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La strategia del flop. Riflessioni sul movimento No Green Pass.

La strategia del flop. Riflessioni sul movimento No Green Pass.

Una premessa. Concettualmente, la questione Green Pass e la questione del rifiuto vaccinale (in toto o solo relativamente ai vaccini anti COVID-SARS-2) sono faccende separate: si può essere a favore dei vaccini, anche di quelli anti COVID-SARS-2, ed essere critici nei confronti della misura del Green Pass, evidenziandone molti aspetti negativi. In pratica, però, com’è esperienza comunissima, la stragrande maggioranza di chi è critico nei confronti del Green Pass ha anche una posizione di rifiuto radicale dei vaccini, in modo particolare di quelli anti COVID-SARS-2. Ubi maior minor cessat, dicevano i latini, con una frase che potremmo oggi tradurre a senso con “Di fronte a una maggioranza schiacciante, le posizioni minoritarie contano assai poco”. Nella fattispecie, le posizioni dei No Green Pass ma non No Vax che partecipano al movimento complessivo, di là della buona fede dei singoli che sicuramente c’è, risultano pressoché invisibili e non riescono a incidere significativamente sulle dinamiche complessive, facendo un po’ da reggicoda al tutto.

Lo stesso discorso può valere in generale per chi, da sinistra, sempre in perfetta buona fede, cerca di far valere le proprie posizioni partecipando al movimento No Green Pass: posizioni condivisibili o meno, in tutto o in parte, ma sicuramente distanti dalle tendenze di destra – nazifasciste e/o cristiano fondamentalistiche e/o “complottistiche” – dominanti. Dominanti forse non numericamente – anche se non è detto – ma sicuramente dal punto di vista comunicativo e mediatico: le piazze sono dominate da un tripudio di bandiere tricolori,[1] cartelli, striscioni e slogan fondati sulle fantasie su vaccini e dintorni, nonché di appoggio alle forze dell’ordine “sane”, dall’innegabile e ineliminabile presenza dei movimenti neofascisti e/o cristiano fondamentalisti, da tentativi di riproporre gli attacchi forzanovisti alle sedi sindacali, dalla pressoché assenza di chi non è di “pura stirpe italica”.

La presenza di alcuni settori della “compagneria” nelle manifestazioni è subordinata, di fatto, all’accettazione di questo quadro complessivo. Ritorniamo sull’ultimo punto citato, la “bianchitudine” plateale delle manifestazioni, nonostante il fatto che il Green Pass tocchi anche la forza lavoro migrante. Quest’ultima, evidentemente, per usare un eufemismo, non si sente a proprio agio in esse, vede la presenza massiccia di chi esprime posizioni razziste ed evita di parteciparvi, mostrando un livello di coscienza decisamente superiore ai settori di cui sopra, che accettano invece di mischiarsi in esse, nonostante che le motivazioni per non farlo sarebbero fortissime.

La cosa è ancora più sbalorditiva se si pensa che se a queste stesse persone, anche solo pochissimi mesi fa, qualcuno avesse detto che avrebbero manifestato sotto un mare di bandiere tricolori in compagnia di fascisti, fondamentalisti cristiani e forze dell’ordine, quel qualcuno avrebbe rischiato di certo un pestaggio. In un lasso di tempo brevissimo le cose sono cambiate in maniera impressionante, a riprova del fatto che la situazione pandemica non tocca solo i corpi ma anche le menti e il modo di vedere il mondo.

Un altro aspetto della dominante venatura irrazionalista e, come si vedrà, superoministica di questo movimento che lo rende facile preda delle destre[2] è rilevabile ogni qual volta la mobilitazione cerca di uscire dalle dinamiche di piazza e cerca di mettere in atto, abbastanza velleitariamente, una serie di azioni dirette volte contro il Green Pass: ripercorriamole brevemente.

Subito dopo l’annuncio del Green Pass il movimento lanciò l’idea – con lo slogan “Se non possiamo viaggiare noi [senza Green Pass], non viaggerà nessuno” – di bloccare il primo giorno di settembre ben 54 stazioni ferroviarie, le principali della rete. La cosa ebbe un’eco mediatica fortissima, esattamente inversa alla riuscita dell’iniziativa che fu, al contratio, un flop clamoroso: pochissime persone, nella maggior parte contabili sulle dita di una mano o addirittura nessuna, si presentarono all’iniziativa che fallì clamorosamente. Il movimento però non si smosse di un millimetro, giungendo a sostenere che si trattava di una “trollata” per dimostrare di poter muovere le forze dell’ordine per nulla.[3]

Fu poi la volta dell’annunciato sciopero di decine di migliaia di camionisti, i quali, a partire dal 27 settembre e per oltre una settimana, avrebbero dovuto bloccare l’intera nazione viaggiando a poche decine di chilometri orari, allo scopo – letterale ed esplicito – di affamare l’Italia intera, impedendo i rifornimenti di ogni genere, a partire da quelli alimentari. Si trattò di un flop forse ancora maggiore: il movimento provò a farlo ripartire dall’11 al 21 ottobre ma con risultati, se possibile, ancora minori. Furono giorni di delirio, non nel senso materiale o metaforico ma nel senso letterale della parola: gli attivisti del movimento, pubblicando sui social media foto e filmati di code autostradali (spesso nemmeno italiane e/o risalenti ad anni prima) dovute a incidenti e lavori, le spacciavano per la perfetta riuscita dell’iniziativa e accusavano i media di operare una censura per nascondere “l’enorme portata dello sciopero” e la sua “perfetta riuscita”. Il tutto indifferenti alla presa per il culo generalizzata che si ritrovava nei commenti – il che, però, poteva essere una scelta voluta, una sorta di danno secondario, dato che la maggior parte delle persone si limita a vedere il post iniziale.[4]

Arriviamo ora all’agitazione di una parte[5] dei lavoratori del porto di Trieste contro il Green Pass che, nelle intenzioni dei promotori, doveva essere la scintilla che avrebbe acceso la miccia di una detonazione generale dei lavoratori portuali dell’intera nazione, con lo stesso scopo della “manifestazione fantasma” dei 50.000 camionisti. Le cariche poliziesche dopo alcuni giorni hanno avuto l’effetto di far dimenticare che l’azione del Coordinamento triestino non era stata seguita pressoché da nessuno nel resto d’Italia e, alla fine, nemmeno dalla grande maggioranza dei lavoratori del porto della città, configurandosi anch’esso come un ennesimo flop, con tanto di strascichi e scazzi interni agli stessi organizzatori.[6]

Perché il movimento No Green Pass sembra incapace di uscire dalle dinamiche di piazza e giungere a praticare azioni di lotta effettive? Questo movimento, finora, pur riuscendo a mantenere una presenza di piazza costante, appare lontanissimo dal riuscire a raggiungere i numeri dello sciopero dei soli sindacati di base dell’11 ottobre, che ha coinvolto oltre un milione di lavoratori, uno sciopero indetto su questioni oggettivamente ben più pressanti del Green Pass e che toccano l’esistenza complessiva delle classi subalterne rispetto alle scelte del governo Draghi. Proviamo a dare una risposta.

Partiamo dal fatto che la parola d’ordine “Noi siamo il popolo” è decisamente velleitaria: per quanto rumorosa, si tratta di una minoranza che, a torto o a ragione, è decisamente malvista dalla maggioranza del popolo italiano, come dimostrano pressoché tutti i sondaggi d’opinione in merito.[7] Il che, di per sé, non significherebbe nulla: le maggioranze non hanno necessariamente ragione (nemmeno le minoranze, se è per questo) ma mettere in piedi azioni effettive volte a mettere in difficoltà l’intera nazione, farle sul serio insomma, li porterebbe al confronto diretto con la gran parte degli abitanti della penisola e questa farebbe del tutto saltare la loro narrazione ideologica che è un elemento fondamentale del collante che li tiene insieme.

Che sarebbe successo, mettiamo, se il primo di settembre si fossero davvero presentati a bloccare la partenza dei treni su cui si chiedeva il Green Pass o se davvero camionisti e portuali avessero affamato l’intera popolazione? In questo caso il confronto con la maggioranza della popolazione sarebbe stato diretto e, credo, molto poco civile, andando molto oltre le prese per il culo sui social. In effetti, della cosa i militanti del movimento sono in qualche modo coscienti: di qui l’atteggiamento superoministico verso le “pecore” supine alla “dittatura sanitaria” che si esprime, nella sua forma estrema, anche in videogiochi dove lo scopo è, letteralmente, lo sterminio dei vaccinati da parte dei non vaccinati.[8]

Il movimento No Green Pass sta dunque di fatto fornendo una notevole stampella al governo: da un lato, spostando l’attenzione su di un tema oggettivamente secondario rispetto alla totalità delle micidiali scelte dell’esecutivo Draghi, dall’altro rompendo quel minimo di solidarietà tra lavoratori italiani e non ma anche all’interno dei lavoratori stessi in generale; infine, con il suo atteggiamento superoministico e dileggiante verso la maggioranza della popolazione, creando paradossali simpatie verso il governo, nonostante le atroci scelte che sta compiendo ogni giorno.

Enrico Voccia

NOTE

[1] Come è ben noto, i movimenti neofascisti raramente utilizzano i loro simboli identitari all’interno dei movimenti di massa, preferendo usare la bandiera nazionale dell’Italia. In pratica, chi la utilizza o è membro attivo di tali movimenti o, in qualche modo, ha una mentalità di destra e, comunque, non si preoccupa di poter essere confuso con essi.

[2] Sul rapporto tra irrazionalismo, movimenti antivaccinisti storici e fascismi rimando al mio VOCCIA, Enrico, “Il Sonno della Ragione Genera davvero Mostri”, in Umanità Nova, n. 29, 3 ottobre 2021, pp. 6-7.

[3] https://www.msn.com/it-it/notizie/milano/no-green-pass-il-blocco-delle-stazioni-%C3%A8-un-flop-pi%C3%B9-poliziotti-che-manifestanti/ar-AANYWTY .

[4] https://www.lanazione.it/cronaca/sciopero-camionisti-1.6852021 . Impossibile raccogliere l’enorme quantità di post sullo sciopero fantasma postati nei social media ma crediamo che quasi ogni lettore si sia imbattuto in qualcuno di essi.

[5] Nonostante il nome altisonante – Coordinamento dei Lavoratori Portuali Trieste – su cui ha giocato molto il movimento No Green Pass, la sigla che ha indetto lo sciopero raggruppa solo una parte minoritaria dei lavoratori portuali della città, e i blocchi effettuati – tra l’altro abbastanza soft rispetto alle dichiarazioni iniziali – erano tenuti per la stragrande maggioranza da attivisti No Green Pass accorsi da varie parti d’Italia.

[6] https://tg24.sky.it/cronaca/2021/10/17/sciopero-portuali-trieste-green-pass-stefano-puzzer-dimissioni . All’interno di questa vicenda, poi, si può citare il caso della manifestazione revocata all’ultimo istante per paura, da parte degli organizzatori, di non riuscire a gestire le “frange violente” che ci si aspettava arrivassero un po’ da ogni parte.[https://www.fanpage.it/attualita/annullata-manifestazione-no-green-pass-a-trieste-puzzer-rischio-infiltrazioni-violenti/] All’interno di chi ha immediatamente accusato l’ex portavoce del CLPT Puzzer di essere un traditore, una parte ha invitato sui social a tenere ugualmente la manifestazione prevista, indicendola autonomamente. Risultato: il vuoto cosmico.

[7] Vedi ad esempio https://sondaggibidimedia.com/sondaggio-demopolis-greenpass/ .

[8] https://www.rainews.it/dl/rainews/media/spot-di-Spotlight-vaccini-e-fascismi-eec1e276-3ce4-4286-a77f-6ac5e2499592.html . Il servizio parte proprio dalla descrizione di un tale videogioco: ucciso l’ultimo dei vaccinati contro il SARS-COVID-2 ed abbattuta l’ultima antenna 5g appare la scritta “Sieg! Der Hass Has Triumphiert!” (“Vittoria! L’Odio Ha Trionfato!”).

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