I tifosi sono guardati male. Si ritiene siano maschilisti, razzisti, fascisti, xenofobi, alcolisti violenti, fanatici campanilisti e, nel migliore dei casi, povere vittime, si pensa che essi non abbiano la minima cultura, che non conoscano l’etica dello sport, drogati con l’oppio di uno sport di massa corrotto: IL CALCIO. Basta, gridiamo FORZA NAPOLI senza vergogna!
Essere tifosi non vuol dire essere violenti. Non confondiamo ultras e hooligan.
Gli ultras si raggruppano in organizzazioni di tipo associativo il cui scopo è seguire la squadra del cuore ovunque essa vada e fare il tifo durante la partita con canti, vestiti e truccati coi colori del club. Gli ultras possono far parte di associazioni sociali, umanitarie, alternative, antirazziste e anti capitalistiche. L’hooligan, invece, è un tifoso che va allo stadio per scontrarsi con la tifoserie della squadra opposta.
L’uliganismo è nato negli anni sessanta in Inghilterra tra gli skinhead per poi diffondersi in altre parti e la sua violenza sportiva ha radici molto antiche. I primi ultras, cioè i tifosi che per prima hanno costituito una tifoseria ufficiale, sono stati gli studenti croati dell’Hadjuk Split (Split, Yugoslavia). Lo hanno fatto il 28 ottobre 1950, il giorno prima di una partita contro la Stella Rossa Belgrado il loro avversario storico. La chiamarono “Torcida” poiché quell’anno si svolse la Coppa del mondo nel Brasile e per la prima volta, anche se esistevano dagli anni ’40, si vedevano in tivù gli striscioni nello stadio con la scritta Torcida dal verbo “torcer”, fare il tifo. Questi gruppi informali c’erano anche in Italia ma i primi ultras sono stati i Fedelissimi Granata, nati a Torino nel 1951. La parola “ultras” per nominare un club di supporter è, invece, italiana. Viene usata per la prima volta dai supporter della Sampdoria di Genova che creano nel1969 gli Ultras Tito Cucchiaroni (ex giocatore argentino a Genova).
Per gli ultras la cosa più importante è il club, ma in tanti protestano contro gli stipendi milionari dei calciatori, contro quelli che non faticano sul campo, contro i calciatori mercenari e la loro tendenza anti-autoritaria e anticapitalistica fa si che spesso gli ultras creino tifoserie alternative per un calcio alternativo. Per di più gli ultrà sono stati più volte decisivi nella costruzione delle reti antifasciste. Rispetto al fenomeno di consumo eccessivo di alcol, diciamo con lo scrittore uruguaiano Eduardo Galeano che queste “orde di barbari insultano il calcio come gli ubriaconi il vino.”
I tifosi con coscienza politica esistono quasi dall’inizio.
Il mio compagno di gruppo FAI non dovrebbe gridare “Forza Napoli” in quanto è impegnato nella politica. Embè fa di peggio! Se il SSC Napoli gioca, la riunione del gruppo va fatta a casa sua davanti alla tivù. Egli non concederà niente di più ed è già molto che non preferisca il bar dove si riunisce solitamente con gli altri tifosi malgrado l’amore immenso che prova verso di noi e verso l’anarchia. Tanti compagni tifano senza essere per niente nazionalisti. Essi hanno una grande cultura (tecniche, strategie, storie, ecc.). Spesso ci sono legami che si creano dall’infanzia oppure in età adulta tra amici e colleghi. Grazie al calcio si creano legami sociali che vanno oltre le classi sociali, anche se alcune tifoserie sono più borghesi o più popolari come ad esempio il Real Madrid e l’Atletico di Madrid. Grazie al calcio, spesso si supera anche il divario politico poiché consente il dialogo tra persone che, altrimenti, non si parlerebbero: il calcio è un vettore di fraternità tramite la condivisione di una passione. Si possono avere diverse passioni e interessi. Ci mancherebbe!
È vero che il calcio è diventato una religione della globalizzazione con i suoi dei, i suoi preti e i suoi fedeli. Il calcio è la manifestazione più forte della società dello spettacolo e della mercificazione universale, nonché uno strumento efficientissimo di diffusione dell’ideologia dominante, cioè quella del successo e del più forte, dell’individualismo. Inoltre esso è un’arma di distrazione dai problemi reali e una costruzione per nutrire l’immaginario collettivo al servizio della classe dominante.
Pur essendo il calcio l’oppio del popolo, l’amore popolare per il calcio però è nato con una coscienza politica e questo non va dimenticato! Il calcio è stato uno sport dell’élite prima di essere uno sport di massa. Sono stati lanciati appelli agli operai affinché essi si organizzino e partecipino a squadre di calcio operaie. A tal proposito leggiamo in una pubblicazione sindacale brasiliana del 1928: “Nessuno ignora nel mondo del lavoro che lo sport può essere utile al capitalismo per distrarlo e sviare la sua attenzione dei sindacati”. Così, in Europa e in America. sono coesistiti club di padroni o vicino ai padroni e club operai. Il calcio popolare è stato sempre politicizzato. Ad esempio l’Hadjuk Split prima si chiamava Anarkhô Split. Non appena è diventato prodotto di consumo di massa, l’élite se ne è allontanata. Non voleva mischiarsi alla massa, bensì dominarla, governarla e sfruttarla.
Le critiche ai tifosi non vengono esclusivamente da un’élite disprezzante ma anche da una sinistra che da un lato denuncia il calcio in quanto diversivo alla capacità di ribellione delle masse e dall’altro lato lo strumentalizza per la propria propaganda. In Francia, nel 1908, la Fédération Sportive Athlétique Socialiste dichiarava: “Vogliamo creare a tiro della classe operaia centri di divertimento che si svilupperanno al fianco del Partito ma saranno tuttavia per il partito centri di propaganda e di reclutamento”. Per di più il calcio è usato anche dallo Stato come strumento che possa permettere l’integrazione sociale smorzando le tensioni e creando un’illusoria possibilità di successo. Con lo slogan “Cavarsela con il calcio”, lo Stato è di fatto è un alleato del capitalismo. Infatti i calciatori professionisti sono pagati molto bene ma sebbene tra di essi vi siano prodigi eccezionali “salvati dalla miseria” cresciuti nei quartieri popolari, nascondono un immenso mercato di carne da cannone. La bravura di alcuni di essi suscita l’ammirazione, ma nasconde anche il fallimento della maggioranza, la disoccupazione, la disperazione.
All’inizio della guerra di Spagna, scoppiata dopo il colpo di Stato fascista del generale Franco, il calcio è stato collettivizzato dagli anarchici a Barcellona, ne è un esempio il Barça nel 1936, cogestito dai due sindacati UGT-CNT (socialisti/anarchici). Un altro club di Barcellona, il Jupiter, stava nel quartiere operaio Poble Nou e i compagni anarchici, tra cui Garcia Oliver e Ascaso, trasportavano pistole nascoste nei palloni.
Il calcio si è anche impegnato in diversi boicottaggi. È stata famosa la campagna internazionale contro i Mondiali in Argentina nel 1978, dove c’era la dittatura. In Francia, invece, il PCF per timore di un boicottaggio dei giochi olimpici del 1980 a Mosca e il PS per timore di scomodare gli elettori alla vigilia delle elezioni al Parlamento, accettarono col presidente di destra Giscard d’Estaing di partecipare; il calciatore della squadra francese Dominique Rocheteau, lettore de Le Monde Libertaire, Platini e Hidalgo volevano boicottare, anche se dopo la squadra ha partecipato. Il calciatore olandese Cruyff, invece, rifiutò.
Delle squadre alternative hanno fondato le proprie azioni sulla popolarità del calcio: dal 1992 gli Easton Cowboys and Cowgirls di Bristol riuniscono in Gran Bretagna calciatori di tutte le culture, etnie e classi sociali impegnati in attività locali, campionati autogestiti e giri internazionali (Chiapas, Cisgiordania ecc.).
I tifosi sono anche intellettuali, niente incompatibilità.
Nessuno è al di sopra degli altri . Chi siamo noi per disprezzare, condannare i gusti e le passioni altrui, metterci un marchio “cultura” o “subcultura” ? Sono contro qualsiasi gerarchizzazione delle persone. Sono contro quella gerarchia legittimata da chiunque crede che la cultura sia esclusiva dei pochi. In realtà, si vuole soltanto provare la propria presunta superiorità in quanto si appartiene all’élite, il che porta ad autolegittimare il proprio potere, la propria autorità e lo sfruttamento altrui. Il fatto che la massa merita di essere inferiore, lo si vuole dimostrare col fatto che si accontenta con “panem et circenses”. In questo contesto la cultura viene usata per discriminare socialmente. Niente a che vedere con il vero amore verso la cultura che appartiene ai veri artisti e studiosi, ad esempio Pasolini che ha amato il calcio.
Parliamo infatti qui dei funzionari della cultura. La mia esperienza da funzionaria del Ministero della Pubblica Istruzione in Francia (il primo posto nel bilancio con quello della Difesa e non per caso, sono i due pilastri dello Stato per perpetuarsi) mi ha dimostrato che esiste una chiusura stagna da parte di chi vuole essere rispettato e valutato come intellettuale: questi non può assolutamente farsi vedere col giornale dello sport sotto il braccio… Leggere allo stesso tempo Camus se sei un professore che si rispetta e intende essere rispettabile, è assolutamente incompatibile. Invece a Camus piaceva il calcio, era tifoso e giocatore, portiere in Algeria e poi in Francia: “Tutto ciò che so di più assodato riguardo la moralità e gli obblighi umani, lo devo al calcio” (« Tout ce que je sais de plus sûr à propose de la moralité et des obligations des hommes c’est au football que je le dois”) – omaggio magnifico.
La mia cultura originaria, spagnola, apprezza molto la mescolanza dei generi e in essa si può parlare un linguaggio castigato introducendo parolacce senza urtare nessuno e tanti capolavori della nostra letteratura, come La Celestina, mischiano linguaggio cortese e popolare e in essa si apprezza il tragicomico anziché ritenerlo un errore di stile. Quindi non ci stupiremo se tanti grandi scrittori in lingua spagnola sono tifosi. In occasione del centenario del Real Madrid nel 2012, venne pubblicato un libro con 11 racconti, 11 scrittori tifosi come 11 calciatori contribuivano con un omaggio al real, al calcio e al Tifo: gioco letterario all’interno del gioco calcistico. A tal proposito Luis Landero, il meraviglioso autore del romanzo “Giochi tardivi”, scrive: “Il Real Madrid è innanzitutto uno spazio immaginario che abita nella nostra mente. Noi, i tifosi, siamo l’anima di questo sogno di bimbi, gli altri ci mettano la realtà.”
I tifosi fanno campagne antifasciste, antirazziste, antisessiste.
Tifoserie di tutto il mondo partecipano ai Mondiali Antirazzisti, una manifestazione nata nel 1997 da Progetto Ultrà – UISP Emilia Romagna, in collaborazione con Istoreco (Istituto Storico per la Resistenza) di Reggio Emilia. Il torneo prevede gironi da 6 squadre ciascuno, salvo eccezioni. La formula che ha voluto coniugare calcio non competitivo, tifo e colore sugli spalti, concerti di band musicali eterogenei, in un’esperienza di vita comune in campeggio, è risultata vincente: dalle 8 squadre e circa 80 partecipanti del 1997 alle 184 squadre e 7000 partecipanti del 2016. L’ultima edizione si è svolta a luglio 2017 al Parco Albergati di Modena contro ogni forma di discriminazione. Per la prima volta nel 2004, le squadre miste superano di molto quelle solo maschili: il 70%. “I Mondiali Antirazzisti sono un torneo NON competitivo! Non stiamo al gioco: cambiamo le regole! I Mondiali si giocano per combattere il razzismo! (…) non ci interessa premiare chi ha più fiato ed è più allenato: l‘agonismo sfrenato lo lasciamo ad altri tornei!” Vengono assegnati tre punti extra a tutte le squadre che portano un manifesto o altri materiali che documentino il carattere e le attività contro il razzismo e il sessismo della propria squadra. Oltre a numerose coppe (fairplay, invisibili”, 1° posto ed altre) viene assegnato come premio più importante la “Coppa mondiali antirazzisti”, per la squadra che durante tutto l’anno ha interpretato al meglio lo spirito dei mondiali antirazzisti.
Ci sono poi anche campagne in altri paesi come “Racism divides” in Gran Bretagna. Autonomos/Autonomas FC (una squadra al maschile e una al femminile create nel 2006 durante un’occupazione autogestita (Casa Mafalda à Sao Paulo) da punk, anarchici e militanti alternativi sono più di un club: “Siamo un collettivo e cerchiamo di penare e di praticare relazioni orizzontali, libertarie e senza imporre una gerarchia. Le squadre di calcio anticapitalistiche, antifasciste, antirazziste, antisessiste organizzano altre attività a Casa Mafalda : dibattiti, mostre d’arte, esibizione di film e così via.”
I tifosi sono anche anticapitalisti
“Lo scopo del club è diffondere l’idea che se tutti possono giocare al calcio, tutti possono partecipare a una società umana. Un’altra idea alla quale ci tengo e che se una squadra ritenuta più debole può vincere, allora possiamo abbattere il capitalismo”. (Autonomos/Autonomas FC)
Il capitalismo ha incoraggiato e sviluppato un calcio a sua immagine e somiglianza. Il capitalismo sporca ogni cosa facendo in modo che essa diventi una faccenda di soldi (generato dalla pubblicità sulle magliette, i diritti televisivi, i contratti e trasferte di giocatori, insomma successo da fare fruttare, prestazioni da compravendita (pure alle spese della salute dei giocatori). Le scuole di calcio sono imprese capitalistiche che pervertono il linguaggio veicolando bei valori in contraddizione con la pratica reale : solidarietà, rispetto, piacere, sboccio. Falso. Invece il capitalismo ha fatto si che uno sport popolare diventasse un mezzo della società di consumo : macchina di lusso, villetta, panfilo, donna, ecc.
Non sbagliamo bersaglio, condanniamo il capitalismo, non il calcio. Il calcio e i suoi tifosi hanno una storia anticapitalistica. C’è stato pure il ’68 del calcio con l’occupazione, durata 6 giorni, della sede della Federazione francese di calcio FFF con questo manifesto del 22 maggio: “Calciatori di diverse squadre della regione di Parigi abbiamo deciso oggi di occupare la sede de la Fédération Française de Football. Così come gli operai occupano le fabbriche, gli studenti le università. Perché? Per restituire ai 600.000 calciatori francesi ed ai suoi milioni di tifosi ciò che appartiene loro: il calcio del quale i pezzi grossi della Federazione hanno espropriato loro al servizio dei propri interessi egoisti di profittatori dello sport (…) Liberiamo il calcio dalla tutela del denaro (…) Tutti al 60 rue d’Iéna”.
Un movimento alternativo si profila man mano affinché i club diventino squadre e non imprese. È il caso della Spagna dove l’Unione Sportiva CEARES U.S. CEARES – quartiere di Gijón – e il Club di Azionariato Popolare Città di Murcia, sono stati democratizzati dalla direzione: ogni tifoso può acquistare una sola azione che non da diritto a sua volta a più di un voto nelle decisioni. Si torna a un modello tradizionale di club anziché quello dell’impresa. Un altro caso è quello del club scozzese Stirling Albion che è stato trasformato in cooperativa dai suoi soci nel 2010, per la prima volta nella storia dello sport professionale europeo.
I tifosi del futuro sono anarchici.
“Sogno un calcio moderno. Anarchico. Senza allenatore.” (Fernando Arrabal). Non confondiamo il calcio in quanto attività commerciale portata al limite con lo sport di squadra i cui principi sono portatori di valori sociali e la cui pratica libertaria contribuisce, invece, alla costruzione della società dei nostri sogni. Al calcio business e capitalistico risponde un calcio impegnato, alternativo e anarchico, che inventa le regole per il futuro del calcio e per una nuova società. Alla sottomissione crescente delle regole calcistiche alla logica capitalistica risponde un calcio che va ancora più avanti rispetto al fair-play delle origini, purtroppo denaturato dal capitalismo che lo ha fatto diventare una vittoria del più violento e potente. Creatività e libertà individuali combinate in un lavoro di squadra: cosa c’è di più anarchico?
Già i club operai britannici della fine del XIX secolo, esaltano il gioco collettivo contro la prodezza individuale, inventano il “passing game” che si oppone al “dribbling game” aristocratico. Alcune regole generali attuali del calcio alternativo: l’autogestione della squadra (senza allenatore), le partite con arbitraggio autogestito, non c’è classifica né eliminazione diretta, tacchetti alti vietati, sostituzioni illimitate, non esiste off-side. Si gioca in 7. Partite da 2×10 = 20 minuti. Le sostituzioni sono libere. La rimessa laterale viene effettuata da terra (no goal). Il portiere può raccogliere con le mani i retropassaggi. Per scoraggiare il gioco violento: al primo fallo cattivo ed intenzionale di una squadra, indipendentemente se succeda in area o meno, viene fischiato il rigore. Al secondo fallo cattivo ed intenzionale, viene decretata la vittoria a tavolino della squadra avversaria.
Nel 2000 Carlos Fernández scrive nel primo numero della rivista anarchica di Chicago, Arsenal, “Pitched battless: Calcio e anarchia”: “Il calcio anarchico può esprimere identità collettive tramite squadre, in particolare nel modo in cui mettono in pratica competenze collettive. Decidere le posizioni e le strategie senza allenatore, allenarsi senza pressione, fare partecipare calciatori di livelli vari: chi sarebbe in grado di farlo se non gli anarchici.” Nel McGilly Daily, Anna Leocha scrive in merito al Montreal’s Anarchist Soccer Club che questo è la prova che la pace, l’amore e la comprensione fanno tanto parte del calcio quanto questa piccola sfera nera e bianca.”
Una coppa libertaria di calcio a Stoccolma viene organizzata dal 1989, la prima dai compagni del giornale anarchico Brand e poi dal vincitore dell’anno. Coinvolge militanti antifascisti antisessisti e contro le violenze della polizia. Leghe anarchiche sono state organizzate negli Stati Uniti coinvolgendo squadre come il Riot Soccer Club, l’Emma Goldman Anarchist Feminist Club, il Dynamo Kropotkin, la Città Makhnovista, la Pattuglia Anti-Confini di Austin in Texas. C’è stata una partita famosa il 15 settembre 2003 tra l’anarchico Krondstadt FC e il comunista Left Wing a San Francisco nello stadio Gabe’s East: un’orchestra suonava l’Internazionale e i tifosi cantavano “Dite AAA per Anarchia”, il laterale nero del campo esponeva la scritta per un mondo senza confini, i calciatori portavano magliette nere con l’A cerchiata, una stella nera e il pallone di calcio oppure magliette rosse col pugno, la bandiera e la stella rossa. Le due squadre erano state fondate quell’anno in seguito alla convergenza di manifestazioni contro la Guerra in Irak. Il Mondiale Alternativo del 2010 in Inghilterra coinvolse squadre autogestite dell’America, Chiapas, Europa, ¨Palestina, Africa, ecc. del Nord, Chiapas, Europa, Palestina, Africa, etc.) e anche individuali senza squadra di ovunque.
Nata nel 1903 come squadra del popolo, nel quartiere est più popolare della città di Istanbul, il Besiktas ha la frangia principale della tifoseria più anarchica della Turchia, cioè i Çarşı, fondati nel 1982. Sono stati pure processati dal Governo Erdogan poiché erano stati in prima fila durante le manifestazioni del tentato golpe, tanto che fu ordinata la chiusura del loro account Twitter ufficiale.
Le sommosse incendiano Taksim ed altri quartieri per impedire che sparisca il Parco Gezi, rimasto tra i pochi spazi verdi del centro di Istanbul. In prima linea delle manifestazioni, gli ultras del Besiktas, i Carsi, s’impadroniscono di una ruspa nel loro stadio per gli scontri con i TOMA della polizia, veicoli blindati con cannoni spara acqua. Il 10 luglio 2013, Ali Ismail Korkmaz, di 19 anni, muore dalle manganellate della polizia. Il movimento di contestazione non si spegne, pure dopo il 16 luglio, Carsi raggruppa persino i club rivali dietro la bandiera nera e rossa e la A cerchiata degli anarchici per denunciare la deriva autoritaria del Premier diventato Presidente della Turchia. Vengono arrestati 35 tifosi Carsi per tentato colpo di Stato per i fatti del Parco Gezi, rischiano l’ergastolo. Ad aprile 2016, dopo tre anni di lavori, Erdogan inaugura lo stadio a porte chiuse con 6.000 invitati mentre le aquile nere del Carsi sono fuori ad affrontare la polizia. Poiché pur controllando tutto, compresi i media, Erdogan non può controllare la tifoseria nello stadio e tanto meno sotto le camere della televisione.
Ad aprile 2017, i Carsi in occasione dei quarti di finale di Europa League Lione-Besiktas, si sono scontrati con i tifosi del Lione la cui tifoseria è nota come fascista. Prima dell’inizio della gara all’esterno dell’impianto e poi sugli spalti, con lancio di oggetti e fumogeni da parte dei turchi.
A Napoli invece, prima della gara del San Paolo c’era stato un messaggio distensivo da parte dei turchi alla parte di tifoseria partenopea legata all’area antagonista della città, anche se è bene ricordare che entrambe le curve del Napoli si definiscono apolitiche e non espongono simboli di nessuna ideologia. Anche se si sono registrati momenti di tensione tra tifosi partenopei e del Besiktas quando alcuni, come sfida, hanno intonato cori pro Juve.
Rivendichiamo forte e chiaro il diritto a sognare, a giocare, il diritto al divertimento, a dimenticare lo sfruttamento e celebrare l’amicizia tutti insieme oltre le differenze, a sentirci vittoriosi anche se non ne abbiamo ricavato più soldi o più potere, all’appartenenza a una collettività gioiosa, alla passione, a non essere adulti come ci vogliono, cioè interessati soltanto dal lavoro.
Monica Jornet
Gruppo Errico Malatesta – FAI – Napoli
Groupe Gaston Couté de la Fédération Anarchiste