Il da poco passato 25 aprile, inteso come ricorrenza della Liberazione, non è un giorno come gli altri – soprattutto di questi tempi. Se da un lato il revisionismo figlio di ignoranza e manipolazione ideologica prova a riscrivere la storia del Fascismo e della Resistenza, dall’altro o si scade in un costituzionalismo patriottico, che vede il 25 aprile 1945 come una liberazione nazionale degli Italiani dai Tedeschi e non come una liberazione politica dal nazifascismo, o si esalta ciecamente l’evento come una redenzione, un balzo verso la libertà.
Neanche il 25 aprile 1969 è stato un giorno come gli altri perché a Milano vengono piazzate due bombe; una esplode allo stand della Fiat alla Fiera Campionaria provocando sei feriti (esplode alle 19:00, dopo l’orario di chiusura), una viene trovata inesplosa alla Stazione Centrale.
Il 1969 fu un anno cruciale per la storia italiana e non solo; l’anno prima studenti e operai avevano chiesto e preteso più diritti e libertà dando vita al ’68, anno che scosse il mondo intero.
Il ’69 si apre con la visita di Richard Nixon, appena eletto presidente USA, che provoca gravi scontri in tutta Roma portando alla morte dello studente anarchico Domenico Congedo al Magistero occupato. Congedo muore cadendo da un cornicione mentre cerca una via di fuga per chi come lui è assediato dentro l’edificio dai fascisti, che non trovano problemi nel lanciare sassi, bruciare la porta e sparare razzi davanti alla polizia, immobile di fronte a ciò che accade.
Quarantadue giorni dopo, il 9 aprile, le forze dell’ordine reprimono con le armi la rivolta di Battipaglia, uccidendo una professoressa e uno studente e ferendo più di cento manifestanti.
La tensione sociale e politica è alle stelle, filtrano voci di possibili tentativi di colpi di stato ed in un tale contesto il commissario Luigi Calabresi viene incaricato, insieme al capo dell’ufficio politico Allegra (ex direttore del confino fascista di Ventotene), di trovare i colpevoli delle bombe del 25 aprile. Calabresi “indaga” sul mondo dell’estrema sinistra – del resto quello serve… – e fa arrestare una quindicina di indagati, quasi tutti rilasciati subito tranne i giovani anarchici Paolo Braschi, Paolo Faccioli, Angelo Piero Della Savia e Tito Pulsinelli, considerati i diretti responsabili; inoltre Eliane Vincileone e Giovanni Corradini, militanti di mezza età considerati complici ed amici di Giangiacomo Feltrinelli, a sua volta accusato di falsa testimonianza per aver fornito un falso alibi agli arrestati. Insieme a loro sono processati anche i comunisti Norscia e Mazzanti, colpevoli dell’amicizia con Braschi. Corradini e Vincileone vengono scarcerati il 7 dicembre per mancanza di prove, mentre gli altri sono sottoposti a due anni di carcerazione preventiva, basata su effimeri indizi e confessioni ottenute con l’uso di torture e minacce. Per quanto concerne le bombe del 25 aprile gli imputati saranno assolti nel 1971. Quelle bombe erano state infatti piazzate dai fascisti di Ordine Nuovo: era cominciata ufficialmente la strategia della tensione, ovvero l’attuazione del terrorismo di stato per mano neofascista e militare vòlto a diffondere una paura che giustificasse una svolta autoritaria in senso anticomunista e controrivoluzionario del paese.
Le bombe del 25 aprile e la conseguente repressione fungono da prodromo delle bombe sui treni del 9 agosto, dell’autunno caldo, di piazza Fontana, dell’assassinio di Pinelli e degli anni settanta tutti, determinando un innalzamento del livello di violenza e tensione.
A cinquant’anni esatti da quei fatti, interroghiamoci sul valore da attribuire a questo 25 aprile, su ciò da cui ci siamo liberati e su ciò da cui dobbiamo ancora liberarci.
Alessandro (Gruppo “Bakunin” di Roma)