 7.332.134.
Tra queste elezioni e quelle successive vennero formati tre esecutivi: il Governo presieduto da E. Letta (28/4/2013 – 22/2/2014) una “grande coalizione” con dentro tutti (salvo il M5S) seguito da quello di M. Renzi (22/2/2014 – 12/12/2016) una coalizione di centro-sinistra, e poi da quello di P. Gentiloni (12/12/2016 – 1/6/2018) a capo una coalizione fotocopia della precedente, tutti governi rispetto ai quali il M5S restò sempre all’opposizione. Ma i colpi di scena erano in arrivo.
Nelle elezioni del 4 marzo 2018 i voti del M5S, sempre alla Camera, arrivarono a 10.732.066 (il 32,68% dei voti), ancora più del PD che ne prese 6.161.896 e dei 4.596.956 di FI.
Il M5S aveva stravinto le elezioni e, tra il 2018 e il 2021, vennero formati due Governi presieduti da G. Conte: il primo soprannominato “giallo verde” (1/6/2018 – 5/9/2019) che vedeva insieme il M5S e la “Lega per Salvini Premier” (LSP) e il secondo, detto “giallo-rosso” (5/9/2019 – 13/2/2021) nel quale al posto della LSP subentrò il PD.
Quello che sarebbe successo era fin troppo facilmente prevedibile anche molto prima:
“Paradossalmente, ma nemmeno tanto, un sistema per spiazzare il M5S sarebbe quello di chiedere direttamente a Beppe Grillo di formare il nuovo Governo. Un suo rifiuto mostrerebbe le contraddizioni esistenti nel “movimento” e una accettazione sarebbe un vero e proprio suicidio politico in quanto il M5S non avrebbe certamente la capacità e le forze per gestire la situazione, il che andrebbe a tutto vantaggio degli altri partiti.” (vedi “Il nemico marcia sempre alla tua testa”, “Umanità Nova”, n.12 del 31/03/2013).
In quelle due legislature il M5S operò delle scelte politiche che suscitarono forti critiche all’interno della stessa base del movimento, decisioni piene di contraddizioni, passi falsi, oscillanti tra una politica di “destra” e una di “sinistra”, il tutto venne aggravato – a partire dal 2020 – dalla crisi pandemica. In questo periodo si susseguirono le fuoriuscite di elett* al Parlamento, sia volontarie che a seguito di espulsioni formali, quest* approderanno a gruppi parlamentari diversi. La partecipazione al Governo di M. Draghi (13/02/2021 – 22/10/2022) e la scissione di “Insieme per il futuro” del 2022, sulla quale conviene lasciare il velo pietoso che la ricopre, aggravarono una situazione già fortemente compromessa.
Il progetto iniziale, quello di diventare una forza politica “altra” mostrò a tutti il suo fallimento e costituì sicuramente una delle cause più evidenti di quello che avverrà nelle successive elezioni. E qui si potrebbe chiudere il secondo atto di questa rappresentazione.
Il terzo atto si aprirebbe con le votazioni del 25 settembre del 2022 quando il M5S raccolse 4.335.494 (il 15,43% dei voti) perdendo più della metà dei voti ottenuti in precedenza. A questo punto diventò evidente anche ai più inesperti che il M5S aveva perso per strada non solo milioni di votanti e decine di parlamentari ma molte delle caratteristiche di “movimento” e degli obiettivi che lo avevano caratterizzato all’inizio e il dibattito interno si iniziò ad incagliare quasi esclusivamente su tematiche connesse alle regole di funzionamento.
Il confronto impietoso con il passato vedeva gli scaffali del “Mercatone 5 Stelle” desolatamente vuoti come quelli di un negozio ai tempi del socialismo reale e una drastica riduzione del numero dei frequentatori e dei voti.
In un certo senso però il M5S rappresentava ancora un nuovo tipo di partito ma non si era dimostrato alla prova dei fatti migliore di quelli esistenti o di quelli estinti, bastava vedere il comportamento dei suoi vari leader e il genere di discorsi pubblici che pronunciavano nei quali la percentuale di fuffa sul tutto era tendenzialmente molto alta.
Il terzo atto si chiuderebbe con i principali protagonisti che salgono alla ribalta di una commedia che somiglia sempre più a una farsa (con tutto il rispetto per il genere) che potrebbe avere come titolo “Peppe contro Beppe”, uno spettacolo che negli ultimi giorni ha saturato di commenti giornali, televisioni e web.
A questo punto mentre cala il sipario qualcun* potrebbe chiedersi: Come andrà a finire?
Basandosi sugli schemi classici si starebbero scontrando all’interno della classe politica del partito un’area “governativa” e una “movimentista” e, almeno in parte, ciò è vero. Difficile valutare la consistenza numerica delle due fazioni in causa e ancora più difficile valutare quant* tra coloro che negli scorsi anni hanno dato il loro voto al M5S saranno disposti a farlo anche in futuro. Probabilmente dal litigio in corso verranno fuori due raggruppamenti politici, entrambi in crisi, che avranno ancora due anni, a meno di impreviste catastrofi che colpiscano l’attuale Governo in carica, a disposizione per provare a rimettere insieme una qualche parvenza di progetto politico che riesca a dare agli attivisti e alle attiviste, alle elettrici e agli elettori un valido motivo per rinnovare le loro scelte passate.
Accanto a più o meno scontate riflessioni di carattere generale, la storia politica del M5S ha lasciato in eredità anche qualcosa sulla quale vale la pena di riflettere. Il movimento è nato e cresciuto, almeno nella sua prima fase, tramite un processo di auto-organizzazione dal basso che ha ampiamente utilizzato gli strumenti della comunicazione elettronica e Internet. Nonostante questo ha però subito, più o meno passivamente, il peso di un personaggio ingombrante come B. Grillo, esercitato fin dall’inizio attraverso il suo blog vale a dire di uno strumento funzionale a un controllo verticale dall’alto. I tentativi di creare una sorta di “democrazia digitale” con i gruppi su “meetup” sono sfociati in seguito in uno stretto legame con l’azienda di Casaleggio, soprattutto attraverso l’uso di una piattaforma digitale (Rousseau) sui cui meccanismi di funzionamento ci sarebbe molto da riflettere. In definitiva il primo “movimento politico digitale” del XXI Secolo ha coltivato l’ingenua idea che bastasse usare i computer e Internet per risolvere alcuni dei problemi che da sempre affliggono le attività dei movimenti che si muovono per il cambiamento sociale, cosa chiaramente non possibile. Così come non sarà mai possibile, attraverso una politica svolta all’interno di una istituzione parlamentare arrivare a un concreto cambiamento, anche partendo con le migliori intenzioni. Del resto bastava rifletterci fin da subito su quanto sia davvero difficile aprire una scatoletta di latta quando ci sei chiuso dentro.
Pepsy
[*] Dati ufficiali (esclusa Val d’Aosta e voti dall’Estero) ripresi dal sito web ufficiale https://elezionistorico.interno.gov.it