Wissem Abdelatif è un tunisino di 26 anni nato a Kebili. La città sorge sull’ultima oasi prima del Sahara, nel sud della Tunisia. E’ una città povera. Wissem l’ha lasciata per andare a lavorare in un supermercato a Tunisi.
Quando il supermercato dove lavorava chiude e lui legge sui giornali che con la crisi derivante dal Covid-19 moltissimi tunisini stavano partendo per l’Italia, decide di imbarcarsi anche lui.
Arriva in Italia, a Lampedusa, il 2 ottobre in un gommone con altri 68 tunisini.
Viene mandato a fare la quarantena Covid nella nave della GNV al largo di Augusta fino al 12 ottobre.
Da lì, con un certificato che attesta la “compatibilità con la vita ristretta” e senza aver potuto chiedere asilo politico o la protezione sussidiaria, viene mandato al CPR di Ponte Galeria a Roma.
Entra al CPR il 13 ottobre e riesce a rimediare un telefonino (il suo gli era stato sequestrato).
Il giorno successivo invia ad un amico un video con cui testimonia le condizioni disumane di detenzione; il CPR era strapieno, non c’erano letti e dormivano nei corridoi senza neanche un materasso, mancava il riscaldamento, gli veniva negata l’acqua e se i reclusi parlavano tra loro venivano malmenati.
Il 15 ottobre invia al suo amico un altro video dove annuncia che lui e gli altri detenuti sarebbero entrati in sciopero della fame.
Da allora il suo amico non riesce più a sentirlo. I suoi compagni di detenzione hanno dichiarato che un agente l’aveva sorpreso con il telefonino. Il telefonino era stato sequestrato e lui era stato massacrato di botte. Preso di mira dagli agenti sarebbe stato percosso anche nei giorni successivi.
Il 25 ottobre lo psicologo del CPR chiede una visita psichiatrica specialistica che viene fatta il successivo 8 novembre dallo psichiatra della ASL che gli prescrive degli psicofarmaci.
Wissem si sarebbe rifiutato di prenderli.
Il 18 novembre viene chiesta una seconda perizia, che viene effettuata il 23 novembre e dispone l’invio al SPDC dell’ospedale Grassi di Ostia, dove Wissem arriva lo stesso 23 novembre e viene legato al letto di contenzione per due giorni.
Mentre era legato al letto del Grassi, il Giudice di Pace di Siracusa ha sospeso l’esecutività del decreto di respingimento e del provvedimento di trattenimento presso il Cpr di Ponte Galeria. Wissem avrebbe dovuto essere scarcerato, ma nessuno si è preoccupato di farglielo sapere.
Il 25 novembre viene trasferito all’ospedale San Camillo dove viene nuovamente legato al letto per tutto il tempo finché, alle 4:00 di mattina del 28 novembre viene trovato morto.
Il magistrato di turno viene chiamato 28 ore dopo la morte.
Nei giorni immediatamente successivi vengono rimpatriati molti tunisini presenti nel CPR di Ponte Galeria e che avrebbero potuto essere testimoni di quanto accaduto.
La famiglia viene avvisata il 3 dicembre, ad autopsia effettuata.
Per denunciare questa storia assurda, dopo aver partecipato alle mobilitazioni del 18 dicembre alle 12:00 a Piazza Vittorio, averla ricordata nell’iniziativa antirazzista organizzata la sera del 18 nella nostra sede, essere andati a Ponte Galeria il 19 dicembre, nel pomeriggio del 21 dicembre siamo andati, insieme a Mani Rosse Antirazziste e lasciateCIEntrare, al San Camillo con uno striscione di denuncia.
Continueremo le manifestazioni di denuncia nei prossimi giorni ed esprimiamo solidarietà a Rania, la sorella di Wissem, in sciopero della fame e siamo vicini ai giovani tunisini che in queste ore manifestano davanti alle sedi diplomatiche italiane in Tunisia.
Gruppo Anarchico Bakunin – FAI Roma e Lazio
Qui l’articolo sul ragazzo morto il 6 dicembre nel CPR di Gradisca