Come abbiamo più volte riportato su questa pagina, l’Expo appare in tutto e per tutto come una zona franca al cui interno, in materia di stipendi, diritti e normali libertà sindacali, ogni genere di deroga è ammessa, quasi fosse un laboratorio nel quale vengono testate le capacità di reazione dei lavoratori di fronte allo sfruttamento più bieco.
Un fenomeno che peraltro non è rimasto circoscritto alla zona dell’esposizione ma si è propagato anche al di fuori di questa in nome di uno stato di eccezione che tutto ha travolto sotto lo sguardo compiaciuto delle autorità di ogni livello e delle consorterie sindacali, compattamente unite nel proclamare che l’eccezionalità dell’Expo costituisce un più che valido motivo per derogare a tutto e in tutto.
L’elenco delle magagne è lungo e, temiamo, non sia neppure completo, dato che di giorno in giorno filtrano dai padiglioni notizie su nuove soperchierie. Ci limitiamo pertanto ad elencare quelle fino ad oggi rese di pubblico dominio:
– concessione da parte della Triplice sindacale di amplissime deroghe ai contratti nazionali per chi lavora all’Expo e – per quanto riguarda il settore del commercio – anche nella intera Lombardia,
– istituzione di una “zona franca da scioperi” all’interno dell’area espositiva in base all’accordo quadro del Maggio 2014, che esclude qualsiasi forma di sciopero mentre impone tassativamente una procedura di conciliazione prima di ricorrere (non sia mai detto) alle vie legali,
– esclusione di qualsiasi altra rappresentanza sindacale che non siano Cgil, Cisl e Uil,
– centinaia di contratti di “serie B” applicati a man bassa dalle agenzie di lavoro interinale che operano per conto della società Expo Spa
– selezione dei lavoratori a totale discrezione della Questura, basata su pregiudiziali di natura squisitamente politica per allontanare i soggetti ritenuti “a rischio”,
– divieto da parte della polizia di distribuire nelle vicinanze degli ingressi dell’area espositiva volantini indirizzati ai lavoratori Expo,
– attacco al diritto di sciopero imposto con reiterate precettazioni ai lavoratori della ATM (il servizio di trasporto pubblico milanese), colpiti da uno dei tanti accordi “a perdere” made in Expo firmati dalle principali sigle sindacali.
Ma, come dicevamo, l’elenco continua ad allungarsi.
In questi giorni possiamo infatti aggiungere alla lista anche una ulteriore chicca: quella dei controlli a distanza effettuati dalla Manpower sui lavoratori da questa assunti, anticipando di poco il recentissimo Decreto governativo in materia.
Un caso di preveggenza ? Un esperimento sul campo ?
Secondo quanto reso noto recentemente dal Nidil Cgil, ai 500 lavoratori assunti dalla nota agenzia di lavoro interinale sarebbe stato “consigliato” di scaricare sul proprio smartphone o sul tablet una “App” denominata PeopletimeMap che – afferma l’azienda – consente di effettuare la timbratura virtuale del cartellino all’arrivo o alla uscita dal lavoro collegandosi tramite la App e quindi attivando sul proprio apparato il Wifi o il Gps.
A prima vista non ci sarebbe nulla di strano. Si può evitare di fare la fila alla macchina timbratrice utilizzando le più moderne tecniche odierne. Però …
“Ci sono arrivate decine di segnalazioni da parte dei lavoratori assunti nei padiglioni di Expo che ci chiedono una opinione sulla legittimità o meno dei metodi usati da Manpower” denuncia il Nidil.
Infatti il problema è che la Manpower avrebbe “consigliato” ai sui addetti di lasciare accesi Wifi o Gps durante tutta la giornata di lavoro, e questo “senza ovviamente aver mai informato le organizzazioni sindacali per la ricerca dell’intesa che, in base all’articolo 4 dello Statuto dei diritti dei lavoratori, è obbligatoria” afferma il Nidil Cgil.
Oppure, pensiamo noi, con la possibilità di tracciare gli spostamenti degli addetti durante tutto l’orario di lavoro ?
Come d’abitudine, di fronte all’Expo la grande stampa resta fedele alla consegna ricevuta e mantiene diligentemente un ferreo silenzio sull’intera la vicenda.