Morte di un re dal fiato corto. Note bandite: Gaetano Bresci 1

Il 29 luglio del 1900 viene ucciso a Monza Re Umberto I di Savoia.

Il regicida è Gaetano Bresci, nato il 10 novembre del 1869 a Prato, che riesce dove Passannante e Acciarito avevano fallito. Fin da subito i cantastorie rendono immortale il suo nome con canti diffusi su libelli, piuttosto che oralmente.

Cento e più anni dopo Bresci rimane un’icona senza data di scadenza per le giovani generazioni riottose. È difficile contare tutte le comparse del suo nome e del suo volto: dai fumetti alle scritte sui muri, passando per manifesti e magliette. Anche nella musica sono tantissime le canzoni che citano Bresci, la morte di Umberto I o le cannonate di Bava Beccaris.

Esiste addirittura una canzone dei fascistissimi DDT (Dodicesima Disposizione Transitoria, nome tratto direttamente dalla parte finale della Costituzione che vieta la ricostruzione del partito fascista), intitolata “Savoiarda” che celebra Bresci. Ecco allora che è il momento di rimettere i puntini sulle “i” (di Bresci e regicidio).

1 LA KATTIVERIA – L’ATTO ISOLATO

2 LISETTA LUCHINI – BRESCI, L’ANARCHICO TORNATO DALL’AMERICA

3 MONKEYS FACTORY – 29 LUGLIO 1900

 

1 LA KATTIVERIA – L’ATTO ISOLATO

La Kattiveria crew nasce nel 2000 a Reggio Emilia, nel 2006 autoproduce l’album “Dove vola l’avvoltoio”, ricco di riferimenti storici e letterari, sin dal titolo. I componenti sono Murubutu, U.G.O, Yanez Muraca, Il tenente e Dj Gamon che con stili ed espedienti diversi cercano un equilibrio, con il cuore e le orecchie, tra la pianura padana e i ghetti degli Usa.

“Qua il cielo mescola grigio e viola / la folla aspetta il capo di Stato, qualcuno si annoia / qualcuno aspetta da qualche ora: chi per la repubblica, / per una supplica, io aspetto che muoia. / Ora, spetta a lui perché oggi è il suo turno”. La canzone “L’atto isolato” racconta di quel giorno in cui Gaetano Bresci arrivò a Monza, per portare a termine il suo obbiettivo. “Ora è giusto che cada sotto i colpi del mio ferro / potrei anche sbagliare, ma non posso concedermelo, / mi chiedi se ho paura? Io ho paura di chiedermelo”. Il brano ci fa immergere tra la folla, accorsa al passaggio del monarca, e nel flusso dei versi ci infiliamo nella testa di Bresci, tra i suoi desideri, le sue ansie e la sua determinazione. “Prossimo al colpo, in corpo mille domande / Lo faccio forse per una classe che piange? / Acquista giudizio un regnante che raccoglie lo scettro nel sangue?”. Tra gli interrogativi di Bresci proposti da Murubutu risuona l’eco della valutazione di Luigi Galleani sugli attentati anarchici: “Morto un re se ne fa un altro. Vero. Ma il re che la corona raccoglie nel sangue del padre impara la prudenza, la moderazione, la saviezza”. Il flusso di parole ribollenti dalla mente di Bresci ci fa fare un salto nel futuro di 25 anni. Mentre Gaetano si convince a sparare, prevede il gesto del suo successore antifascista. “La notte incombe e penso alle bombe di Lucetti contro il Duce, / controluce, decido miro e tiro: / tre colpi di revolver del Bresci su Re Umberto Primo”. L’anarchico Lucetti nel 1926 ricorrerà ad una granata per recidere la testa del fascismo, mirando a Mussolini, capo del governo mentre regnava l’erede del Savoia assassinato.

Ne “L’atto isolato” la strumentale riprende “Morire” dei CCCP – Fedeli alla Linea. La crew reggiana campiona i loro concittadini che suonavano “Punk filosovietico e musica melodica emiliana”.

Cogliere questa citazione della base permette di immaginarsi un’assonanza tra le parole e gli argomenti de “L’atto isolato” con quelli di “Morire”. Nel pezzo inciso in “Compagni, cittadini, fratelli, partigiani” del 1985 i CCCP riuscivano a condensare in poche parole l’essenza del capitalismo miscelandola alle lodi a Mishima e Majakovskij, due poeti che hanno ben poco in comune a parte i loro celebri suicidi. Negli anni simbolo del riflusso in cui imperava il “Produci, consuma, crepa!”, i punk reggiani filosovietici esaltavano il gesto estremo contro le proprie esistenze messo in atto dai due intellettuali, anche contro le società in cui vivevano. Due personaggi che avevano deciso di farla finita quando il Sol Levante e quello dell’Avvenire avevano iniziato a tramontare. Tutti questi appunti e riflessioni sulla morte nel brano di “Dove vola l’avvoltoio” potrebbero riferirsi al Re ucciso per vendetta di tutti gli affamati repressi nel sangue. Ma il cortocircuito creato nell’utilizzo del sample del brano dei CCCP per la base di un pezzo dedicato a Bresci, da doppio potrebbe anche triplicare. Più che sulla morte del monarca potrebbe farci soffermare sul “suicidio” di Bresci. Condannato all’ergastolo l’anarchico verrà infatti ritrovato impiccato nella sua cella, ma molti particolari e incongruenze faranno pensare ad una esecuzione. Un regicida non avrebbe potuto cavarsela diversamente. “La folla si ammassa, la massa si schiaccia, la piazza s’accalca / all’arrivo dell’auto mi alzo, rintraccio la faccia / ora è pronto il colpo, il corpo è sciolto / sta canna incanta se canta, non manca molto al punto d’incontro…”.

 

2 LISETTA LUCHINI – BRESCI, L’ANARCHICO TORNATO DALL’AMERICA

Il brano “Bresci, l’anarchico venuto dall’America” è stato scritto da Dino Simone ed incomincia con una strofa che racconta di un bastimento che trasporta attraverso l’oceano Atlantico merci, dolori e speranze dei passeggeri. Tra di loro c’è anche un tessitore toscano che lascia l’Italia negli ultimi anni del secolo. “Mamma non piangere, forse un giorno tornerò / se avrò fortuna, sempre accanto a te starò”. La canzone è interpretata da Lisetta Luchini, una cantastorie contemporanea che studia e interpreta canti sociali, d’autore o stornelli della Toscana. Incisa nell’album “Il popolare canto” del 2017, in una strofa riesce a riassumere il susseguirsi di eventi che a partire dalle rivolte del 1898 culmineranno con l’attentato di Bresci. Non si può infatti tralasciare il ruolo giocato dalla presenza anarchica a Paterson, con cui fin da subito entrò in contatto. “Anche in America, gira la voce / che un generale spietato e feroce / in piazza a Milano a chi chiedea un boccone / vile rispose a colpi di cannone. / E il Re sapendo repressa la marmaglia / onora Beccaris di un’altra medaglia / il vecchio secolo chiude le porte / negando il pane, portando la morte”.

La Luchini col suo lavoro non omaggia solo i protagonisti che generano queste canzoni, ma anche tutto quel mondo di ricercatori ed editori che salvarono dall’oblio un patrimonio di canzoni raccogliendole, catalogandole e pubblicandole. Opere come “Il popolare Canto” danno una mano di vernice fiammante ad un repertorio già di per sé inossidabile.

La canzone rimane cullata dalle onde fino alla fine, quando sulla nave di ritorno in Europa, Bresci riprende il ritornello e rivolgendosi alla madre proclama i suoi intenti: “Mamma non piangere, tra non molto tornerò / per pochi giorni e poi / chissà che destino avrò, / ma non illuderti non verrò per star con te, / sono un anarchico e voglio assassinare il Re!”.

 

3 MONKEYS FACTORY – 29 LUGLIO 1900

Il pezzo che i Monkeys Factory hanno dedicato a Bresci ha per titolo la data in cui compì l’attentato. “Il 29 luglio del 1900 / Gaetano Bresci spara al Re buono / Il 29 luglio del 1900 / Lo colpisce al cuore e lo fa crepare”. La band è dedita a un punk rock sfrenato fatto di pochi accordi e molta rabbia suonato senza tante pretese. “Spara spara mira al cuore / Spara mira al cuore che non sbaglierai / Spara spara colpiscilo al cuore / Spara! Così cadrà giù”. Oltre a concentrarsi sulla pistola impugnata da Gaetano, il testo accenna ai fatti che crearono i presupposti per l’attentato, ma oltre a raccontare, prende le parti del regicida, senza dubbi o ripensamenti. “Quel gesto di ribellione con la vita lo hai pagato / Viva l’anarchia e maledetto sia ogni Stato!”. Nelle loro composizioni possono fare capolino valzerini, stacchetti in levare e coretti demenziali ed autoironici. Il pezzo dei Monkeys supera l’apologia, addirittura è la band a esortare il tessitore anarchico a premere il grilletto sul proprio bersaglio. “Dai Gaetano spara di nuovo / colpiscilo al cuore così cadrà giù”. I Monkeys Factory suonano ruvidi e sinceri come certi muri urbani che in anni più recenti ammonivano: “La speranza è l’ultima a morire, ma Umberto fu il primo”.

En-Ri-Ot

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